1.739 miliardi di dollari sono all’incirca quanto tutto l’attuale
Prodotto interno lordo dell’India o dei 120 paesi più poveri del mondo!
I dati utilizzati dai mezzi di stampa sono stati pubblicati
dal SIPRI, il centro di ricerche per la pace di Stoccolma, nel suo rapporto
annuale.
Mentre i paesi imperialisti continuano ad aumentare le spese
per fare le loro guerre nei paesi oppressi dall’imperialismo e per rispondere
all’acuirsi delle contraddizioni inter-imperialiste, cioè tra gli stessi paesi
imperialisti in lotta per la nuova spartizione del mondo, la spesa aumenta in
quelle aree del mondo dove tutte queste contraddizioni sono al massimo.
Ecco la classifica come riportata dal “Fatto Quotidiano” del
2 maggio:
“Nella classifica mondiale al primo posto nel 2017 si
collocano ancora gli Stati Uniti con spese militari
pari a 610 miliardi di dollari.
Nel
dettaglio in Cina le spese militari sono aumentate
del 5,6% a 228 miliardi di dollari
nel 2017. La quota delle spese cinesi nelle spese militari a livello mondiale è
passato dal 5,8% nel 2008 al 13% nel 2017.
L’India,
invece, ha speso 63,9 miliardi di
dollari nel 2017 (+5,5% rispetto al 2016) mentre in
Corea
del Sud le spese ammontano a 39,2 (+1,7%). Con 66,3 miliardi di dollari spesi nel 2017 quelle della
Russia sono inferiori del 20% rispetto al 2016.
L’Arabia
Saudita ha registrato spese in crescita del 9,2% attestandosi a 69,4 miliardi di dollari. Anche
in
Iran (+19%) e in
Iraq (+22%) si sono registrati forti aumenti. L’Italia
si colloca al dodicesimo posto (era all’undicesimo nel 2016) con 29,2 miliardi di dollari: rispetto al
periodo 2008-17 si tratta di un calo del 17%.”
L’andamento altalenante delle cifre di alcuni paesi non deve
ingannare sulla corsa al riarmo e alle guerre che si preparano, perché il sistema imperialista è uguale guerra!
Se qualche cifra si abbassa è perché la profondissima crisi mondiale spinge
alla ristrutturazione sia del
sistema produttivo in generale, che degli eserciti e dei sistemi d’arma che
diventano sempre più tecnologici e automatizzati, come dice l’articolo del
Manifesto che riportiamo qui sotto.
***
Tutti armati fino ai denti
Le spese militari crescono fino a toccare il 1.739 miliardi
di dollari, pari al 2,2% del Pil mondiale. Pesante riarmo soprattutto di Arabia
Saudita, Francia e Cina. il rapporto del Sipri
L’orologio della guerra, la celebre timeline del Doomsday
Clock, che ci separa dall’apocalisse atomica, bellico o climatica fissata dagli
scienziati dell’Università di Chicago segnala che nel 2016 la lancetta era
distante tre minuti dalla mezzanotte, cioè dalla fine del mondo, nel 2017 si era
spostata a due minuti e mezzo e nel 2018 è andata ulteriormente avanti, a due
minuti dal disastro. Più o meno lo stesso andamento della spesa mondiale per
gli armamenti e i sistemi d’arma, sempre più tecnologici e sempre più
automatizzati, tanto che adesso si sperimentano droni bellici a riconoscimento
facciale, micro soldati-robot.
Il rapporto 2018 del Sipri. Cioè dello Stockholm
International Peace Research Institute, pubblicato ieri, segnala come il
Medioriente (+6,2% di spesa la regione, +19 l’Iran e +22% l’Iraq) sia il vero
pozzo di San Patrizio per le industrie armiere anche in questa fase di ribassi
dei prezzi petroliferi. “A livello planetario il peso della spesa militare si
sta chiaramente spostando dalla regione euro-atlantica”, sintetizza Nan Tian,
ricercatrice del Sipri.
