Questi ultimi giorni hanno messo fine
all'unanimità di intenti, alle parole diplomatiche con cui i governi
precedenti, padroni dell'acciaio, poteri forti hanno affrontato la
questione Ilva facendo sembrare che tutti dicessero le stesse cose e
tutti volessero le stesse cose.
Ora siamo di fronte a Bondi che ha
presentato un piano industriale, che non si capisce, a questo punto, a
nome di chi o per conto di chi.
Di presunti tecnici che incaricati da padroni e governo di svolgere una
funzione poi se ne vadano per conto loro, cercando di diventare poi
gli effettivi padroni di aziende e attività a cui vengono
adibiti e assumendo un ruolo che li fa passare da servi a padroni, la
storia italiana è piena, e non sappiamo se gli ultimi avvenimenti
siano la manifestazione di questo processo. Perchè stando a quando
scrivono i giornali, e in primis il più "autorevole" di essi, il Sole
24 Ore, il piano industriale di Bondi non piace a nessuno, se non ai
commissari Bondi/Ronchi, a qualche ministro che ci capisce poco, ai
sindacalisti confederali, Palombella in testa, che dicono sempre SI, a prescindere, al padrone di turno.
Il cuore del piano sembra essere da un
lato quello di recuperare clienti e mercato sul piano nazionale
attraverso una sorta di mercato protetto che spinga le aziende
italiane ad approvvigionarsi in maniera quasi esclusiva dall'Ilva e
dall'altro un processo di metanizzazione che muti impianti,
attraverso prima l'acquisto e poi l'autoproduzione del cosiddetto
“preridotto”.
Rimandiamo a schede aggiuntive e a
citazione la natura tecnica della questione.
E' evidente che questa scelta ha
bisogno di soldi, molti molti soldi, che Bondi intende chiedere alla
proprietà, in second'ordine ad altri soggetti, prevalentemente
Banche però non ad altri industriali, e in terz'ordine chiedendo un
nuovo decreto che renda più fattibile l'utilizzo dei fondi
sequestrati o sequestrabili nell'inchiesta giudiziaria in corso.
E' evidente che questo piano poi
avrà come effetto sugli operai “mano libera” nella
ristrutturazione, nell'occupazione, flessibilizzazione e, pensiamo noi,
anche riduzione dei salari.
Ma in realtà la vera questione è che
questo piano vuole fare di Bondi il nuovo padrone – per fare una
similitudine, come è avvenuto nella Fiat con l'operazione
Marchionne.
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