da REDBLOCK
corrispondenza da Tunisi
Sabato
mattina 17 Maggio, nella centrale Avenue Bourghuiba a Tunisi, si è
svolta una manifestazione davanti la sede del Ministero dell’Interno
per chiedere la scarcerazione del famoso blogger Azyz Amami
arrestato lo scorso 15 Maggio a La Goullette (sobborgo marittimo di
Tunisi). La manifestazione era formata principalmente da giovani che
hanno denunciato l’ennessimo atto repressivo da parte di questo
“governo tecnico” di transizione contro i giovani ribelli che
hanno animato la rivolta di fine 2010/inizio 2011 che ha permesso la
caduta del governo fascista e pluridecennale di Ben Ali sostenuto
dall’imperialismo occidentale.
Azyz
è accusato di consumo e spaccio di stupefacenti (cannabis), questo
reato in Tunisia è punito severamente fino a 5 anni di detenzione
più una multa fino a 3000 dt (1450€). In realtà è molto
probabile che il giovane blogger sia stato “incastrato” dalla
manovalanza solerte e sempre attiva del Ministero degli Interni.
Giusto pochi giorni prima il suo arresto, Azyz aveva lanciato una
campagna virtuale dal nome “Anche io ho bruciato una stazione di
polizia”, solidarizzando con i molti giovani sotto processo
e arresto con l’accusa di aver bruciato caserme di polizia durante
la rivolta, formato “gang”, diffamazione e disturbato l’ordine
pubblico: lo stato borghese dopo aver cambiato volto, ma non la
sostanza, processa la rivolta ed i suoi protagonisti principali: i
giovani che, insieme ai lavoratori, alle donne, ai disoccupati e al
popolo tunisino hanno messo fine alla dittatura di Ben Ali!
In
particolare i giovani di Djerba, di Kram, di Bouzayen e Gafsa sono
tutti accusati di “diffamazione” contro personalità legate
all’ex partito di regime lo RCD o per aver organizzato sit-in di
protesta contro i recenti assassini politici di noti esponenti
sindacali e di sinistra (Chokri Belaid e Mohamed Brahmi) uccisi
presumibilmente dai salafiti con la connivenza dell’ex governo
islamista a guida Ennhadha. In alcune località come Bouzayene,
Regueb, Meknassi e Jelma, la popolazione sta organizzando dei
comitati di sostegno per i giovani e organizza molto frequentemente
manifestazioni davanti i tribunali.
Tornando
alla recente manifestazione a Tunisi, i giovani hanno mostrato di
non voler più chinare la testa davanti a questa continua
criminalizzazione, e dopo aver lanciato slogans quali “Ministero
dell’Interno è il Ministero del Terrorismo”, “Anch’io ho
bruciato una stazione di polizia”, “Fedeli al sangue dei
Martiri”, “Azyz, Sabri e Bou Zayan liberi!”, “Abbasso lo
stato di polizia”, “Se la rivoluzione è un crimine, allora
incriminateci tutti”, hanno simbolicamente iniziato a tagliare il
filo spinato intorno al Ministero.
Per
chi non lo sapesse, il Ministero dell’Interno tunisino è
eccessivamente militarizzato, il filo spinato percorre gli isolati e
i marciapiedi adiacenti, nella principale Avenue Bourguiba su cui il
Ministero si affaccia il filo spinato è presente anche nella parte
centrale e pedonale della strada, tutto il suo perimetro è off
limits e pedoni e mezzi sono costretti a deviazioni. È un luogo
“istintivamente” odiato da molti tunisini in quanto all’interno
i prigioneri politici vengono trattenuti e torturati. I primi mesi
dopo la rivolta tutto questo apparato di filo spinato era stato
smantellato per poi ripristanrlo subito dopo come chiaro segno di
“normalizzazione” e continuità col passato...
Tant’è
vero che i giovani immediatamente sono stati attaccati dalla polizia
e inseguiti nelle vicine Rue de Marseille e Avenue de Paris, proprio
in quest’ultima uno di essi ha rischiato di essere arrestato ma
come testimonia questo VIDEO è
stato prontamente liberato dagli altri giovani che erano con lui
mettendo in fuga i poliziotti. Sorte meno fortunata hanno avuto due
reporter che sono stati fermati e tradotti in caserma dalla polizia.
A
quasi 4 anni dalla rivolta (o “rivoluzione” come comunemente
viene chiamata dai tunisini) e il seguente cambio ai vertici del
potere, solo la borghesia compradora ha capitalizzato i principali
risultati di questi eventi affidandosi prima agli islamisti (che
tutt’ora sono influenti) e in seguito a questo governo tecnico che
sta traghettando il Paese verso nuove elezioni generali da tenersi
entro quest’anno in data ancora da definire.
I
giovani, i lavoratori, le donne e i disoccupati stanno pagando il
cosidetto “periodo di transizione” osannato da organizzazioni
internazionali, capi di stato e di governo di tutto il mondo come un
esempio da seguire nell’area, al prezzo di aumento della
disoccupazione, diminuizione del potere d’acquisto mentre allo
stesso tempo tutti i partiti parlamentari seduti alla costituente
pensano solo alla prova elettorale e ad alleanze, mentre gli
esponenti dell’ex regime vengono scarcerati uno dopo l’altro a
partire dagli ex funzionari del Ministero dell’Interno. Chi tenta
di riprendere il filo di continuità con la rivolta viene
incarcerato e processato.
La
rivolta era iniziata al grido di pane, lavoro e libertà, allo stato
attuale la libertà di parola (pur sempre negli stretti recinti
della fragile democrazia borghese tunisina) deve rappresentare solo
un primo passo per completare il lavoro inconcluso e messo in
pericolo dai nuovi padroni che si sono sostituiti al vecchio. Il
fermento che ancora permane nelle università, sui posti di lavoro e
nelle strade se riuscirà a trovare la giusta “direzione” in
modo da organizzarsi e strutturarsi potrà dare risposte concrete ai
bisogni delle masse nel quadro di una vera “rivoluzione” di
nuova democrazia.
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