Su di un’intervista ad Alessandro Di Battista
ha suscitato molti commenti tra i sacerdoti del progressismo un’intervista ad Alessandro Di Battista apparsa ieri su Die Welt e ripresa da Repubblica. L’intervista
in sé non contiene nulla di speciale, anzi è la trita ripetizione del
programma politico grillino. A rendere interessante tutta l’operazione è
l’attuale confusissima situazione politica italiana, in cui stanno
maturando le condizioni per la vittoria elettorale del M5S. Quello che
poteva passare inosservato anni o solo mesi fa, oggi viene letto in
controluce, visto l’approssimarsi delle elezioni. Il problema non è però
l’esegesi del testo, e anzi risulta equivoco il punto di vista di chi
interpreta il pensiero di Di Battista attraverso le lenti della coerenza
politica. Nell’intervista infatti si dice tutto e il contrario di
tutto. Non è altro che il populismo. Accorgersene nel 2016 aiuta semmai a
svelare la qualità dei suddetti filologi virtuali, degli “scandalizzati” ad orologeria, che proprio nel momento della caduta di Renzi ci dicono: attenti alle alternative!
svelare la qualità dei suddetti filologi virtuali, degli “scandalizzati” ad orologeria, che proprio nel momento della caduta di Renzi ci dicono: attenti alle alternative!
E’
equivoco concentrarsi sulle parole “di destra” del pensiero grillino e
non su quelle “di sinistra”, ad esempio. Attraverso lo stesso uso
truffaldino e mistificato della “coerenza”, un commentatore liberista
potrebbe inorridire di fronte ad affermazioni squisitamente
socialistiche espresse nell’intervista: “Servono istituti finanziari pubblici che consentano investimenti a favore delle imprese; Per [lotta all’]evasione fiscale noi intendiamo [quella contro] i grandi evasori; vogliamo
aumentare di parecchio le tasse sul gioco d’azzardo, centralizzare la
spesa statale, realizzare opere pubbliche funzionali, di dimensioni
ridotte rispetto all’Expo e all’Alta velocità; vogliamo una banca
centrale che eserciti una vigilanza reale e non sia controllata dalle
banche, come accade in Italia. Vogliamo la divisione tra banche di
risparmio e banche d’affari; Euro e Europa non sono la stessa cosa. Noi
vogliamo solo che siano gli italiani a decidere sulla moneta; Conosco
bene quali sono le conseguenze dell’introduzione dell’euro, la perdita
di potere d’acquisto, il calo delle retribuzioni, il degrado sociale, la
disoccupazione; Bisogna trovare soluzione ai grandi focolai di crisi
internazionale, senza ricorrere alle bombe”.
Queste
parole avrebbe potuto dirle un qualsiasi militante comunista
perfettamente allenato alla coerenza. Provengono però dall’esponente di
un movimento populista, dunque stanno accanto ad altre tipicamente
piccolo-borghesi (l’elogio della piccola e media impresa; l’ambigua
posizione sull’immigrazione; eccetera), figlie di una visione del mondo
equivoca e interna alla
borghesia. Il problema del populismo oggi non può essere risolto
smascherando di volta in volta la coerenza del suo discorso politico.
Quello è compito semmai da analisti del senno del poi, storici di
professione, politologi, ma non può essere il metro di giudizio del
militante politico. Il militante politico dovrebbe al contrario
individuare le contraddizioni centrali della nostra epoca, e in base a
quelle impostare il proprio lavoro. La contraddizione centrale della
nostra epoca in Europa è il processo di esclusione del controllo
pubblico della politica su processi produttivi completamente
privatizzati e sul libero mercato globalizzato. Chiaramente ce ne sono
altre a monte: la caduta tendenziale del saggio di profitto, ad esempio,
che è la causa del processo di privatizzazione e finanziarizzazione
dell’economia. E ce ne sono altre a valle, come la costruzione
dell’Unione europea, che è una delle risposte politiche alla crisi
economica. Nell’attuale scenario politico italiano, occorrerebbe semmai
capire se il M5S lavori per il rafforzamento degli orizzonti della
borghesia transnazionale, oppure ne rallenti il percorso. Oppure nessuna
di queste due cose, ma un’altra ancora. Che il populismo non offrasoluzioni ai
problemi del presente, è evidente a tutti e l’attuale esempio romano ne
è la conferma. Ma al populismo non si chiede questo (o almeno non
possiamo chiederlo noi militanti di sinistra), quanto dare voce e far
esprimere i portatori materiali di questi problemi, quei ceti e classi
sociali vittime del liberismo. Nello scenario attuale, in cui Renzi non
c’è più ma il renzismo non ha alternative praticabili, visto che è un
modello politico condiviso a destra come a “sinistra”, qual è la
soluzione materiale che possa inceppare contraddittoriamente il
rafforzamento liberista inteso come ampliamento del governo ordoliberale
europeista? La risposta è nei timori della suddetta borghesia:
Al
populismo allora non ha senso chiedere coerenza: il M5S sta lì ogni
giorno a dimostrare la nostra impotenza, la nostra critica sterile che
paventa scenari demagogici alle demagogie populiste. Non bisogna
“aderire” al populismo, e chi si pone il dubbio è solo insicuro delle
proprie scelte politiche. Ma se di fronte alla crisi del renzismo le
uniche parole che si scelgono di spendere sono quelle dell’attacco
frontale al populismo stesso, si sta combattendo dalla parte sbagliata
della barricata (ideale, purtroppo). Perché dietro il renzismo ci sono
le élite politiche ed economiche della Ue; dietro il populismo grillino
ci sono milioni – milioni – di proletari e impoveriti dalla crisi
economica. Bisogna saperci parlare con questa massa informe e rancorosa,
non condannarla sull’altare della coerenza politica.
da http://www.militant-blog.org/
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