"Trent'anni son passati, da quel giorno che i fascisti
Ci si son messi in cento ad ammazzarlo
E ancora non si sentono tranquilli, perché sanno che
gira per la città, Dante di Nanni
gira per la città, Dante di Nanni".
Stormy Six
Brevissimo dialogo tra Di Nanni e Pesce, tratto da "Senza Tregua":
«Quando sarà finita con i fascisti e i tedeschi, saremo veramente liberi?»
«Saremo liberi di ricominciare a lottare per una vera libertà, che si ha quando ogni uomo ha e vale per quello che è.»
«Sarà difficile ma qualche volta penso che sarà ancora più difficile quando sarà finito. Vorrei vivere per vederlo.»
«È un grande partito il nostro» dice Ivaldi.
«Sì, ed è grande perché ci sono dei giovani come te."
«Il partito conta molto sui giovani, non è vero?» chiede Di Nanni.
«Molto» risponde Ivaldi.
«Anche per dopo?» mormora quasi tra sé Di Nanni.
«Certamente anche per dopo, quando la guerra sarà finita e ci vorrà tanta forza per rimettere tutto in piedi.»
«Sì, per oggi e per dopo.»
Il 18 maggio ricorre l’anniversario della morte di una figura storica dell’antifascismo italiano: quella di Dante Di Nanni, giovane militante dei GAP torinesi, ucciso nel 1944, all’età di 19 anni, dalle truppe nazifasciste.
"Ora tirano dalla strada, dal campanile e dalle case più lontane. Gli sono addosso, non gli lasciano scampo. Di Nanni toglie di tasca l'ultima cartuccia, la innesta nel caricatore e arma il carrello. Il modo migliore di finirla sarebbe di appoggiare la canna del mitra sotto il mento, tirando il grilletto poi con il pollice. Forse a Di Nanni sembra una cosa ridicola; da ufficiale di carriera. E mentre attorno continuano a sparare, si rovescia di nuovo sul ventre, punta il mitra al campanile e attende, al riparo dei colpi. Quando viene il momento mira con cura, come fosse a una gara di tiro. L'ultimo fascista cade fulminato col colpo. Adesso non c'è più niente da fare: allora Di Nanni afferra le sbarre della ringhiera e con uno sforzo disperato si leva in piedi aspettando la raffica. Gli spari invece cessano sul tetto, nella strada, dalle finestre delle case, si vedono apparire uno alla volta fascisti e tedeschi. Guardano il gappista che li aveva decimati e messi in fuga. Incerti e sconcertati, guardano il ragazzo coperto di sangue che li ha battuti. E non sparano. È in quell'attimo che Di Nanni si appoggia in avanti, premendo il ventre alla ringhiera e saluta col pugno alzato. Poi si getta di schianto con le braccia aperte nella strada stretta, piena di silenzio.“
Giovanni Pesce
Nato a Torino il 27 marzo 1925, caduto nella stessa città il 18 maggio 1944, motorista, Medaglia
d’Oro al Valor Militare alla memoria.
Intorno a mezzogiorno la notizia era già arrivata, creando viva eccitazione, nelle grandi fabbriche di Torino: “Stanno sparando contro le brigate nere in Borgo San Paolo”. In realtà erano i fascisti e i tedeschi che, con l’appoggio di un carro armato e di un’autoblinda, dalle 11 scaricavano gragnole di colpi contro le finestre del secondo piano di un edificio di via San Bernardino. Dalla casa, ogni tanto, partivano brevi, precise raffiche di mitra e qualche lancio di bombe a mano. Ad un certo punto una carica di tritolo bloccò anche il carro armato. Poi i colpi che arrivavano dalla casa si fecero sempre più radi e ad un tratto ad un balcone apparve la figura di un uomo; il giovane si avvicinò vacillando alla ringhiera, levò in alto il pugno chiuso in un ultimo gesto di sfida e si lasciò cadere nel vuoto. Così morì Dante di Nanni, che già pochi giorni dopo fu proclamato “Eroe nazionale” dal Comitato militare del CLN regionale piemontese.
Il ragazzo era figlio d’immigrati pugliesi. A 15 anni era entrato in fabbrica, ma aveva continuato a studiare in una scuola serale. A 17 si era arruolato in Aeronautica e nell’agosto del 1943 era motorista al I Nucleo addestramento caccia di Udine. L’8 settembre del 1943 non segnò il ritorno a casa ma, con l’amico Francesco Valentino, poi impiccato dai fascisti in corso Vinzaglio a Torino, l’inizio della lotta contro i nazifascisti in una piccola banda nelle vicinanze di Boves.
Dispersa la formazione, Di Nanni, sempre con Valentino, alla fine di dicembre riuscì a riparare nella sua abitazione torinese. L’inattività durò poco. Alla fine di gennaio, i due ragazzi erano già entrati nei G.A.P. comandati da Giovanni Pesce. La notte del 17 maggio Pesce, Di Nanni, Bravin e Valentino attaccano una stazione radio sulla Stura; prima di farla saltare in aria disarmano i nove militi che la presidiavano e, sulla promessa che non avrebbero dato l’allarme, salvano loro la vita. I gappisti, invece, vengono traditi e sono sorpresi da un intero reparto nemico.
Nello scontro, i quattro rimangono tutti feriti, ma riescono a sganciarsi. Il più grave è Di Nanni, raggiunto da sette proiettili al ventre, alla testa e alle gambe. Pesce, ferito ad una gamba, riesce a trascinare Dante in una cascina e, all’alba, a farlo trasportare nella base di borgo San Paolo. Qui un medico antifascista vede il ferito, ne ordina l’immediato ricovero in ospedale e Pesce lascia Di Nanni per organizzarne il trasporto. Quando ritorna, i fascisti, avvertiti da una spia, stanno già sparando contro la casa di via San Bernardino.
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