di Massimo
Gaggi (Corriere della Sera, 19/7/2018)
Sepolto
in Europa, Karl Marx resuscita nella Silicon Valley? Ipotesi
bizzarra, ma qualche indizio c’è e del resto, in America come in
Europa, di cose bizzarre in politica ne stiamo vedendo parecchie, tra
colpi di spugna sul concetto di Occidente e il riemergere di
movimenti fascisti. Distratti dal ribellismo anti-establishment
esploso nella destra americana, abbiamo prestato poca attenzione alle
rivolte spuntate lungo la West Coast tra le imprese dell’alta
tecnologia. Abbiamo registrato l’incredulità dei dipendenti dopo
l’elezione di Trump e il malessere per la scoperta del ruolo
involontariamente svolto dai social media. E abbiamo raccontato le
tensioni sociali legate alla crescita delle diseguaglianze economiche
che hanno scavato fossati profondi a San Francisco e in Silicon
Valley tra vincitori e vinti della rivoluzione tecnologica.
Fino a una curiosa
rinascita dei sindacati, tornati come organizzatori dei lavoratori
più deboli: quelli
che si occupano di manutenzione, trasporti, alimentazione e sicurezza del personale delle sedi dei giganti dibig tech. Poi sono cominciate le crisi di coscienza e i pentimenti di ingegneri e altri dipendenti di queste imprese che hanno preso a interrogarsi sulle implicazioni etiche di quello che stavano facendo soprattutto riguardo al rispetto della privacy dei cittadini-utenti e le interferenze nei loro meccanismi decisionali. Davanti alla scarsa reattività delle imprese, dipendenti fin lì politicamente non impegnati, sono diventati attivisti pronti ad accusare le loro aziende di maschilismo o di connivenza coi militari e le polizie anti-immigrati ai quali cedono il loro software.
che si occupano di manutenzione, trasporti, alimentazione e sicurezza del personale delle sedi dei giganti dibig tech. Poi sono cominciate le crisi di coscienza e i pentimenti di ingegneri e altri dipendenti di queste imprese che hanno preso a interrogarsi sulle implicazioni etiche di quello che stavano facendo soprattutto riguardo al rispetto della privacy dei cittadini-utenti e le interferenze nei loro meccanismi decisionali. Davanti alla scarsa reattività delle imprese, dipendenti fin lì politicamente non impegnati, sono diventati attivisti pronti ad accusare le loro aziende di maschilismo o di connivenza coi militari e le polizie anti-immigrati ai quali cedono il loro software.
Questi movimenti, che
hanno continuato a moltiplicarsi ovunque, da Google ad Amazon (ora le
rivolte a Salesforce e a Microsoft contro la cessione di servizi
all’Amministrazione delle frontiere e all’Ice, i cacciatori di
clandestini), hanno ancora dimensioni limitate, ma si stanno
consolidando sotto l’ombrello ideologico di due organizzazioni: la
Tech Workers Coalition e la Dsa (Democratic Socialists of America),
come racconta anche la rivista Fast Company.
Dentro c’è di tutto,
anche la sinistra radicale che vuole eliminare le corporation private
sostituendole con società statali o cooperative di dipendenti.
Favorita dalla scarsa sensibilità sociale dei capi delle imprese di
big tech, la polarizzazione politica che scuote l’America rischia
di raggiungere anche le sue aziende più preziose.
20 luglio 2018
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