Pubblichiamo la seconda parte dello tratto dal libro di Maria Antonietta Macciocchi: "DALLA CINA dopo la rivoluzione culturale", che negli anni della Rivoluzione culturale proletaria in Cina fece un lungo viaggio, visitando le fabbriche cinesi e parlando con gli operai.
Gli operai in Cina durante la Rivoluzione culturale proletaria per affermare la parola d'ordine "La classe operaia deve dirigere tutto", dovettero fare una dura lotta contro i vecchi sfruttatori e la nuova borghesia rossa; per questo dovettero impugnare la teoria rivoluzionaria, dando anche in questo campo che fino ad allora si credeva monopolio degli intellettuali l'assalto al cielo.
Ma la filosofia degli operai non resta nel cielo delle idee ma si trasforma in forza pratica.
Anche oggi gli operai avanzati, senza teoria rivoluzionaria, sono disarmati di fronte alla borghesia, ai suoi intellettuali. Per questo, perchè gli operai abbiano autonomia di pensiero, di valutazione, di decisione, di lotta, devono far propria la teoria del proletariato.
(Questo è lo scopo della Formazione Operaia)
Verso le ciminiere di Tientsin
La
fabbrica di orologi che visitiamo ha piú di mille operai e
impiegati, divisi in otto reparti, di cui due sono reparti di
riparazione delle macchine utensili, e sei fabbricano gli orologi.
Cominciamo dalla visita ai reparti, dove le ragazze del montaggio
orologi ci mostrano una macchina fabbricata dagli operai, dopo che il
culto della tecnica straniera è stato eliminato. Comunque quasi
tutte le attrezzature e le macchine utensili della fabbrica sono
ancora straniere. Ma gli operai vi hanno apportato ben piú di
novanta innovazioni, cosí da aumentarne il rendimento.
un
piccolo treppiedi, giusto davanti alla sua lente d'in-
Il
responsabile del Comitato rivoluzionario ci spiega la breve ma
intensa vita della fabbrica, che si chiamava nel 1958 “1°
maggio"... “proprio mentre la nostra fabbrica si sviluppava,
il Kruscev cinese, Liu Shao-chi, fece arrivare gli specialisti
sovietici. In un primo tempo ne eravamo contenti, ma poi questi
dissero che tutto era da rifare, e che bisognava acquistare le
attrezzature Kirov, vale a dire le loro, per fabbricare buoni
orologi. Ma gli orologi che facemmo con le macchine Kirov erano
grossi come palloni. La qualità era cosí inferiore che la gente
diceva: 'Sei cattivo come un orologio 1º maggio'. Oppure li
chiamavano 'orologi applauso': si battevano le mani, e quelli non
funzionavano piú. Le lettere di protesta fioccavano. Noi possedevamo
una macchina, continua il responsabile del Comitato rivoluzionario,
ma i tecnici ci dissero che occorreva averne una con una ruota di
legno speciale per fabbricare i bilancieri. Ma questo legno, dopo
molte ricerche, scoprimmo che esisteva solo nel Sinkiang, una piccola
pianta, con poche foglie. O dovevamo aspettare cento anni perché gli
alberi crescessero oppure, come dicevano gli specialisti russi,
potevamo importare questo legno dall'URSS.
Liu
Shao-chi accettava le proposte dell'URSS come ordini dell'imperatore,
e chi vi si opponeva era criticato nell'assemblea degli operai, e
talora punito.
Abbiamo
fatto grandi sforzi. Eliminato il sistema Kirov, e con esso il culto
verso le macchine straniere, abbiamo riorganizzato daccapo il lavoro,
secondo le nostre esigenze. Tecnici qualificati e operai hanno
lavorato a fianco a fianco per rivoluzionarizzare i progetti. E cosí
abbiamo prodotto l'orologio 'Vento dell'est', con una carica di 48
ore, mentre prima essa era di 30, e sottile come una sfoglia,
rispetto all'orologio '1° maggio'. Ma l'importante è che abbiamo
progettato noi stessi gli orologi. E che si sono cominciate a
rinnovare le macchine, oltre che ad inventarle.
