A Termini Imerese come all'Iribus gli operai da giorni hanno risposto con la lotta alla chiusura della loro fabbrica che li butta in mezzo alla strada in città e zone del sud, dove dilaga la disoccupazione. Fabbriche sacrificate al dio profitto, al dio mercato, incarnate dall'uomo nero della Fiat, Marchionne, il cui stipendio è già 400 volte più di quello dell'operaio quando lavora e che ora diventa 1000 volte del reddito assistito nella penosa trafila, cassintegrazione, mobilità, disoccupazione.
Operai, parte di un esercito che ha mantenuto in piedi in tutti questi anni queste fabbriche, che hanno retto insieme ai loro compagni di classe la cosiddetta economia nazionale, che oggi dovrebbero essere rigettati a presunte nuove fabbriche senza presente e futuro, o a “rifiuti umani” come vengono chiamati coloro che comunque per vivere rientrano nel ciclo della grande malavita ben presente in queste zone.
Ma chi l'ha detto? Dove sta scritto? Il mercato, la legge... E' il vostro mercato, sono le vostre leggi!
Noi siamo solidali con chi sta lottando, ma lo saremmo di più e pensiamo che tutti gli operai e le masse popolari di questo paese lo sarebbero di più, se queste lotte assumessero fino in fondo il carattere di rivolta operaia, senza freni e senza limiti che non siano quelli dell'esercizio della forza collettiva, come gli operai hanno saputo spesso fare in Italia - ma si pensi anche alla Francia - a fronte di problemi di licenziamenti.
Anche tra gli operai bisogna affermare con forza che i risultati concreti che permettono di continuare a lavorare sono il sottoprodotto di una lotta che punti più in alto, che punti alla radice e alla causa e non all'effetto.
Per una lotta simile i sindacati attuali non sono armi sufficienti. E qui c'è il problema del nuovo sindacato di classe, che non nasca dalla luna o da sigle nuove calate dall'alto, ma appunto dalla ribellione di massa degli operai allo stato di cose esistente, per un movimento reale che lo abolisca.
proletari comunisti- PCm Italia
19 settembre 2011
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