«Noi vogliamo una convocazione, un incontro a cui partecipi un esponente
politico del governo, non un tecnico. .
....manca la classe politica locale».
Il sindaco Marco Doria è venuto.
«Sì, persona corretta, ma troppo formalista, Marta Vincenzi con tutti i suoi difetti li avrebbe minacciati con la fascia da sindaco. E poi, diciamolo, quando c'era Burlando, alzava il telefono e sapeva con chi parlare, si dà del tu con Napolitano, conosce la fabbriche. Ora chi glielo dice a Roma come stiamo noi? Meno male che è venuta Susanna Camusso, l'abbiamo applaudita».
Il leader Franco Grondona alla vigilia del Congresso: "Il
partito non esiste in più, qui tutti votano 5 Stelle"Franco Grondona
segretario Fiom e leader di Lotta Comunista, non vuole ripetere quello che tra
loro chiamano "l'accordo di Voghera". Un piccolo esempio di come la sinistra si
ostini a trasformare le sconfitte in vittorie. L'accordo di Voghera racconta di
due che vogliono andare a Milano, chiedono quanto costa il biglietto, si sentono
rispondere una cifra alta e, per protesta, se ne vanno via. Raggiungono Voghera
e chiedono "adesso il biglietto quanto costa?" Gli rispondono la metà esatta
della cifra iniziale. E loro esultano: «Abbiamo vinto, compagni». Ecco lui,
Franco Grondona, segretario generale della Fiom genovese, leader di Lotta
Comunista, gli accordi di Voghera non li firma. Piuttosto, con dispiacere ma
inesorabile determinazione, blocca mezza città. Come sta accadendo con l'Ilva. E
non pensa all'appuntamento di domenica, all'assemblea nazionale di Lotta
Comunista alla Sala Chiamata alle 15,30.
Segretario Franco Grondona, e
adesso che succede?
«La fabbrica è sempre occupata, è dichiarato lo
sciopero generale dei metalmeccanici di Genova e andremo in
centro».
Altre strategie?
«Noi vogliamo una convocazione, un
incontro a cui partecipi un esponente politico del governo, non un tecnico. Non
abbiamo nessuna intenzione di accettare la riedizione romana dell'incontro
"finto" che abbiamo avuto a Genova».
Vi "accontentate " di un
sottosegretario, sicuri di sapere che il futuro dell'Ilva a Genova è
cupo?
«Stiamo ai fatti. È chiaro che vogliono vendere l'Ilva, che fine
farà il polo di Genova? non si sa, dunque c'è qualcosa che non quadra. I
ministri? Non si vedono, il governo è dell'idea che l'accordo di programma su
Cornigliano scada a giugno, guarda caso quando si vende. E allora bisogna stare
attenti».
Invece l'accordo di programma è sempre valido?
«E certo,
non c'è scritto da nessuna parte che ha una scadenza».
Non sarà che lei,
leader e ex segretario di Lotta Comunista fa proseliti o influenza molto le loro
scelte?
«Io sono un militante anziano di Lotta Comunista, il più antico
partito in Italia, è nato a Genova nel 1965, da allora ci siamo sempre
stati»
E Genova, con la vostra sede di Cornigliano, in via De Cavero, è
sede nazionale.
«Il partito con i suoi 50 anni, ha una storia ben
radicata nel tessuto genovese, grazie a compagni , non come me o come il console
della Culmv Benvenuti, che un po' sanno chi siamo, ma grazie gente che lavoro
sodo e in silenzio».
Che senso ha schierarsi oggi con Lotta
Comunista?
«Lotta Comunista non pensa di risolvere i problemi del
capitalismo, ma crede si possa essere sempre a fianco dei lavoratori che in
questa società contano sempre di meno».
Intanto nelle fabbriche vi
contendete il terreno con M5S?
«Noi non ci mescoliamo con loro. Siamo
marxisti, loro non si capisce, l'unico punto in comune è che siamo contro il
governo, ma lo erano anche il Pci e il Msi eppure avevano distanze
immense».
Come si vota ora in fabbrica?
«Faccio prima un esempio:
alla sezione Cabral del Pci gli iscritti erano intorno ai 1100 oggi al circolo
Pd sono iscritti in due. Il Pd non c'è, la gente o non vota o vota Cinque Stelle
e altri sparsi. E manca la classe politica locale».
Il sindaco Marco
Doria è venuto.
«Sì, persona corretta, ma troppo formalista, Marta
Vincenzi con tutti i suoi difetti li avrebbe minacciati con la fascia da
sindaco. E poi, diciamolo, quando c'era Burlando, alzava il telefono e sapeva
con chi parlare, si dà del tu con Napolitano, conosce la fabbriche. Ora chi
glielo dice a Roma come stiamo noi? Meno male che è venuta Susanna Camusso,
l'abbiamo applaudita».
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