“Che
facevate prima di essere responsabile del Comitato rivoluzionario?
chiedo al giovane di trent'anni, che riveste le funzioni di
direttore, e che fino ad ora ci ha parlato. “Stavo, risponde con
timidezza, “nell'ufficio del direttore...". Gli altri
ridacchiano attorno a lui, e si capisce che forse aveva funzioni
molto modeste, un passacarte insomma. "E il direttore dov'è?"
"E'
qui; è entrato ora nella triplice unione dopo la critica. È
diventato un quadro rivoluzionario, e i quadri rivoluzionari hanno
grande esperienza nella gestione della fabbrica, noi dobbiamo contare
su di loro. Abbiamo adesso un buon rapporto fra tecnici e operai, non
c'è piú una rigida spartizione tra di noi, anche se nella fabbrica
vi sono divisioni di compiti. L'atmosfera è di franca cooperazione.
Esiste,
anche tra gli operai, un diverso livello politico e tecnico, ma le
loro relazioni sono quelle tra
compagni.
L'importante è come si lega con la massa operaia e come se ne
potenziano le energie, per quel che riguarda i quadri dirigenti.
La
filosofia tiene cattedra in fabbrica
“La
filosofia marxista reputa che l'essenziale non è di comprendere le
leggi del mondo oggettivo per poterlo spiegare, ma di utilizzare la
conoscenza di queste leggi per trasformare attivamente il mondo. Dal
punto di vista marxista la teoria è importante e la sua importanza
si esprime pienamente nella
definizione di Lenin: Senza teoria rivoluzionaria non c'è movimento rivoluzionario...
definizione di Lenin: Senza teoria rivoluzionaria non c'è movimento rivoluzionario...
Ma
il ruolo attivo della conoscenza non si esprime solo nel salto attivo
dalla conoscenza sensibile alla conoscenza razionale, ma deve
esprimersi, il che è piú importante, nel salto dalla conoscenza
razionale alla pratica rivoluzionaria” - MAO TSE-TUNG, Della
pratica, p. 16.
Il
lanificio n. 2 di Tientsin, duemila operai, famoso per le stoffe e
per lo studio della filosofia in fabbrica.
Entrando
nella fabbrica avevo in mente come Lenin in Marxismo e
empiriocriticismo, si riferisca a Dietzegen, il proletario tedesco di
cui Marx e Engels hanno detto che "da solo," come militante
proletario, aveva scoperto per conto suo il "materialismo
dialettico". Agli occhi di Dietzegen i professori di filosofia
non sono che valletti diplomati, i cui discorsi sui beni ideali
abbrutiscono il popolo con un idealismo pieno di affettazione. E allo
stesso modo che il diavolo è il contrario del buon Dio, il
materialista è il contrario dell'universitario clericale."
Sulle
labbra di un lavoratore cinese, la frase mille volte udita: “Io
adesso studio filosofia, suona come: “Adesso ho acquisito una piena
dignità". Cioè l'operaio studia filosofia per poter cosí
partecipare consapevolmente alla vita politica.
Il
primato della politica sull'economico, e piú vastamente su quel che
si definisce il sociale, è il concetto chiave dell'elaborazione
teorica marxista, che accompagna la rivoluzione culturale. Perciò lo
studio della filosofia nelle fabbriche cinesi è uno dei cardini
della rivoluzione culturale, e costituisce il primo salto qualitativo
dell'individuo nel rivoluzionamento della sovrastruttura: quello che,
non solo annulla l"aristocrazia" della speculazione
filosofica riservata a pochi e ne fa invece una scienza di massa, ma,
immettendo cosí le masse alla partecipazione politica attiva, si
inserisce nel cuore della globale opera di costruzione politica della
società socialista.
