se ne vuoi sapere di più visita il blog del comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare in india in inglese
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India. Toyota scioperi
Scioperi e proteste dei lavoratori dei lavoratori da una
parte, che vanno avanti da tempo e che si sono accentuati negli ultimi
25 giorni. Sindacati da 10 mesi in trattativa serrata, che cercano di
sottoscrivere un nuovo contratto ma senza risultati. Anzi. Il padrone, e
che padrone visto che parliamo di Toyota Kirloskar Motor India (Tkm),
sussidiaria della casa automobilistica nipponica, domenica ha annunciato
la chiusura dei due stabilimenti nello stato del Karnataka, vicino
Bangalore. Ma andiamo con ordine. Un accordo non raggiunto, dunque,
nonostante sette incontri tenuti presso il Dipartimento del lavoro dello
stato del Karnataka e una situazione che diventa sempre più tesa, con
gli operai che chiedono la riduzione dei carichi di lavoro e rivendicano
aumenti salariali e che - “istigati dal sindacato”, accusa Toyota India
- hanno anche bloccato la catena di montaggio e di conseguenza la
produzione.
Così domenica, giorno non lavorativo, il gigante
automobilistico ha preso la decisione e ha annunciato ufficialmente che,
per motivi di “sicurezza” chiuderà i due stabilimenti indiani, che
danno lavoro a circa 6.400 persone e producono circa 310.000 unità
l’anno (soprattutto per il mercato interno).
"La società non ha avuto altra scelta che dichiarare
una chiusura dei locali per garantire la sicurezza dei lavoratori e del
personale", si legge nella nota ufficiale riportata dai quotidiani
locali, nel quale Toyota Kirloskar parla anche di “intimidazioni
e minacce verso i quadri dell'azienda».
Un “blocco illegale”, quello di Toyota denuncia il
sindacato dei lavoratori – che comunque non interromperò le trattative -
perché è stato deciso unilateralmente e senza il preavviso obbligatorio
di 14 giorni.
Il blocco dell’attività in India arriva a distanza di una settimana
dall’aumento di stipendio che Toyota Motor ha dovuto elargire ai suoi
lavoratori giapponesi – l’aumento di stipendio più grande in 21 anni - e
due mesi dopo che le proteste in Thailandia lo avevano portato a dire
che potrebbero ripensare gli investimenti.
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