La polveriera mediorientale è pronta ad esplodere. le potenze imperialiste
continuano non solo ad alimentare la guerra civile dopo la fine dei
bombardamenti NATO del 2011 ma anche a acuire i contrasti tra esse
stesse, nel conflitto più internazionalizzato del mondo, come lo
chiamano gli analisti borghesi. Migliaia di mercenari sudanesi e
ciadiani in questi giorni si sono aggiunti al caos.
Il 2 gennaio è stata approvato dal
Parlamento turco l’invio di personale militare turco in Libia.
Una mossa osteggiata dalle principali
potenze imperialiste europee tra cui Gran Bretagna e Francia e il
presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Questa decisione ha
consentito al gen Haftar di proclamare la Jihad e giocare la carta
del nazionalismo arabo e di denunciare l' occupazione turca, un
secolo dopo che parti della Libia erano stati sotto l'impero
ottomano.
La Turchia in cambio ha firmato un
accordo con la Libia di Al-Sarraj sulla cooperazione militare e un
memorandum d'intesa sulla delimitazione delle zone marittime tra i
due paesi, un accordo d
i cooperazione marittimo sul rifornimento del gas del fondo marino per definire fasce Zee (Zone Economiche Esclusive) in modo da tagliare in mezzo l’EastMed, composto da Grecia, Cipro, Egitto (ed Israele) ostili alla Turchia.
i cooperazione marittimo sul rifornimento del gas del fondo marino per definire fasce Zee (Zone Economiche Esclusive) in modo da tagliare in mezzo l’EastMed, composto da Grecia, Cipro, Egitto (ed Israele) ostili alla Turchia.
L'intervento diretto/indiretto di
Russia ed Europa rappresenta l'ulteriore benzina sul fuoco.
La conferenza di Berlino sulla Libia,
sponsorizzata dalle Nazioni Unite, a cui parteciperanno paesi
europei, nordafricani e mediorientali, nonché le Nazioni Unite,
l'Unione europea, l'Africa e l'Unione africana, si terrà il 19
gennaio, una decisione che arriva dopo i recenti sviluppi della
guerra sul campo che, dall'inizio dell'offensiva di aprile contro
Tripoli, oltre 280 civili e circa 2.000 combattenti sono stati uccisi
e 146.000 libici sfollati, secondo le Nazioni Unite.
Dal punto di vista militare, negli
ultimi 15/20 giorni, le truppe guidate da Haftar hanno guadagnato
terreno a nord fino a spingersi nell’immediata periferia
meridionale di Tripoli, ha bersagliato a più riprese l’aeroporto
di Mitiga con fuoco d’artiglieria ed ha colpito una scuola militare
a Misurata.
E' controversa la notizia della
conquista dell'importante città portuale di Sirte da parte dell’LNA
che, se fosse così, è sicuramente un successo tattico per il
generale Haftar, che gli permette di controllare caserme, basi aeree
ed il porto dov’è attraccata la sua ”ammiraglia” della Marina,
impedendo che Sirte potesse diventare un hub logistico per le truppe
turche e interrompendo la continuità territoriale delle aree
costiere sotto controllo del GNA tra Sirte e Misurata. Il signore
della guerra della Cirenaica è sostenuto da Russia (che rappresenta
gli interessi delle società e compagnie petrolifere russe che
aspirano a rientrare in Libia dopo i bombardamenti NATO e che
attualmente è sul campo di battaglia con i mercenari del gruppo
Wagner), Francia, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.
Il 13 gennaio Al-Sarraj e Haftar erano
a Mosca per firmare un accordo sul cessate il fuoco e hanno trascorso
sette ore nel tentativo di mettere una firma per una tregua
permanente in Libia a seguito di un cessate il fuoco che è entrato
in vigore nel fine settimana.
Haftar non ha firmato il documento
perchè conteneva il ritiro dei miliziani haftariani dalle postazioni
in Tripolitania, e non c’è nemmeno la firma del presidente della
Camera dei rappresentati (il parlamento libico), del capo dell’Alto
consiglio di stato (organo consultivo del Consiglio presidenziale
guidato da Serraj e creato dall’Onu quattro anni fa) e del Tripoli
Group dell’HoR (il gruppo di parlamentari eletti nel 2014 che
appoggia dichiaratamente il processo Onu).
Russa e Turchia intanto si fanno “i
garanti” della tregua, a confermare chi sono attualmente i
protagonisti di questa guerra, e cosa vogliono: dividersi la Libia in
due parti rappresentate dalla Tripolitania del Gna (a ovest) sotto
l’influenza turca e quella Cirenaica (a est) sotto quella russa. E'
la contesa per le materie prime alla base di tutto: è il gasdotto
TurkStream (lungo 930 km) che dal Mar Nero fino a Kikikoy (a ovest di
Istanbul) pomperà un flusso potenziale annuale di gas russo pari a
circa 30miliardi di metri cubi. Il Turkstream ribadisce gli ottimi
rapporti tra Russia e Turchia sia dal punto di vista diplomatico (il
recente caso siriano con l’intesa anti-curda) che economico
(l’acquisto da parte turca lo scorso anno del sistema di difesa
missilistico S-400). Quel gasdotto con il nome di South Stream doveva
costruirlo l’italiana Saipem ma fu bloccato da Europa e Stati Uniti
per sanzionare la Russia sull’Ucraina.