Questa
non è una fabbrica da poco conto. Mao cominciò ad occuparsene di
persona nel 1956, quando vi arrivò il 12 gennaio, e fece nel
lanificio una delle sue indagini, interrogando gli operai nei reparti
sui loro studi politici. Dall'indagine trasse la conclusione che il
rischio era quello del vuoto ideologico per cui gli operai sarebbero
diventati robot come in un qualsiasi paese capitalista, facile
preda
di ogni revisionismo, se non avessero studiato la teoria, e non
l'avessero utilizzata per intervenire nella pratica. Mao si preoccupò
di dare suggerimenti per formare un corso di studi filosofici. II
direttore della fabbrica riteneva che si trattasse di una pura
perdita di tempo e, benché i corsi iniziassero, nel '58, prese a
sabotarli al punto da farli sparire. “Dopo la vittoria della
rivoluzione culturale", dice l'operaio, la strada dello studio
della filosofia si è aperta a noi operai.
Ognuno
dei 127 gruppi di lavoro della fabbrica ha un gruppo di operai che
studia filosofia, e nella fabbrica si respira un'atmosfera
filosofica. Dopo il lavoro, studiano una o due ore. Vi sono sale di
studio apposite, una per ogni gruppo. Con il trasformare il mondo
oggettivo, si trasforma il mondo soggettivo, cosicché la fabbrica ha
avuto un grande impulso nella produttività". In definitiva, la
filosofia in fabbrica non è in nessun caso un invito all'anarchia
autodidatta. Al contrario, diventa
addirittura
la strada attraverso cui il partito si ricostruisce in modo
qualitativamente diverso rispetto al passato. Un partito che deve
dirigere “operai filosofi" non può piú essere il vecchio
partito dei burocrati; il che vuol dire che la rivoluzione culturale,
lungi dall'indebolire il partito, lo ha costretto a modificarsi
profondamente; e questa del resto è stata una delle principali
ragioni dell'introduzione e della diffusione della filosofia in
fabbrica.
In
altri termini, la “rivoluzione dell'ideologia", “l'irruzione
del proletariato nell'ideologia" è la rivoluzione negli
apparati ideologici, ivi compreso il partito.
Struttura
politica ed economica della fabbrica, ritmi di lavoro, salari, piani
di produzione
"Il
Comitato rivoluzionario è l'organo di potere, dirige la gestione
della fabbrica. Esso è formato da ventitré membri (quadri
rivoluzionari, masse rivoluzionarie, soldati dell'esercito popolare),
e nove di essi costituiscono il Comitato permanente. Tra questi
ventitré vi sono sette membri del partito, ed essi si riuniscono a
parte, esercitando un ruolo di direzione, che può far ben dire che
il
partito
non è mai scomparso nella sua forza dirigente... i membri deì
partito escono assai temprati dal movimento di rettifica e
ricostruzione del partito: un movimento che continua, che vi immette
quadri nuovi, nuove energie, che corregge le vecchie stanchezze e i
vizi burocratici... i
quadri
dirigenti partecipano al lavoro della fabbrica; si sono rieducati in
fabbrica con gli operai."
"Che
fine ha fatto il sindacato? Sotto quale forma esiste?"
“Nella
fabbrica, tra i nuovi organismi del potere rosso, oltre il Comitato
rivoluzionario, esiste un Comitato di rappresentanti della base
operaia, eletto dall'assemblea operaia, che porta avanti i problemi
quotidiani della fabbrica, amministrativi e sociali, e che ha un
ruolo di collaborazione con il Comitato rivoluzionario. Questa è
l'Assemblea dei delegati operai, con un Consiglio operaio di
fabbrica, che sostituisce il disciolto sindacato, strumento della
politica economicistica di Liu Shao-chi. Le funzioni del Consiglio
operaio sono tuttavia piú ampie: infatti, esso si occupa, ad
esempio, del salario indiretto e dei servizi sociali dell'azienda, e
inoltre dell'organizzazione nuova dei compiti di lavoro. Comitato
rivoluzionario e Consiglio operaio sono stati eletti dagli operai,
con voto libero e diretto. Per riassumere: il partito ha il ruolo di
direzione, il Comitato rivoluzionario il potere di gestione, e
l'Assemblea operaia quello di una riorganizzazione rivoluzionaria del
lavoro, nonché un compito di controllo dal basso".