Le nuove rotte di commerci di strumentazioni militari si
dirigono sempre più verso Cina e Arabia saudita. Il regno guidato da MbS, con
l’abbreviazione co cui viene chiamato il giovane e spigliato rampollo della
famiglia Saud, il principe ereditario Mohammad bin Salman ha aumentato la spesa
militare nel 2017 del 9,2% e portato Riyad d’un balzo al terzo posto nel mondo
per produzione e acquisti di armi. Un valore tra l’altro sottostimato, visto
che una parte di questa spesa – quella stimata è pari a 69,4 miliardi di
dollari – come quella che serve a finanziare le milizie jihadiste, passa per
canali non del tutto tracciabili.
Gli Stai Uniti di Donald Trump – che di recente ha omaggiato
il suo principale alleato MbS di una accoglienza principesca a Washington – si
attestano per il momento al vertice della top ten. Gli Usa restano leader
mondiali ameno della spesa bellica, con investimenti parti a 610 miliardi di
dollari. La quota risulta invariata rispetto al 2016 ma “la tendenza al ribasso
delle spese militari statunitensi iniziata nel 2010, si è conclusa”, certifica
Aude Fleurant, direttrice del programma Sipri-Amex.
E nel 2018 le cifre aumentano significativamente per
sostenere gli aumenti nel personale militare e la modernizzazione delle armi
convenzionali e nucleari. In più c’è da considerare che disinvestendo sulla
Nato, gli Usa hanno “cartolarizzato” agli alleati europei una parte degli
oneri.
La Francia in effetti è già in pieno riarmo, nel 2017 è
diventata il sesto paese al mondo in questo campo, come sottolinea Le Monde,
anche se è stata superata dall’India, che è quinta. Ma è solo l’inizio per
entrambi i Paesi. Parigi con un plafond attuale di 57,8 miliardi di dollari di
budget per la difesa, par al 2,3 per cento del suo Pil, ha intrapreso piani di
ammodernamento tecnico per il 2025 che la porteranno a mantenere gli
stanziamenti al 2% del Pil, come la Nato vorrebbe facessero tutti gli alleati.
L’Europa,
complessivamente, ha una parte imponente della spesa armiera; nei 29 paesi
l’anno scorso hanno impiegato così 900 miliardi di dollari, il 52% della torta
mondiale. Il trend è più accentuato nell’Europa centrale, dove la crescita è
apri al 12% con l’alibi della minaccia russa in Ucraina e nella zona danubiana.
Minaccia che però al momento non c’è. Il Sipri avverte che Mosca ha diminuito
il budget per il suo esercito per la prima volta dal 1998, una decrescita del
20 per cento fino a 66,3 miliari di dollari a causa – spiega il ricercatore
senior Simeon Wezenam – “dei problemi economici che il Paese vive dal 2014”.
L’Italia questa volta purtroppo non è fanalino di coda. Vede
un rialzo del 2,1%, come aveva certificato il rapporto Milex della Rete
Disarmo. E la Germania una crescita del 3,5%.
La Cina ha raggiunto la vetta della classifica, è seconda
per volume dopo gli Usa, con 228 miliardi di dollari, e intende investire
ancora con “buona pace” dei venti di pace tra le due Coree. Mentre l’India ha
piani molto ambiziosi. Il nuovo regime ultra induista di Narendra Modi, come
segnala l’Agenzia Nova, intende passare d essere il principale importatore –
deriva dall’estero ili 65 per cento delle armi in dotazione all’esercito
indiano, in gran parte da Usa e Israele – a esportatore di componenti e
prodotti finiti attraverso joint venture e una rete di fornitori subfornitori,
micro fornitori della sua industria bellica principale, statale, attraverso il
programma governativo Make in India per l’innovazione del suo sistema
produttivo. Per il monto secondo l’Institute for Defence Studies and Analysis
la spesa bellica a quasi tuta in stipendi e pensioni e tolte quelle dal 2,1 si
passa all’1,6 per cento del Pil in spese per la difesa.
Il Manifesto
3 maggio ’18
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