La quinta parte delle Tesi Politiche del Congresso di Lione del Partito Comunista d'Italia (gennaiio 1926)
In prima linea è un problema politico: quello della base della organizzazione. La organizzazione del partito deve essere costruita sulla base della produzione e quindi del luogo di lavoro (cellule). Questo principio è essenziale per la creazione di un partito "bolscevico". Esso dipende dal fatto che il partito deve essere attrezzato per dirigere il movimento di massa della classe operaia, la quale viene naturalmente unificata dallo sviluppo del capitalismo secondo il processo della produzione.
Ponendo la base organizzativa nel luogo della produzione, il partito compie un atto di scelta della classe sulla quale esso si basa. Esso proclama di essere un partito di classe e il partito di una sola classe, la classe operaia.
Tutte le obbiezioni al principio che pone la organizzazione del partito sulla base della produzione partono da concezioni che sono legate a classi estranee al proletariato, anche se sono presentate da compagni e gruppi che si dicono di "estrema sinistra". Esse si basano sopra una considerazione pessimista delle capacità rivoluzionarie dell'operaio e dell'operaio comunista, e sono espressione dello spirito antiproletario del piccolo borghese intellettuale, il quale crede di essere il sale della terra e vede nell'operaio lo strumento materiale dello sconvolgimento sociale e non il protagonista cosciente e intelligente della rivoluzione.
Si riproducono nel partito italiano a proposito delle cellule la discussione e il contrasto che portarono in Russia alla scissione tra bolscevichi e menscevichi a proposito del medesimo problema della scelta della classe, del carattere di classe del partito e del modo di adesione al partito di elementi non proletari. Questo fatto ha del resto, in relazione con la situazione italiana, una importanza notevole. È la stessa struttura sociale e sono le condizioni e le tradizioni della lotta politica quelle che rendono in Italia assai più serio che altrove il pericolo di edificare il partito in base a una "sintesi" di elementi eterogenei, cioè di aprire in esso la via alla influenza paralizzatrice di altre classi. Si tratta di un pericolo che sarà inoltre reso sempre più grave dalla stessa politica del fascismo, che spingerà sul terreno rivoluzionario intieri strati della piccola borghesia.
È certo che il partito comunista non può essere solo un partito di operai. La classe operaia e il suo partito non possono fare a meno degli intellettuali né possono ignorare il problema di raccogliere intorno a sé e guidare tutti gli elementi che per una via o per un'altra sono spinti alla rivolta contro il capitalismo. Cosi pure il Partito comunista non può chiudere le porte ai contadini: esso deve anzi avere nel suo seno dei contadini e servirsi di essi per stringere il legame politico tra il proletariato e le classi rurali. Ma è da respingere energicamente, come controrivoluzionaria, ogni concezione che faccia del partito una "sintesi" di elementi eterogenei, invece di sostenere senza concessioni di sorta che esso è una parte del proletariato, che il proletariato deve dargli la impronta della organizzazione che gli è propria e che al proletariato deve essere garantita nel partito stesso una funzione direttiva.
La base dell'organizzazione del partito
29. Tutti
i problemi di organizzazione sono problemi politici. La soluzione di essi deve
rendere possibile al partito di attuare il suo compito fondamentale, di far
acquistare al proletariato una completa indipendenza politica, di dargli una
fisionomia, una personalità, una coscienza rivoluzionaria precisa, di impedire
ogni infiltrazione e influenza disgregatrice di classi cd elementi i quali, pur
avendo interessi contrari al capitalismo, non vogliono condurre la lotta contro
di esso fino alle sue conseguenze ultime.
In prima linea è un problema politico: quello della base della organizzazione. La organizzazione del partito deve essere costruita sulla base della produzione e quindi del luogo di lavoro (cellule). Questo principio è essenziale per la creazione di un partito "bolscevico". Esso dipende dal fatto che il partito deve essere attrezzato per dirigere il movimento di massa della classe operaia, la quale viene naturalmente unificata dallo sviluppo del capitalismo secondo il processo della produzione.
Ponendo la base organizzativa nel luogo della produzione, il partito compie un atto di scelta della classe sulla quale esso si basa. Esso proclama di essere un partito di classe e il partito di una sola classe, la classe operaia.
Tutte le obbiezioni al principio che pone la organizzazione del partito sulla base della produzione partono da concezioni che sono legate a classi estranee al proletariato, anche se sono presentate da compagni e gruppi che si dicono di "estrema sinistra". Esse si basano sopra una considerazione pessimista delle capacità rivoluzionarie dell'operaio e dell'operaio comunista, e sono espressione dello spirito antiproletario del piccolo borghese intellettuale, il quale crede di essere il sale della terra e vede nell'operaio lo strumento materiale dello sconvolgimento sociale e non il protagonista cosciente e intelligente della rivoluzione.