“I
Cottimi e premi di produzione sono stati eliminati. E il ventaglio
salariale è stato ridotto, cosicché la differenza va da un minimo
di 50 yuan a un massimo di 120 yuan. La differenza tra un ingegnere e
un tecnico qualificato è di 40 yuan: 80 il tecnico e 120
l'ingegnere. La ristrutturazione
del
salario non è relativamente semplice come nella comune, né
possibile allo stesso modo, perché la fabbrica è proprietà di
tutto il popolo - quindi il salario non dipende solo dall'azienda
tessile, ma dalla direzione dello stato – mentre la comune
appartiene al collettivo.
Eliminiamo
le differenze salariali irrazionali, non le differenze ragionevoli”.
Dopo la discussione tra gli operai, studiate e sintetizzate tutte le
indicazioni provenienti dal basso, se ne trarrà una conclusione, e
gli organismi dello stato decideranno. Per ora, mettiamo al posto di
comando la politica, ed eliminiamo la parte di salario
irragionevole."
“Chi
stabilisce il ritmo di lavoro operaio?"
"un
importante principio del sistema socialista riguarda la
pianificazione, per cui gli obiettivi di produzione sono fissati
secondo il piano statale.
Per
noi, il piano è fatto dall'ufficio dell'industria tessile, ogni
anno. Il piano di lavoro mensile viene fatto dalla fabbrica stessa, e
a questo scopo vi è un apposito gruppo di produzione del Comitato
rivoluzionario, con i tecnici, gli operai e gli amministratori, che
sistemano in questo quadro il ritmo di lavoro operaio. Un aspetto
evidente dello sfruttamento capitalista sono i tempi di lavorazione,
fissati
al decimo di secondo, e il tempo di fabbricazione di un prodotto
finito. Ogni anno, quando ci viene trasmesso il piano, ne
organizziamo la discussione con gli operai e quindi prepariamo il
nostro piano interno, secondo la realtà della fabbrica e le nostre
possibilità. Nel presentare il piano, e quindi nell'approvarlo, non
diciamo astrattamente che lo seguiremo al cento per cento, ma
discutiamo sulla produzione dell'anno precedente, le esperienze
fatte, cosí, quando il piano è assorbito da ognuno, esso è in
generale piú conforme alla realtà.
“Quant'è
una pensione operaia, qual è il rimborso salariale durante il
periodo di malattia?"
“Gli
operai anziani ricevono l'intero salario nel periodo in cui essi sono
ammalati, quelli giovani ricevono il 50 per cento. La pensione è
costituita dal 75 per cento del salario, purché l'operaio abbia
lavorato in fabbrica quindici anni.
“C'è
un vecchio proverbio cinese: Se non si penetra nella tana della
tigre, come impadronirsi dei suoi nati? Questo proverbio è vero per
la pratica umana, e lo è ugualmente per la teoria della
conoscenza.
La conoscenza tagliata fuori dalla pratica è incomprensibile”. -
MAO 'TSE-TUNG, Della pratica..
