domenica 9 febbraio 2020

pc 9 febbraio - A PROPOSITO DEL REFERENDUM DEL 29 MARZO SUL TAGLIO DEI PARLAMENTARI - PERCHE' SI DEVE ESSERE CONTRO QUESTO TAGLIO

Dal giornale proletari comunisti di settembre 2019

"Il taglio dei parlamentari, lungi dall'essere un attacco alla casta, ai costi della politica, ne è una vera esaltazione, perchè è del tutto evidente che riducendo il numero dei parlamentari l'effetto immediato è meno parlamentari che contano molto di più che hanno nelle mani molti più soldi e leve finanziarie, molto più potere reale, mentre si riduce enormemente la platea degli eletti e in generale anche degli elettori, perchè si tratta di meccanismi che alimentano l'astensionismo – basta vedere quello che succede nei secondi turni di tutti i tipi di elezioni.
Quindi è una riforma pro casta e antidemocratica. E' una riforma che va esattamente nella direzione di Salvini e Renzi, perchè aumenta il peso e la possibilità di maggioranze anche assolute del primo
partito, cioè quello che ottiene maggiori voti. Con la riduzione dei parlamentari se si votasse oggi la maggioranza assoluta di Salvini sarebbe scontata.
A parlamenti ancora più saldamente nelle mani del partito di maggioranza, corrispondono governi più forti e dittatoriali che hanno meno ostacoli nel far passare leggi e decreti.
Per di più, evidentemente, questo tipo di situazioni riduce enormemente le possibilità di liste democratiche minori di entrare nel parlamento.
Quindi, la riduzione del numero dei parlamentari è una riforma reazionaria che va denunciata e combattuta.

Su di essa vi è il pieno accordo finora non solo dei due partiti del precedente governo, M5S e Lega, ma su cui converge anche il PD. La foglia di fico della riforma del PD è quella di inserire il taglio dei parlamentari dentro un piano più generaliìe di modifiche delle leggi elettorali e della Costituzione.
Su questo i due partiti attuali del governo sono pronti a marciare uniti.
I 5 punti sono: l'introduzione della sfiducia costruttiva – anche qui bisogna smontare molto della demagogia antipolitica sulla instabilità dei governi, dei “cambi di casacca”, ecc. per mettere in luce lo scopo vero: dare stabilità e forza ai governi dei padroni e renderli inamovibili. Si può sfiduciare un governo solo quando è già stata formata una maggioranza alternativa.

Nella democrazia borghese più si rafforzano i poteri dei governi, e si rende difficile rimuoverli, più aumenta la loro capacità di essere “comitati d'affari della classe dominante”, senza per altro metterli al riparo dalla composizione delle maggioranze alternative frutto neanche più delle elezioni ma degli accordi blindati tra le forze politiche del parlamento esistenti.

Altro punto di questa riforma è la riduzione degli elettori del presidente della Repubblica, nonché la partecipazione dei governatori all'assemblea di palazzo madama. Anche questo vuol dire aumentare il peso dei partiti maggiori nelle elezioni del presidente della Repubblica e rendere il presidente della Repubblica ancor meno super partes sin dalle elezioni.
Vanno in direzione pure di ridurre la dialettica parlamentare a favore del governo, il voto di fiducia all'esecutivo in seduta congiunta, la parificazione dell'elettorato passivo e attivo dei due rami del parlamento. Si potrebbero usare qui tutte le argomentazioni espresse in occasione dell'Assemblea costituente, quando si cercò di costruire delle Istituzioni nate dalla Resistenza. Anche allora però passarono soluzioni non soddisfacenti, dentro la logica della conciliazione e della Resistenza incompiuta. 

A questa riforma costituzionale, travestita da provvedimenti minori, verrebbe affiancata una riforma elettorale che Repubblica definisce “una sorta di salvavita per PD e M5S”. Essa si basa sulla difesa apparente del principio di rappresentanza. Ma non si tratta di vera legge proporzionale, rivendicazione democratica dei comunisti, dei progressisti e dei proletari nel sistema di democrazia borghese, perchè sarebbe supportata, al solito, da una forte clausola di sbarramento – 4/5% - che confermerebbe l'andazzo attuale del parlamento borghese".

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