da USB
È in atto una vera e propria guerra che lascia sul terreno migliaia di morti e decine di migliaia di feriti ogni anno. Un conflitto in cui nessuno si sente attaccato, sotto minaccia, né in pericolo, eppure perdono la vita tantissimi lavoratori italiani.
Un nemico
che apparentemente non ha un nome né un volto, colpisce come un cecchino
appostato sulla torre, lo fa sapendo di uccidere, non per uno
spiacevole incidente o per una sfortunata fatalità.
Le armi usate sono il ricatto, la collusione, la precarietà, la mancanza di diritti.
Ci sono guerre che si combattono per mille ragioni, tutte assurde, ci si ammazza perché di religioni diverse o per l’affermazione di una “razza” su un’altra.
Ci sono guerre che si combattono per mille ragioni, tutte assurde, ci si ammazza perché di religioni diverse o per l’affermazione di una “razza” su un’altra.
Questa
guerra la combattono i padroni e le istituzioni senza scrupoli contro i
lavoratori perché serve a fare più profitto, più soldi.
Per
profitto si decide scientemente di non investire risorse economiche
sulla sicurezza, si fa un bilancio dei pro e dei contro e alla fine si
sceglie di rischiare, ma a rischio è sempre e soltanto la vita dei
lavoratori.
Le
istituzioni e gli organismi di controllo e prevenzione sono affidabili
alleati, obbediscono ai dettami imposti dalle leggi del profitto,
sapendo di farla franca.
Quasi
tutti i sindacati scrivono messaggi di solidarietà ma non combattono,
pensano ad altro, e così facendo lasciano i lavoratori in balia del
nemico.
Muoiono madri e padri di famiglia, muoiono ragazzi schiacciati da quintali di cemento, indifferenza e omertà.
Muoiono madri e padri di famiglia, muoiono ragazzi schiacciati da quintali di cemento, indifferenza e omertà.
È arrivato
il momento di combattere seriamente e far valere il nostro diritto a
una vita lavorativa sicura, il diritto a vivere, prima che il bollettino
di guerra si aggiorni, non ci sono più alibi e chi gira la testa
dall’altra parte è complice.
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