Si riproducono nel partito italiano a proposito delle cellule la discussione e il contrasto che portarono in Russia alla scissione tra bolscevichi e menscevichi a proposito del medesimo problema della scelta della classe, del carattere di classe del partito e del modo di adesione al partito di elementi non proletari. Questo fatto ha del resto, in relazione con la situazione italiana, una importanza notevole. È la stessa struttura sociale e sono le condizioni e le tradizioni della lotta politica quelle che rendono in Italia assai più serio che altrove il pericolo di edificare il partito in base a una "sintesi" di elementi eterogenei, cioè di aprire in esso la via alla influenza paralizzatrice di altre classi. Si tratta di un pericolo che sarà inoltre reso sempre più grave dalla stessa politica del fascismo, che spingerà sul terreno rivoluzionario intieri strati della piccola borghesia.
È certo che il partito comunista non può essere solo un partito di operai. La classe operaia e il suo partito non possono fare a meno degli intellettuali né possono ignorare il problema di raccogliere intorno a sé e guidare tutti gli elementi che per una via o per un'altra sono spinti alla rivolta contro il capitalismo. Cosi pure il Partito comunista non può chiudere le porte ai contadini: esso deve anzi avere nel suo seno dei contadini e servirsi di essi per stringere il legame politico tra il proletariato e le classi rurali. Ma è da respingere energicamente, come controrivoluzionaria, ogni concezione che faccia del partito una "sintesi" di elementi eterogenei, invece di sostenere senza concessioni di sorta che esso è una parte del proletariato, che il proletariato deve dargli la impronta della organizzazione che gli è propria e che al proletariato deve essere garantita nel partito stesso una funzione direttiva.
30. Non hanno consistenza le obbiezioni pratiche alla
organizzazione sulla base della produzione (cellule), secondo le quali questa
struttura organizzativa non permetterebbe di superare la concorrenza tra
diverse categorie di operai e darebbe il partito in balia al funzionarismo.
La pratica del movimento di fabbrica (1919 20) ha dimostrato che solo una organizzazione aderente al luogo e al sistema della produzione permette di stabilire un contatto tra gli strati superiori e gli strati inferiori della massa lavoratrice (qualificati, non qualificati e manovali) e di creare vincoli di solidarietà che tolgono le basi ad ogni fenomeno di "aristocrazia operaia".
La organizzazione per cellule porta alla formazione nel partito di uno strato assai vasto di elementi dirigenti (segretari di cellula, membri dei comitati di cellula, ecc.), i quali sono parte della massa e rimangono in essa pure esercitando funzioni direttive, a differenza dei segretari delle sezioni territoriali i quali erano di necessità elementi staccati dalla massa lavoratrice. Il partito deve dedicare una cura particolare alla educazione di questi compagni che formano il tessuto connettivo, della organizzazione e sono lo strumento del collegamento con le masse. Da qualsiasi punto di vista venga considerata, la trasformazione della struttura sulla base della produzione rimane compito fondamentale del partito nel momento presente, e mezzo per la soluzione dei più importanti suoi problemi. Si deve insistere in essa e intensificare tutto il lavoro ideologico e pratico che ad essa è relativo.
La pratica del movimento di fabbrica (1919 20) ha dimostrato che solo una organizzazione aderente al luogo e al sistema della produzione permette di stabilire un contatto tra gli strati superiori e gli strati inferiori della massa lavoratrice (qualificati, non qualificati e manovali) e di creare vincoli di solidarietà che tolgono le basi ad ogni fenomeno di "aristocrazia operaia".
La organizzazione per cellule porta alla formazione nel partito di uno strato assai vasto di elementi dirigenti (segretari di cellula, membri dei comitati di cellula, ecc.), i quali sono parte della massa e rimangono in essa pure esercitando funzioni direttive, a differenza dei segretari delle sezioni territoriali i quali erano di necessità elementi staccati dalla massa lavoratrice. Il partito deve dedicare una cura particolare alla educazione di questi compagni che formano il tessuto connettivo, della organizzazione e sono lo strumento del collegamento con le masse. Da qualsiasi punto di vista venga considerata, la trasformazione della struttura sulla base della produzione rimane compito fondamentale del partito nel momento presente, e mezzo per la soluzione dei più importanti suoi problemi. Si deve insistere in essa e intensificare tutto il lavoro ideologico e pratico che ad essa è relativo.
Compattezza della organizzazione del partito. Frazionismo.