Lin
Tieh-hi, 46 anni, operaia anziana, tessile racconta:
“Sono
un'operaia del reparto di tintura e tessitura del lanificio n. 2 dove
lavoro da quando avevo diciassette anni, allorché la fabbrica era in
mano ai capitalisti. Mio padre morí di malattia perché nessuno lo
curò, e con il mio salario mi trovai a dover sostenere cinque
persone che mi caddero tutte sulle spalle, mentre quel che guadagnavo
non mi bastava che per sfamarne due. Ci nutrivamo
con
farina di piselli, con patate, e avemmo fame sempre. D'inverno non
possedevamo le giacche imbottite di ovatta, né le coperte: freddo e
fame erano la nostra condizione normale di vita. Mi alzavo alle
quattro per venire in fabbrica e ritornavo a casa a notte alta. II
mio spavento era di ammalarmi di tubercolosi, come tutte le altre,
perché quel giorno sarei stata certo cacciata via dal padrone. Gli
operai avevano ernie del disco, dolori nelle articolazioni, ma
nascondevano i loro malanni per timore del licenziamento. Bastava
d'altra parte a quell'epoca trattenerci troppo a lungo nel gabinetto
per essere scacciati. E chi osava sposarsi, in tanta miseria? La
polizia era sempre a disposizione dei padroni, e bastava che i
capitalisti azionassero i campanelli elettrici che erano nei reparti,
perché le guardie irrompessero dentro la fabbrica per arrestare gli
operai. Bevevano il nostro
sangue
e mangiavano la nostra carne. Facevamo una vita come quella dei buoi
e dei cavalli. I padroni si cibavano di polli, di anitre, di pesce,
abitavano in grandi case. Noi eravamo l'ultimo gradino della scala
umana, una specie di letame umano.
"La
liberazione del 1949 è stata un passo verso il cielo per noi operai.
Ma nella fabbrica la lotta fra le due linee cominciò presto; la
destra borghese, rimasta ai posti di comando in molte fabbriche,
seminava la sfiducia, e diceva che si viveva in modo meno fortunato
che nel passato.
Io
provavo tanta indignazione da avere male ai denti, ma non sapevo
contrattaccare la destra in altro modo che dicendo: “No, la nostra
vita di oggi è ben fortunata”. Ma piú di questo non sapevo
formulare, perché, mancandoci la teoria, la stessa nostra critica
non arrivava ad essere piú approfondita. Nel giugno 1958
organizzammo il primo gruppo di studio della filosofia; facevamo
corsi serali, perché di giorno era impossibile. Mi accorsi che lo
studio della filosofia non era cosí difficile come temevo, e che la
soddisfazione che se ne traeva era innanzitutto la possibilità di
capire come la filosofia fosse legata alla pratica della nostra vita.
Poi, dallo studio traevamo questa lezione: le opere di filosofia sono
opere di chiarimento, e attraverso esse possiamo risolvere difficoltà
di ogni tipo. Appena ci impadronivamo a fondo della filosofia,
diventavamo una forza per trasformare la società. Si tratta non solo
dello studio, ma della rivoluzione, della coscienza di classe. La
filosofia è la pratica della lotta di classe nella produzione.
"Dei
due aspetti contraddittori”, continua l'operaia citando Mao, Della
contraddizione, e aprendo il suo libretto rosso, “uno è
necessariamente principale, l'altro secondario. Il principale è
quello che ha una funzione determinante nella contraddizione. La
natura di una cosa è determinata soprattutto dall'aspetto principale
della contraddizione, il quale occupa la posizione dominante”.
Il
capire la contraddizione principale, mi permise di rendermi conto che
nel mio reparto esisteva una contraddizione principale, ed era la
riparazione dei guasti che faceva nel tessuto la macchina che noi
possedevamo. Se si risolveva questo problema, per tutto il resto le
macchine andavano bene. E ci riuscimmo, impegnando su questo solo
problema ogni nostro sforzo e attenzione.
Ma
risolte le vecchie contraddizioni, ne nascono di nuove.
