lunedì 23 luglio 2018

pc 23 luglio - "LE LOTTE DI CLASSE IN FRANCIA" IERI E OGGI

Riportiamo uno stralcio dello scritto "storico" di Marx: "Le lotte di classe in Francia". Sembra che parli di oggi: del governo dell'apparenza di "cambiamento" proclamato e della sempre uguale e in peggio realtà in realizzazione; delle classi di cui i partiti al governo, il partito del populismo in particolare, si fanno espressione e da cui ha preso i voti e la classe dominante, della "grande borghesia", i cui interessi devono difendere effettivamente... 


Da "Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850" Karl Marx
II. Il 13 giugno 1849

"...L'Assemblea costituente rassomigliava a quell'impiegato cileno che voleva dare assetto più stabile al rapporti della proprietà fondiaria mediante una misurazione catastale, proprio nel momento in cui il rombo sotterraneo aveva già preannunziato l'eruzione vulcanica che doveva far mancare la terra persino sotto ai suoi piedi. Mentre in teoria essa definiva esattamente le forme in cui si esprimeva repubblicanamente il dominio della borghesia, in realtà essa si affermava unicamente con la soppressione di tutte le formule, con la violenza pura e semplice, con lo stato d'assedio...
...Nel primo progetto di Costituzione, elaborato prima delle giornate di giugno, si trovava ancora il "droit au travail", il diritto al lavoro, prima formula goffa in cui si riassumono le rivendicazioni rivoluzionarie del proletariato. Lo si trasformò nel droit à l'assistance, nel diritto alla pubblica assistenza; e qual è lo Stato moderno che non nutre, in un modo o nell'altro, i suoi poveri? Il diritto al lavoro è nel senso borghese un controsenso, un meschino, pio desiderio; ma dietro il diritto al lavoro sta il potere sul capitale, dietro il potere sul capitale sta l'appropriazione dei mezzi di produzione, il loro assoggettamento alla classe operaia associata, e quindi l'abolizione del lavoro salariato, del capitale e dei loro rapporti reciproci. Dietro il "diritto al lavoro" stava l'insurrezione di giugno. L'Assemblea costituente, che aveva posto di fatto il proletariato rivoluzionario hors la loi, fuori legge, doveva per ragioni di principio espellere dalla Costituzione, dalla legge delle leggi, la sua formula: doveva lanciare il suo anatema contro il "diritto al lavoro". Ma qui non si fermò. Come Platone aveva bandito dalla sua repubblica i poeti, essa bandí dalla sua, in perpetuo, l'imposta progressiva. E l'imposta progressiva non è solamente una misura borghese, attuabile, su scala maggiore o minore, entro i rapporti di produzione esistenti; essa era l'unico mezzo per legare i ceti medi della società borghese alla repubblica "dabbene", per ridurre il debito dello Stato, per dare scacco alla maggioranza antirepubblicana della borghesia.
In occasione dei concordats à l'amiable, i repubblicani tricolori avevano di fatto sacrificato la piccola borghesia alla grande. Questo fatto isolato venne da essi elevato a principio, mediante l'interdizione legale dell'imposta progressiva. Essi posero la riforma borghese allo stesso livello della rivoluzione proletaria. Ma quale classe rimase allora come punto d'appoggio della loro repubblica? La grande borghesia. 

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