31. La organizzazione di un partito bolscevico deve essere,
in ogni momento della vita del partito, una organizzazione centralizzata,
diretta dal Comitato centrale non solo a parole, ma nei fatti. Una disciplina
proletaria di ferro deve regnare nelle sue file. Questo non vuol dire che il
partito debba essere retto dall'alto con sistemi autocratici. Tanto il Comitato
centrale quanto gli organi inferiori di direzione sono formati in base a una
elezione e in base a una scelta di elementi capaci compiuta attraverso la prova
del lavoro e la esperienza del movimento. Questo secondo elemento garantisce
che i criteri per la formazione dei gruppi dirigenti locali e del gruppo
dirigente centrale non siano meccanici, esteriori e "parlamentari",
ma corrispondano a un processo reale di formazione di una avanguardia
proletaria omogenea e collegata con la massa.
Il principio della elezione degli organi dirigenti democrazia interna non è assoluto, ma relativo alle condizioni della lotta politica. Anche quando esso subisca limitazioni, gli organi centrali e periferici devono sempre considerare il loro potere non come sovrapposto, ma come sgorgante dalla volontà del partito, e sforzarsi di accentuare il loro carattere proletario e di moltiplicare i loro legami con la massa dei compagni e con la classe operaia. Quest'ultima necessità è particolarmente sentita in Italia, dove la reazione costrinse e costringe tuttora ad una forte limitazione della democrazia interna.
La democrazia interna è pure relativa a] grado di capacità politica posseduta dagli organi periferici e dai singoli compagni che lavorano alla periferia. L'azione che il centro esercita per accrescere questa capacità rende possibile una estensione dei sistemi "democratici" e una riduzione sempre più grande del sistema della "cooptazione" e degli interventi dall'alto per regolare le questioni organizzative locali.
Il principio della elezione degli organi dirigenti democrazia interna non è assoluto, ma relativo alle condizioni della lotta politica. Anche quando esso subisca limitazioni, gli organi centrali e periferici devono sempre considerare il loro potere non come sovrapposto, ma come sgorgante dalla volontà del partito, e sforzarsi di accentuare il loro carattere proletario e di moltiplicare i loro legami con la massa dei compagni e con la classe operaia. Quest'ultima necessità è particolarmente sentita in Italia, dove la reazione costrinse e costringe tuttora ad una forte limitazione della democrazia interna.
La democrazia interna è pure relativa a] grado di capacità politica posseduta dagli organi periferici e dai singoli compagni che lavorano alla periferia. L'azione che il centro esercita per accrescere questa capacità rende possibile una estensione dei sistemi "democratici" e una riduzione sempre più grande del sistema della "cooptazione" e degli interventi dall'alto per regolare le questioni organizzative locali.
32. La centralizzazione e la compattezza del partito esigono
che non esistano nel suo seno gruppi organizzati i quali assumano carattere di
frazione. Un partito bolscevico si differenzia per questo profondamente dai
partiti socialdemocratici i quali comprendono una grande varietà di gruppi e
nei quali la lotta di frazioni è la forma normale di elaborazione delle
direttive politiche e di selezione dei gruppi dirigenti. I partiti e la
Internazionale comunista sono sorti in seguito ad una lotta di frazioni
svoltasi nel seno della Il Internazionale. Costituendosi come partiti e come
organizzazione mondiale del proletariato essi hanno eletto a norma della loro
vita interna e del loro sviluppo non più la lotta di frazioni, ma la
collaborazione organica di tutte le tendenze attraverso la partecipazione agli
organi dirigenti.
La esistenza e la lotta di frazioni sono infatti inconcepibili con la essenza del partito del proletariato, di cui spezzano la unità aprendo la via alla influenza di altre classi. Questo non vuol dire che nel partito non possano sorgere tendenze e che le tendenze talora non cerchino di organizzarsi in frazioni, ma vuol dire che contro quest'ultima eventualità si deve lottare energicamente per ridurre i contrasti di tendenze, le elaborazioni di pensiero e la selezione dei dirigenti alla forma che è propria dei partiti comunisti, cioè a un processo di svolgimento male e unitario (dialettico) e non a una controversia e a lotte di carattere "parlamentare".
La esistenza e la lotta di frazioni sono infatti inconcepibili con la essenza del partito del proletariato, di cui spezzano la unità aprendo la via alla influenza di altre classi. Questo non vuol dire che nel partito non possano sorgere tendenze e che le tendenze talora non cerchino di organizzarsi in frazioni, ma vuol dire che contro quest'ultima eventualità si deve lottare energicamente per ridurre i contrasti di tendenze, le elaborazioni di pensiero e la selezione dei dirigenti alla forma che è propria dei partiti comunisti, cioè a un processo di svolgimento male e unitario (dialettico) e non a una controversia e a lotte di carattere "parlamentare".
