accordo con l’azienda o addio
Il sindacato ha firmato un accordo
con la proprietà, ma le rappresentanze interne lo hanno bloccato. «Ingestibile»
la Rsu interna. Cinque denunce della proprietà
di Rita Querzé e Giampiero Rossi
Divorzio sindacale alla Innse di via Rubattino: la
Fiom Cgil da una parte, la rappresentanza interna dall’altra. E non è una
questione politica. Anzi. La novità che è destinata a scuotere la tregua armata
nello storico stabilimento di Lambrate è una lettera aperta che le segreterie
Fiom, milanese e nazionale, hanno indirizzato ai propri iscritti. Il sindacato
dei metalmeccanici Cgil considera
«controproducente la prosecuzione della mobilitazione» e «non condivide le ragioni e le forme di conflitto che la Rsu della Innse Milano ha deciso di promuovere, che potrebbero determinare una imprevedibile escalation , generando situazioni traumatiche non gestibili sul piano sindacale». Uno strappo senza precedenti. Che la Rsu per ora non commenta. Cosa succede nella fabbrica che nell’estate 2008 - con la protesta di quattro lavoratori e un funzionario Fiom su un carroponte - diventò simbolo della resistenza operaia del terzo millennio? Allora il faro acceso dalla protesta permise di cambiare quello che sembrava un finale già scritto per la storia della Innse: da azienda prossima al fallimento a realtà con futuro e prospettive grazie all’acquisizione da parte della bresciana Camozzi. La clamorosa rottura di oggi tra l’organizzazione delle tute blu Cgil e la Rsu aziendale parte da lontano. I ritardi nel rilancio dell’attività dovuti alla mancata cancellazione di un’ipoteca sull’area da parte dei precedenti proprietari non hanno aiutato. Poi è arrivato il momento della ristrutturazione e degli investimenti. È partito il confronto con l’azienda, mediato dalle istituzioni. È la Fiom stessa, nella sua lettera agli iscritti di via Rubattino, a ricordare che la rappresentanza sindacale interna non ha mai voluto partecipare. A settembre la Fiom ha firmato un accordo al ministero dello Sviluppo economico. L’intesa contiene impegni aziendali a investire 2-3 milioni di euro in nuovi macchinari, a fare nuove assunzioni in accompagnamento a prepensionamenti incentivati e, soprattutto, al superamento del jobs act per i nuovi contratti. Un risultato «soddisfacente» per le tute blu della Cgil. Ma che i 27 operai Innse hanno bocciato.
«controproducente la prosecuzione della mobilitazione» e «non condivide le ragioni e le forme di conflitto che la Rsu della Innse Milano ha deciso di promuovere, che potrebbero determinare una imprevedibile escalation , generando situazioni traumatiche non gestibili sul piano sindacale». Uno strappo senza precedenti. Che la Rsu per ora non commenta. Cosa succede nella fabbrica che nell’estate 2008 - con la protesta di quattro lavoratori e un funzionario Fiom su un carroponte - diventò simbolo della resistenza operaia del terzo millennio? Allora il faro acceso dalla protesta permise di cambiare quello che sembrava un finale già scritto per la storia della Innse: da azienda prossima al fallimento a realtà con futuro e prospettive grazie all’acquisizione da parte della bresciana Camozzi. La clamorosa rottura di oggi tra l’organizzazione delle tute blu Cgil e la Rsu aziendale parte da lontano. I ritardi nel rilancio dell’attività dovuti alla mancata cancellazione di un’ipoteca sull’area da parte dei precedenti proprietari non hanno aiutato. Poi è arrivato il momento della ristrutturazione e degli investimenti. È partito il confronto con l’azienda, mediato dalle istituzioni. È la Fiom stessa, nella sua lettera agli iscritti di via Rubattino, a ricordare che la rappresentanza sindacale interna non ha mai voluto partecipare. A settembre la Fiom ha firmato un accordo al ministero dello Sviluppo economico. L’intesa contiene impegni aziendali a investire 2-3 milioni di euro in nuovi macchinari, a fare nuove assunzioni in accompagnamento a prepensionamenti incentivati e, soprattutto, al superamento del jobs act per i nuovi contratti. Un risultato «soddisfacente» per le tute blu della Cgil. Ma che i 27 operai Innse hanno bocciato.
La ristrutturazione è partita comunque. Ma i vertici della Camozzi hanno
presentato cinque denunce in questura e un esposto al prefetto per segnalare
«ostacoli all’attività produttiva» da parte di alcuni dipendenti. «Ci è
fisicamente impedito con atti illegali di adempiere a ciò per cui ci siamo
impegnati», ha scritto il presidente del gruppo Ludovico Camozzi. Parole
pesanti, che lasciano intuire uno scontro durissimo giocato ben oltre il
perimetro delle relazioni industriali e, secondo l’azienda, con implicazioni
penali. E ora anche nella lettera firmata da Evaristo Agnelli per la segreteria
nazionale e da Marcello Scipioni per quella milanese sono contenuti riferimenti
a «forme di conflitto» non condivise «che potrebbero determinare una
imprevedibile escalation». L’azienda, intanto, prosegue il programma di
rinnovamento degli impianti. Dopo un picchetto poco più che simbolico di alcuni
giorni fa, c’è il timore di una contesa più aspra quando arriverà il momento di
rimuovere due alesatrici che gli operai hanno sempre considerato fondamentali.
Totem di un passato ritenuto garanzia del futuro.
9 dicembre
2016
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