Erano i primi mesi del 2018 e nei pressi di Macerata si consumava un agguato a mano armata ai danni di 5 migranti, erano i giorni del corteo ANTIFASCISTA a Genova dopo l’accoltellamento di un ragazzo da parte di alcuni fascisti, era quindi la giornata di Piacenza, la contestazione per l’apertura di una seda di Casapound, la violenza della polizia e la risposta decisa di un corteo autodeterminato e autoprotetto.
La mia incarcerazione inizia per essermi difeso da un’aggressione da parte delle “forze dell’ordine” che sempre più spesso detengono il monopolio della violenza.
Il 15 febbraio 2018, 5 giorni dopo il corteo di Piacenza, mentre lavoravo presso il ristorante La Credenza di Bussoleno, 6 uomini di cui 4 in passamontagna e 2 a volto scoperto ed una donna hanno fatto irruzione nel locale e mi hanno messo le manette ai polsi; più che realtà sembrava la scena di un
film creata per intimidire e spaventare non tanto me ma chi mi sta accanto o chi viene nel locale per mangiare o bersi una birra.
Ancora oggi se si digita il mio nome e il mio cognome si può vedere il video girato ad arte dalla Polizia di Torino quasi fatto a sfregio e poi messo su tutti i canali di comunicazione Internet che mi sta procurando non pochi danni d’immagine.
La mia incarcerazione inizia per essermi difeso da un’aggressione da parte delle “forze dell’ordine” che sempre più spesso detengono il monopolio della violenza.
Il 15 febbraio 2018, 5 giorni dopo il corteo di Piacenza, mentre lavoravo presso il ristorante La Credenza di Bussoleno, 6 uomini di cui 4 in passamontagna e 2 a volto scoperto ed una donna hanno fatto irruzione nel locale e mi hanno messo le manette ai polsi; più che realtà sembrava la scena di un
film creata per intimidire e spaventare non tanto me ma chi mi sta accanto o chi viene nel locale per mangiare o bersi una birra.
Ancora oggi se si digita il mio nome e il mio cognome si può vedere il video girato ad arte dalla Polizia di Torino quasi fatto a sfregio e poi messo su tutti i canali di comunicazione Internet che mi sta procurando non pochi danni d’immagine.
Ho trascorso 3 mesi nel carcere di Piacenza e sono stato successivamente spostato ai domiciliari a San Didero, da una persona molto di cuore che ha accettato di ospitarmi pur di farmi uscire dal carcere. Dopo un totale di 8 mesi sono riuscito, con molta fatica e mettendomi in discussione e in gioco, a farmi trasferire nella mia abitazione dove ho la residenza ed un contratto d’affitto e a rientrare sul luogo di lavoro.
Il rientro a lavoro mi ha dato una bella boccata di libertà, grazie ai titolari e alle mie colleghe e colleghi, ma in questi 2 anni di arresti domiciliari mi è stata strappata la libertà non tanto per quello che è successo ma per dare dimostrazione che lo stato reprime e ti deruba della libertà, usarmi come un esempio e spaventare le generazioni future di antagonisti.
Ho visto però che nei giorni successivi al mio arresto la solidarietà è stata molta, la vicinanza delle persone con cui lotto e vivo la quotidianità della mia vita è stata la mia forza, ma anche la vicinanza di persone che non conosco ma si sono interessate al mio caso, da nord al sud Italia, la solidarietà non è mancata. Nei giorni successivi agli arresti per il corteo di Piacenza si sono susseguiti moltissimi cortei Antifascisti e molta è stata la repressione da parte di carabinieri e polizia, molte le denunce e le manganellate per dissuadere una popolazione che rivendica con orgoglio e fierezza il fatto di essere Antifascista.
Molto è passato da quel 15 febbraio e il freddo delle manette, il lungo viaggio da Torino a Piacenza, le porte del carcere che si chiudevano alle mie spalle, il buio della cella eppure siamo ancora qui, e lo saremo sempre.
Cari compagni e compagne mando un abbraccio ed un saluto a voi che ogni giorno lottate anche per chi non può manifestare il proprio dissenso e un grande GRAZIE a tutti coloro che in questi 2 anni mi hanno supportato con le lettere mentre ero in carcere e con la loro vicinanza adesso che sono ai domiciliari. "
Da LIBERIAMOLI E LIBERIAMOLE
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