L'equilibrio
è sempre temporaneo. Una situazione non è mai statica. Attraverso
lo studio della filosofia abbiamo capito che possiamo avere
un'iniziativa soggettiva, e che la forza materiale diventa poi forza
dello spirito per trasformare la società. Non bastano gli obiettivi
e i compiti, il problema è quello del metodo, è questo il problema
da risolvere, sennò è inutile parlare dei compiti.
“Se
il nostro compito è di attraversare un fiume, non possiamo farlo
senza un ponte o una barca. Se non si risolve il problema del ponte o
della barca, è inutile parlare di attraversare il fiume", e
l'operaia attinge ancora dal libretto rosso questa citazione di Mao:
“Preoccuparsi del benessere delle masse, fare attenzione ai metodi
di lavoro" (27 gennaio 1934).
L'operaia
Lin continua la sua discussione filosofica, abbordando il tema “l'uno
si divide in due”, anche nella lotta politica.
“La
legge fondamentale del materialismo dialettico”, ella dice, “è
che l'unità dei contrari è sempre solo temporanea, ed il principio
di Mao è che questa lotta scoppi continuamente nell'uno si divide in
due. L'attacco di Yang Hsien-chen [ex direttore dell'Istituto per il
marxismo-leninismo e ex direttore aggiunto della scuola di partito],
che pronosticava che era possibile 'riunire il due in uno', colpiva
il fronte principale della filosofia, per far passare la teoria
filosofica della borghesia, vale a dire la base della concezione
borghese idealistica del mondo. La teoria della conciliazione sta
alla base del riunire il due nell'uno, perché essa significa
conciliazione tra borghesia e proletariato, per spegnere la lotta di
classe nel corso della lotta di classe. Mentre l'uno si divide in due
considera la contraddizione antagonistica, riunire il due nell'uno
significa ritenere la contraddizione necessariamente non
antagonistica. Il carattere tipico di questa concezione è
l'eliminazione
del
contrasto, e nella prassi è il confondersi con il nemico,
confondersi con la borghesia e i nemici di classe. La contraddizione
in Mao è antagonistica.
"Il
capitalismo borghese aveva bevuto il nostro sangue, come potevamo
confonderci con esso? Confondersi è il revisionismo, la
capitolazione, la restaurazione del capitalismo.
La
contraddizione tra classe operaia e borghesia non può essere
offuscata. Quel che dobbiamo fare è dividere l'uno in due, lottare
per dividere, lottare per liberare la classe operaia dall'imperio
della borghesia, dal revisionismo reazionario, per fare la
rivoluzione.
Il
quartier generale borghese di Liu Shao-chi ironizzava sullo studio
della filosofia da parte nostra, e spedì tra di noi lo stesso Yang
Hsien-chen, un'autorità in campo filosofico, che venne in questa
fabbrica per gettarci acqua fredda sulla testa. Egli ci disse
ironicamente: 'Ma davvero voi studiate la filosofia? Che confusione,
che pasticcio. Se gli operai si mettono a studiare filosofia, noi
filosofi
che
faremo?' Anche un altro suo collaboratore, alto papavero accademico,
disse che egli aveva constatato, interrogandoci, come il nostro
studio fosse frammentario e non organico. Cosí venne dato l'ordine
di sciogliere idue terzi dei gruppi di studio della filosofia. Oppure
ci toglievano
il
tempo a disposizione per lo studio, con ritmi di lavoro piú intensi.
Avremmo rinunciato, se non vi fosse stata in noi la convinzione che
la filosofia è arma di lotta rivoluzionaria per noi lavoratori. Non
avendo piú tempo di studiare in fabbrica, studiavamo in vacanza,
oppure nelle nostre case. Ma adesso tutto è cambiato: si è aperta
la guerra di lunga durata per lo studio della filosofia da
parte
degli operai".
“Da
dove provengono le idee giuste?Cadono dal cielo? No. Sono innate? NO.
Esse provengono da tre tipi di pratica sociale, la lotta per la
produzione, la lotta di classe e la sperimentazione scientifica” -
MAO TSE TUNG, Da dove provengono le idee giuste? .