33. La
esperienza del movimento operaio, fallito in seguito alla impotenza del PSI,
per la lotta delle frazioni e per il fatto che ogni frazione faceva,
indipendentemente dal partito, la sua politica, paralizzando l'azione delle
altre frazioni e quella del partito intiero, questa esperienza offre un buon
terreno per creare e mantenere la compattezza e la centralizzazione che devono
essere proprie di un partito bolscevico.
Tra i diversi gruppi da cui il Partito comunista d'Italia ha tratto origine sussiste qualche differenziazione, che deve scomparire con un approfondimento della comune ideologia marxista e leninista. Solo tra i seguaci della ideologia antimarxista di estrema sinistra si sono mantenute a lungo una omogeneità e una solidarietà di carattere frazionistico. Dal frazionismo larvato si è anzi fatto il tentativo di passare alla lotta aperta di frazione, con la costituzione del cosiddetto "Comitato d'intesa". La profondità con cui il partito reagì a questo insano tentativo di scindere le sue forze dà affidamento sicuro che cadrà nel vuoto, in questo campo, ogni tentativo per farci ritornare alle consuetudini della socialdemocrazia.
Il pericolo di un frazionismo esiste in una certa misura anche per la fusione con i terzinternazionalisti del Partito socialista. I terzinternazionalisti non hanno una loro ideologia in comune, ma sussistono tra loro dei legami di carattere essenzialmente corporativo, creatisi nei due anni di vita come frazione in seno al PSI: questi legami sono andati sempre più allentandosi e non sarà difficile eliminarli totalmente.
La lotta contro il frazionismo deve essere anzitutto propaganda di giusti principi organizzativi, ma essa non avrà successo sino a che il partito italiano non potrà nuovamente considerare la discussione dei problemi attuali suoi e della Internazionale come fatto normale, e orientare le sue tendenze in relazione a questi problemi.
Tra i diversi gruppi da cui il Partito comunista d'Italia ha tratto origine sussiste qualche differenziazione, che deve scomparire con un approfondimento della comune ideologia marxista e leninista. Solo tra i seguaci della ideologia antimarxista di estrema sinistra si sono mantenute a lungo una omogeneità e una solidarietà di carattere frazionistico. Dal frazionismo larvato si è anzi fatto il tentativo di passare alla lotta aperta di frazione, con la costituzione del cosiddetto "Comitato d'intesa". La profondità con cui il partito reagì a questo insano tentativo di scindere le sue forze dà affidamento sicuro che cadrà nel vuoto, in questo campo, ogni tentativo per farci ritornare alle consuetudini della socialdemocrazia.
Il pericolo di un frazionismo esiste in una certa misura anche per la fusione con i terzinternazionalisti del Partito socialista. I terzinternazionalisti non hanno una loro ideologia in comune, ma sussistono tra loro dei legami di carattere essenzialmente corporativo, creatisi nei due anni di vita come frazione in seno al PSI: questi legami sono andati sempre più allentandosi e non sarà difficile eliminarli totalmente.
La lotta contro il frazionismo deve essere anzitutto propaganda di giusti principi organizzativi, ma essa non avrà successo sino a che il partito italiano non potrà nuovamente considerare la discussione dei problemi attuali suoi e della Internazionale come fatto normale, e orientare le sue tendenze in relazione a questi problemi.