In questo quadro geopolitico in
continuo cambiamento, cioè il quadro di uno scontro
interimperialista che ha per contesa il gas, il petrolio e l'egemonia
di alcuni predoni imperialisti a discapito degli altri, che
l'imperialismo italiano prova a recuperare terreno sulla Libia,
quella che un tempo veniva chiamata dal fascismo “Quarta Sponda”
con cui si era ritagliato un "posto al sole" tra le potenze
coloniali sulla pelle delle masse libiche, comunque sempre una “
priorità strategica” per gli interessi capitalistici.
In Libia infatti opera l'Eni,
multinazionale italiana che nel 2018 è stata classificata come
ottavo gruppo petrolifero mondiale per giro d'affari, e produce la
maggior parte del suo gas in Egitto e Libia, con la pipeline Green
Stream. La stessa Eni produce l’80% dell’energia elettrica
libica.
E senza dimenticare il gasdotto
Greenstream che dai giacimenti di Bahr Essalam e Wafa trasporta il
gas in Sicilia.
Ma non solo petrolio. In quanto ex colonia, l'Italia ha anche dato via a moltissimi progetti infrastrutturali in Libia, in cui sono implicate diverse aziende italiane.
Ma non solo petrolio. In quanto ex colonia, l'Italia ha anche dato via a moltissimi progetti infrastrutturali in Libia, in cui sono implicate diverse aziende italiane.
Il quotidiano il messaggero del 13
gennaio riporta: “il ministro degli Esteri Luigi Di Maio
continua a spingere per dar vita a una missione di
interposizione in Libia, simile all'operazione Unifil in
Libano a comando italiano realizzata per garantire il rispetto del
cessate il fuoco tra Israele e le milizie di Hezbollah. Un
coinvolgimento dei caschi blu che dovrebbe avvenire dietro richiesta
dei libici e che Al Serraj ha già fatto capire di essere favorevole.
In attesa di questo possibile scenario, il ministero della Difesa sta
approntando un nuovo decreto missioni che tenga
conto della necessità di dover rafforzare la nostra
presenza in Libia. Attualmente la missione italiana,
composta di circa 250 uomini, lavora a protezione dell'ospedale da
campo di Misurata e sostiene la guardia costiera libica impegnata a
contrastare il traffico di armi ed esseri umani. Già qualche giorno
fa il ministro della Difesa Lorenzo Guerini aveva parlato
dell'esigenza di una «riconfigurazione» delle missioni che potrebbe
alla fine portare in Libia un numero maggiore di uomini e mezzi
distogliendoli da altri scenari di crisi. Con una spesa di
un miliardo e mezzo l'Italia ha ad oggi circa 500 militari in Kosovo,
un migliaio in Libano, 800 in Afghanistan e 900 in Iraq”.
I caschi blu sono
solo nella testina di Di Maio, basta guardare il comportamento dei
predoni imperialisti: il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
si è riunito 14 volte sulla Libia da aprile senza approvare una
risoluzione sul cessate il fuoco. Al Serraj e Haftar che si sparano
addosso possono trovare un accordo nel richiedere l'intervento
militare ONU?
L'Italia sta cercando di difendere in
Libia la sua postazione. Ma viene snobbata e perde terreno.
L'azione dell'Italia viene affidata ai
sorrisi ebeti e inconcludenti di Di Maio e alla tranquillità di
Conte che si muovono come delle mosche in un bicchiere, celebrano
tregue inesistenti e vengono esautorati sia dai capi del regime
libico sia in Europa, dove Di Maio si schiera di fatto con la
Turchia.
L'Italia affonda nel pantano libico e
per tornare a galla non potrà che rafforzare l'aiuto militare. E non
sarà un caso che il TG2 - sfacciatamente schierato a destra, con
vari giornalisti di area leghista - riprendeva i "fasti"
delle campagne militari italiane in Libia degli anni 20 che anticipò
la spietata guerra del fascismo.
Noi comunisti in un paese imperialista
gioiamo quando il nostro imperialismo perde terreno.
La "tregua" che cercano di
proporre ha chiaramente solo un basso interesse economico e politico,
non certo mettere fine ad una guerra che sta martoriando la
popolazione libica.
Da un lato c'è la difesa
dell'interesse delle multinazionali italiani nella zona, in primis i
grandi profitti l'ENI, dall'altro c'è la preoccupazione di una
ripresa massiccia delle migrazioni verso l'Italia, questa volta degli
stessi libici.
Questa azione del governo italiano
mentre per il momento è inconcludente all'estero, all'interno viene
utilizzata da Salvini, per la sua propaganda elettorale
fascio-populista, antimmigrati.
Ma è la borghesia vuole comunque
maggior serietà e difesa dell'interesse generale e non del
particolare
Per i proletari, per gli
antimperialisti, antifascisti/antirazzisti, per i comunisti
rivoluzionari il primo nemico è sempre il nostro imperialismo
italiano.
Lo è stato nella battaglia contro
l'azione dell'Italia in Libia, con gli accordi fatti con i regimi
libici dai governi precedenti da Berlusconi a Gentiloni/Minniti, con
il sostegno alla criminale guardia costiera, che ha portato a
mantenere e rafforzare i lager, le torture, le morti nei campi e in
mare di centinaia di uomini, donne, bambini migranti - intervento che
ha accompagnato l'escalation della guerra in corso. Lo è a maggior
ragione oggi in cui la popolazione libica non ha certo bisogno di chi
penosamente tenta una "soluzione diplomatica" che metta
insieme due banditi: Sarraj e Haftar, uno con alle spalle il sostegno
della Turchia, e dell'Europa, l'altro dell'Egitto, Russia, Arabia
Saudita, ma ha bisogno di liberarsi di ogni regime e di ogni
imperialismo.
Nessun commento:
Posta un commento