lunedì 19 settembre 2011

pc 19 settembre - Bergamo: crisi e lotta

Sull'onda della mobilitazione prevista per il 15 ottobre a Roma in europa e in tante altre parti del mondo, che conferma, che si allarga l'indignazione per le condizioni prodotte dalla crisi sulle condizioni di vita della maggioranza della popolazione, anche se su una piattaforma di tipo umanista e non classista, tipica della piccola borghesia anche di sinistra che in sostanza vuole uscire dalla crisi e mantenere il sistema capitalista (dal volto ripulito) in quanto si dice che: "Si deve redistribuire radicalmente la ricchezza", "gli esseri umani prima dei profitti, non siamo merce nelle mani di politici e banchieri, chi pretende di governarci non ci rappresenta, l’alternativa c’è ed è nelle nostre mani, democrazia reale ora!”
Anche a Bergamo da ieri si è formata una piazza di "movimento", che si troverà periodicamente, con l'obbiettivo di confrontarsi e organizzarsi, presenti un centinaio di persone tra cui parecchi giovani studenti, sulla parola d'ordine: smonta la crisi, an paga mia (in dialetto noi non paghiamo), con riferimento a piazza tahir e alle piazze degli indignati spagnoli come esempi di cambiamento oltre che alle banche e alla finanza come principali nemici e causa della crisi.
Ma il confronto è finito ancora prima di cominciare, dato che non si è dato seguito alla necessità emerse nell'assemblea di ieri di fare chiarezza e analisi sulla crisi, ma già da oggi si è dato vita a due tavoli di lavoro su trasporti e casa.....all’interno di un percorso di iniziative che portino al 15 ottobre sulla “linea” della difesa dei beni comuni e per riprenderci pienamente il nostro potere di cittadinanza che è fondamento di qualunque democrazia reale.

Riteniamo positivo che si voglia dar vita ad una mobilitazione permanente, che ci si riprenda le piazze, ma ciò non basta, dobbiamo capire se vogliamo resistere alla crisi o attaccare nella crisi per far saltare il sistema? Vogliamo fare le piazze tematiche o assediare i centri del potere e i loro servi? Vogliamo far allargare l’indignazione della popolazione (che già c’è) o trasformarla in rabbia e rivolta?

Analizziamo  come è andata l’assemblea e vediamo che quello che si vuole mettere in campo è più arretrato di quanto già c’è nella coscienza media tra le masse, che vorrebbero risposte più determinate e incazzate.
Le premesse sono un coktail annacquato praticamente si è partiti dall’affermare la contemporaneità dell’iniziativa con l’assedio di wall street e quindi l’obbiettivo di responsabilizzare la finanza, si è parlato mettendo sullo stesso piano le rivolte arabe con gli indignados, i referendum con l’opposizione reale no tav e con il 14 dicembre degli studenti, no ad un sistema economico che non è sostenibile, per una piazza di partecipazione, democrazia, riprendersi il futuro; un modo per trovare la massima unità tra tutti i presenti da rc, al cs, agli individui anarchici e non, agli ex anni 70, ai giovani ed è stata la loro grossa presenza, il motivo per cui come operaio e comunista ho sentito la necessità di intervenire. Rispondendo anche agli altri interventi del ceto politico che sono stati solo alimentare la confusione, il capitalismo è morente, la produzione è robotizzata, la morte della natura, dicendo chiaramente, che la crisi finanziaria è la conseguenza della crisi di sovrapproduzione, ne è l’effetto, che le crisi i padroni le usano per uscire più forti, e quindi ci sono le banche e c’è CONFINDUSTRIA e tutto il sistema di consenso sindacale e mediatico sono nostri nemici, portando l’esempio del vento delle rivolte arabe che soffia tra le lotte dei lavoratori immigrati delle logistiche anche a bergamo nel cuore della lega e del razzismo,  del lavoro da fare nelle fabbriche perchè gli operai non sono ancora in campo, nonostante nelle fabbriche si rischia la vita, come è successo alla dalmine martedi per la caduta di una gru, che gli studenti il 14 dicembre hanno fatto tabula rasa di no global e disobbedienza, assediando con la giusta rabbia i palazzi del potere, che deve avanzare nella crisi il distacco con le istituzioni, le illusioni riformiste, perché il capitalismo non muore se non lo abbattiamo.

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