Il funzionamento della organizzazione del partito
34. Un partito bolscevico deve essere organizzato in modo da
poter funzionare, in qualsiasi condizione, a contatto con la massa. Questo
principio assume la più grande importanza tra di noi, per la compressione che
il fascismo esercita allo scopo di impedire che i rapporti di forze reali si
traducano in rapporti di forze organizzate. Soltanto con la massima
concentrazione e intensità della attività del partito si può riuscire a
neutralizzare almeno in parte questo fattore negativo e ad ottenere che esso
non intralci profondamente il processo della rivoluzione. Devono essere perciò
presi in considerazione:
a) il numero degli iscritti e la loro capacità politica; essi devono essere tanti da permettere una continua estensione della nostra influenza. È da combattere la tendenza a tenere artificialmente ristretti i quadri: essa porta alla passività, alla atrofia. Ogni iscritto però deve essere un elemento politicamente attivo, capace di diffondere la influenza del partito, e tradurre quotidianamente in atto le direttive di esso, guidando una parte della massa lavoratrice;
b) la utilizzazione di tutti i compagni in un lavoro pratico;
c) il coordinamento unitario delle diverse specie di attività a mezzo di comitati nei quali si articola tutto il partito come organo di lavoro tra le masse;
d) il funzionamento collegiale degli organi centrali del partito, considerato come condizione per la costituzione di un gruppo dirigente "bolscevico" omogeneo e compatto;
e) la capacità dei compagni di lavorare tra le masse, di essere continuamente presenti tra di esse, di essere in prima fila in tutte le lotte, di sapere in ogni occasione assumere e tenere la posizione che è propria dell'avanguardia del proletariato. Si insiste su questo punto perché la necessità del lavoro sotterraneo e la errata ideologia di "estrema sinistra" hanno prodotto una limitazione della capacità di lavoro tra le masse e con le masse;
f) la capacità degli organismi periferici e dei singoli compagni di affrontare situazioni imprevedute e di prendere atteggiamenti esatti anche prima che giungano disposizioni dagli organismi superiori. È da combattere la forma di passività, residuo essa pure delle false concezioni organizzative dell'estremismo, che consiste nel sapere solo "attendere gli ordini dall'alto". Il partito deve avere alla base una sua "iniziativa", cioè gli organi di base devono saper reagire immediatamente ad ogni situazione imprevista e improvvisa;
g) la capacità di compiere un lavoro "sotterraneo" (illegale) e di difendere il partito dalla reazione di ogni sorta senza perdere il contatto con le masse, ma facendo servire come difesa il contatto stesso con i più vasti strati della classe lavoratrice. Nella situazione attuale una difesa del partito e del suo apparato che sia ottenuta riducendosi ad esplicare una attività di semplice "organizzazione interna" è da considerare come un abbandono della causa della rivoluzione.
Ognuno di questi punti è da considerare con attenzione perché indica insieme un difetto del partito e un progresso che gli si deve far compiere. Essi hanno tanto maggiore importanza in quanto è da prevedere che i colpi della reazione indeboliranno ancora l'apparato di collegamento tra il centro e la periferia, per quanto grandi siano gli sforzi per mantenerlo intatto.
a) il numero degli iscritti e la loro capacità politica; essi devono essere tanti da permettere una continua estensione della nostra influenza. È da combattere la tendenza a tenere artificialmente ristretti i quadri: essa porta alla passività, alla atrofia. Ogni iscritto però deve essere un elemento politicamente attivo, capace di diffondere la influenza del partito, e tradurre quotidianamente in atto le direttive di esso, guidando una parte della massa lavoratrice;
b) la utilizzazione di tutti i compagni in un lavoro pratico;
c) il coordinamento unitario delle diverse specie di attività a mezzo di comitati nei quali si articola tutto il partito come organo di lavoro tra le masse;
d) il funzionamento collegiale degli organi centrali del partito, considerato come condizione per la costituzione di un gruppo dirigente "bolscevico" omogeneo e compatto;
e) la capacità dei compagni di lavorare tra le masse, di essere continuamente presenti tra di esse, di essere in prima fila in tutte le lotte, di sapere in ogni occasione assumere e tenere la posizione che è propria dell'avanguardia del proletariato. Si insiste su questo punto perché la necessità del lavoro sotterraneo e la errata ideologia di "estrema sinistra" hanno prodotto una limitazione della capacità di lavoro tra le masse e con le masse;
f) la capacità degli organismi periferici e dei singoli compagni di affrontare situazioni imprevedute e di prendere atteggiamenti esatti anche prima che giungano disposizioni dagli organismi superiori. È da combattere la forma di passività, residuo essa pure delle false concezioni organizzative dell'estremismo, che consiste nel sapere solo "attendere gli ordini dall'alto". Il partito deve avere alla base una sua "iniziativa", cioè gli organi di base devono saper reagire immediatamente ad ogni situazione imprevista e improvvisa;
g) la capacità di compiere un lavoro "sotterraneo" (illegale) e di difendere il partito dalla reazione di ogni sorta senza perdere il contatto con le masse, ma facendo servire come difesa il contatto stesso con i più vasti strati della classe lavoratrice. Nella situazione attuale una difesa del partito e del suo apparato che sia ottenuta riducendosi ad esplicare una attività di semplice "organizzazione interna" è da considerare come un abbandono della causa della rivoluzione.
Ognuno di questi punti è da considerare con attenzione perché indica insieme un difetto del partito e un progresso che gli si deve far compiere. Essi hanno tanto maggiore importanza in quanto è da prevedere che i colpi della reazione indeboliranno ancora l'apparato di collegamento tra il centro e la periferia, per quanto grandi siano gli sforzi per mantenerlo intatto.
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