domenica 9 febbraio 2020

pc 9 febbraio - Egitto, arrestato al Cairo studente dell'Università di Bologna: "Torturato con l'elettroshock".


Altro che commissioni per la verità sul caso Regeni, l'unica cosa certa è che il governo italiano continua a fare affari con il regime del boia Al Sisi, mentre in Egitto ci sono stati 75.000 arresti per ragioni politiche in 6 anni

dal manifesto:
La notizia della vendita di due navi militari Fremm della Fincantieri al Cairo, data dal manifesto il 5 febbraio, ha destato proteste parlamentari. Erasmo Palazzotto (Leu), presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni: «Garantire l’approvvigionamento di armi a un paese come l’Egitto ci fa perdere credibilità, oltre a essere in aperto contrasto con gli impegni assunti da governo e parlamento sulla ricerca della verità».

«Il governo italiano sta facendo approfondimenti tecnici per decidere se vendere all’Egitto due fregate militari della nostra Marina – dice Lia Quartapelle, capogruppo dem in commissione Esteri alla Camera – Servono però valutazioni politiche». «La presenza dell’ambasciatore italiano al Cairo non serviva a contribuire a trovare gli assassini di un nostro concittadino, bensì a fare affari», il commento di Nicola Fratoianni (Si).

dalla stampa:
“Patrick George Zaky e’ stato picchiato, sottoposto a elettroshock, minacciato e interrogato in merito al suo lavoro e al suo attivismo. I legali ci hanno assicurato che sul corpo mostra segni visibili delle violenze”. Lo ha riferito all’agenzia Dire l’Egyptian initiative for human rights (Eifr), l’ong per cui il ricercatore egiziano collabora.
“Pubblicazione e diffusione di false notizie sul proprio profilo Facebook”. Questa l’accusa che la magistratura egiziana ha mosso contro Patrick George Zaky. Il giovane
studente egiziano di 27 anni e’ stato arrestato giovedi’ all’aeroporto internazionale del Cairo, dove era appena atterrato con un volo partito dall’Italia. Nel nostro Paese e’ iscritto da settembre al master in Gender studies (Gemma) dell’Universita’ di Bologna.
“E’ stato arrestato nella notte tra giovedi’ e venerdi’ al Cairo. Per ore abbiamo perso le sue tracce, non sapevamo chi lo avesse preso ne’ cosa volessero. Non gli hanno permesso di contattare nessuno”, ha confermato Thabit.
Stamattina infine la famiglia, gli amici e i colleghi di Zaki hanno saputo che “Zaky e’ stato trasferito nel commissariato della sua citta’, Mansoura. E’ ancora li’ e lo stanno interrogando”. Finalmente sono stati resi noti i capi d’accusa, con cui e’ stato spiccato un mandato d’arresto nel dicembre 2019, ma di cui lo studente non era a conoscenza. “Patrick e’ stato accusato di diffondere false notizie sui social media, spingere le persone a protestare contro le istituzioni, spingere le persone a sollevarsi contro le istituzioni e usare i social media in modo da danneggiare la sicurezza nazionale”.
Tutti reati, prosegue l’attivista, “che il regime impiega per mettere facilmente la gente in carcere. Eppure- insiste Thabit- non sono accuse fondate: Patrick e’ un ragazzo tranquillo, non ha mai fatto niente di male e non ha precedenti. E’ solo un attivista per i diritti”. Da quando il presidente Abdel Fattah Al-Sisi e’ salito al potere, nel 2013, in molti in Egitto hanno denunciato una stretta alle liberta’ individuali e allo spazio di espressione. Migliaia le persone incarcerate in processi definiti dalle ong come “sommari”.
Ora, Mina Thabit conferma il clima di repressione: “Vengono arrestati attivisti, giornalisti, avvocati o anche persone che non hanno mai partecipato a manifestazioni o attivita’ particolari, solo perche’ non sono dalla parte del governo”. La sensazione, prosegue il responsabile, “e’ che non solo vogliano prevenire critiche e proteste, ma anche punire le persone per il movimento di piazza del 2011”. In quell’anno, imponenti cortei per chiedere riforme democratiche portarono alla caduta del presidente Hosni Mubarak, al potere da trent’anni.
Cosi’, le cause giudiziarie diventerebbero uno strumento di repressione: “Tutti i capi d’accusa contestai a Zaky – avverte Thabit – conducono all’accusa di terrorismo”. Vale a dire, “appartenenza a un gruppo oppure propaganda terroristica”, date le accuse relative alle fake news e al “cattivo uso” dei social network. Per questo, “e’ molto probabile che dopo l’interrogatorio, Zaky sara’ incarcerato”.

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