Un
altro operaio del reparto di tintura della fabbrica tessile n. 2 di
Tientsin - Yang Tong,hua - spiega qual'è il suo studio della
filosofia. “Io studio filosofia per applicarla al rinnovamento
della tecnica. Nella fabbrica non avevamo macchine per il fissaggio
ad alta temperatura, necessarie perché i tessuti non si allunghino e
non si disfacciano. Tale macchina in passato è sempre stata
importata dall'estero. Ora il problema che si poneva era quello di
ordinarla all'estero chiedendo allo stato di comperarla, oppure
affrontare l'altro problema: osare far da noi. Era la contraddizione
tra due concezioni del mondo. Fare affidamento sull'estero è
metafisico, perché ci si affida alla causa esterna. Se facciamo da
noi, sviluppiamo la causa interna. La causa esterna non è che la
condizione, mentre la causa interna è la base. Contare sull'esterno
è una causa traditrice, cosí come il gradualismo, l'andare pian
piano, a passo di tartaruga, è revisionismo. Il nostro gruppo è
composto da sei o sette operai soltanto, e dobbiamo tener dietro alla
riparazione di piú di cinquanta macchine del reparto. Gli operai
sono pochi, il compito pesante. Però gli uomini sono vivi e la
materia è cosa morta, e allora la materia deve essere piegata dagli
uomini. Quando c'è la direzione del partito comunista, e quando
esistono gli uomini, noi possiamo inventare tutto. Occorre liberare
lo spirito, per osare pensare e osare agire. Lo studio della
filosofia proletaria consente questa liberazione. La grande verità
secondo cui la conoscenza trova la sua origine nella pratica, ci ha
aiutato dentro il coraggio, attraverso lo studio delle opere
filosofiche di Mao sulla pratica e sulla contraddizione.
Siamo
andati in altre fabbriche per cercare di conoscere da vicino come
queste macchine son fatte. Applicando il principio dell'uno si divide
in due - questo principio ha anche un aspetto semplice - considerammo
che la contraddizione principale che dovevamo risolvere stava
nell'alta temperatura. Fra di noi non vi erano ingegneri, ma
cominciammo a progettare la macchina fabbricandola
con
le nostre stesse mani, e quando trovavamo difficoltà ricominciavamo.
Per sostenere la parte centrale della macchina, non avevamo l'acciaio
necessario e allora usammo le rotaie dei binari; prima, chi ci
avrebbe mai pensato? Allora ci deridevano dicendo: 'Come possono le
piume di gallo salire in cielo? Come possono gli operai del reparto
di riparazione fabbricare le macchine?' Abbiamo studiato Mao che dice
“Perché le penne di gallo non possono salire in cielo?”, e
rispondevamo: “Se la classe operaia ha fatto salire in cielo il
satellite, perché noi non possiamo fabbricare la macchina?”. Non
conoscevamo certi princípi della fisica né le correnti alternate.
Fabbricammo decine di conduttori di corrente, e vi furono decine di
esperimenti falliti. Ma quando questo problema fu risolto, la
macchina nacque. Il suo costo è la decima parte di quello che
avremmo dovuto pagare all'estero. Questa può avere temperature piú
elevate, il suo volume è piú piccolo e meno ingombrante, la
struttura piú semplice di quella
straniera,
e il livello di automazione identico a quello delle macchine che
prima erano solo inglesi o anche italiane.
“Quando
incontriamo difficoltà nel leggere la filosofia di Mao, allora
facciamoci aiutare da altri; quando il lavoro è troppo intenso,
regoliamo il tempo libero per studiare filosofia; camminando,
riflettiamo; prima di dormire, leggiamo un poco; dopo dormito,
leggiamo ancora un poco; dopo lo
studio,
scriviamo anche noi le nostre considerazioni filosofiche. Elaboriamo
a nostra volta idee filosofiche".
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