(Da Tavolo 4)
Riandiamo indietro nella memoria. Per capire da dove siamo partiti e purtroppo dove siamo approdati. "Il personale è politico" è lo slogan che che più illumina e ha illuminato sulla stretta relazione politica tra la dialettica fra generi. Essa coglie chiaramente la divisione del lavoro famigliare: il maschio a produrre il plus-valore in fabbrica, la donna a riprodurre la forza lavoro in casa, il tutto incastonato in una catena gerarchica la cui subordinazione femminile appare come il necessario presupposto dello sfruttamento della forza lavoro.
Politicizzare il personale in quel contesto significava mettere in discussione l'esistenza di una barrierafra il carattere pubblico/politico della sfera del lavoro e il carattere personale della sfera delle relazioni famigliari, unificando le due sfere sul terreno della lotta anticapitalistica.
La postdemocrazia e la modernizzazione liberista dell'economia e della politica hanno provocato uno slittamento semantico che, decontestualizzando lo slogan del significato originale di lotta, lo ha fatto divenire sinonimo di personalizzazione/privatizzazione della politica: dalla messa in gioco di ciò che del personale può essere politico, si è passati alla teorizzazione di una riconversione immediata del privato in pubblico.
Scrive Anna Simone (Sessismo democratico. L'uso strumentale delle donne nel neoliberismo) "La sfera privata scoppia nella sfera pubblica spargendosi in mille pezzi e inserendosi come chiacchiera
spettacolarizzata, commercializzata, mentre la seconda implode su se stessa, svuotata dall'elemento della formazione attiva delle opinioni da parte di pubblici che sembrano aver perso la propria capacità di critica". Attraverso i dispositivi paralleli di femminilizzazione del lavoro e omologazione della comunicazione politica e mediatica ai canoni della neoligua politica, non sono le donne a essere incluse nella vita pubblica bensì la loro immagine, ridotta a componente di un
corpo sociale "identificabile attraverso le ripartizioni semantiche: le donne, i disabili, i gay e le lesbiche, i neri, i trans, ecc." Non c'è dubbio che oggi- almeno sul piano culturale e simbolico-si vive in un mondo postpatriarcale, ma ciò non ha sancito l'egemonia politica del movimento femminista, ne tanto meno il crollo della democrazia neoliberale. Questo sistema si è dimostrato ampiamente in grado di adattarsi alla nuova realtà; anzi se ne è fatto il più zelante ed entusiasta sostenitore nella misura in cui interpreta le "nuove libertà" come una nuova forma di schiavitù rispetto ai valori consumistici di tipo neoliberale e rispetto ai dispositivi messi a punto per gestire pubblicamente le soggettività. Il sessismo non può più essere inteso e combattuto nella sua forma classica- ormai defunta-, ma va riconosciuto e contrastato in quanto dispositivo che non ha più la funzione di escludere le donne o altri generi, dalla scena pubblica, bensì di promuovere "l'inclusione differenziale".
Nel frattempo la "vittoria" del patriarcato produce una serie di effetti che non si rivoltano solo contro le donne, ma contro l'intero corpo sociale a partire da un disordine simbolico che rischia di divenire ingovernabile, come nota Ida Dominijanni commentando sarcasticamente la rielezione di Giorgio Napolitano: "mi chiedo a quale cornice simbolica corrisponda la mossa del più giovane e femminilizzato parlamento della storia italiana che si consegna mani e piedi a un padre raddoppiato nell'età e nell'incarico"( Il "Raddoppio" Rivista Alfabeta). Da questo parlamento giovanilista e femminizzato giunge la proposta di legge sulle coppie di fatto.
Ora, tutti noi siamo favorevoli e tuttavia sollecito una riflessione più approfondita ecritica sui risvolti dei diritti, i quali non sempre hanno un codice progressivo. Come la storia insegna il procedere ha sempre dei risvolti ambivalenti. Dopo il tramonto dei grandi soggetti storici pare che solo il diritto restaa opporsi alla naturalizzazione delle leggi economiche, le quali si riducono, di fatto alla legge del più forte.
Quindi per tenere insieme i vecchi diritti sociali conquistati con decenni di dure lotte di classe, insieme con i nuovi diritti civile dovremmo ridefinire quali soggetti sociali e politici possano far
valere ambedue i diritti. Qualora così non fosse rischiamo che tutto scivoli verso una omologazione della personalizzazione del diritto che è omologo alla personalizzazione della politica. A conti fatti
bisogna riconoscere che il liberalesimo con tutti i suoi archetipi culturali è riuscito a sfondare alla grande dentro il nostro territorio. E in verità in molte varianti è stato aiutato da noi stessi
Tempera, 25.1.2016 Alfonso De Amicis
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