Filippine: elezioni medio termine, trionfo dei candidati vicini a Duterte
Manila, 14 mag 04:33 - (Agenzia Nova) - I candidati vicini al presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, si preparano ad ampliare significativamente la loro maggioranza al Senato, dopo le elezioni di medio termine che si sono tenute in quel paese nella giornata di ieri, 13 maggio. A spoglio ormai ultimato, 9 del 12 candidati più votati, che si aggiudicheranno la metà dei seggi al Senato, sono esponenti del partito di Duterte o di altre formazioni politiche che ne sostengono l’amministrazione. I rimanenti tre candidati sono indipendenti, ma a loro volta vicini al presidente in un modo o nell’altro: Grace Poe e Nancy Binay, entrambi senatori uscenti, hanno scelto di condurre la campagna elettorale senza affiliazioni a
un partito, ma sono nondimeno esponenti della maggioranza parlamentare che appoggia il presidente; Lito Lapid, il terzo degli “indipendenti” che figurano nella lista della dozzina di candidati più votati, ha espresso pubblicamente il proprio sostegno alle politiche più controverse del capo dello Stato, inclusa la sanguinosa guerra al narcotraffico. Il conteggio ufficiale dei voti da parte della Commissione nazionale filippina avrà inizio nella giornata di oggi.
Circa 60 milioni di cittadini delle Filippine sono stati chiamati alle urne ieri, 13 maggio, per le elezioni generali che rinnoveranno metà del Senato, la Camera bassa e diverse amministrazioni locali del paese. Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha affrontato le elezioni da una posizione di forza senza precedenti nella recente storia democratica del paese. Il voto, che costituisce un fondamentale termometro degli orientamenti politici del paese a metà del mandato presidenziale di sei anni, potrebbe consegnare alle forze vicine a Duterte tutti e 12 i seggi del Senato oggetto della contesa elettorale. Tale risultato costituirebbe un accadimento inedito per le Filippine dalla fine del regime di Ferdinand Marcos, nel 1986. Giunto a metà del suo mandato, Duterte gode del consenso più elevato da quando è stato eletto, da giugno 2016, grazie anche al progressivo calo del tasso di inflazione, contenuto tramite il ricorso a misure straordinarie, e l’aumento del rating sovrano da parte di Standard & Poor’s.
Il consenso pubblico goduto dal presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è tornato a segnare massimi record il mese scorso, rafforzando il capo dello Stato in vista delle elezioni. Il record di consensi goduto da Duterte giunge a dispetto delle polemiche internazionali sul rispetto dei diritti umani nel paese, e delle rinnovate tensioni territoriali con la Cina, che vedono Manila in una posizione scomoda, a metà tra Washington e Pechino. Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da Social Weather Stations, alla fine di marzo Duterte godeva di un tasso di consenso del 79 per cento, in sensibile aumento rispetto al 74 per cento registrato a dicembre. La percentuale degli elettori filippini che hanno espresso insoddisfazione nei confronti del presidente, invece, è calata al 13 per cento, attestando il “tasso di soddisfazione netto” al 66 per cento, pari al record assoluto registrato nel secondo trimestre 2017.
Un Senato controllato dagli alleati di Duterte consentirebbe di accelerare l’agenda dell’amministrazione presidenziale, che tra gli altri obiettivi prevede la riforma del sistema fiscale e la transizione a una forma di governo federale. La Camera dei rappresentanti, che conta in tutto 297 seggi, è composta per l’80 per cento da rappresentanti diretti dei 234 distretti legislativi del paese, ognuno comprendente circa 250mila persone. Storicamente, la Camera è solita appoggiare presidenti dagli orientamenti populisti, come quelli del capo dello Stato attualmente in carica. L’ultima rilevazione del consenso al presidente Duterte risale a metà aprile: proprio in quei giorni, l’amministrazione Duterte ha criticato pubblicamente Pechino per la presenza di pescherecci cinesi vicino alle isole del Mar Cinese Meridionale rivendicate da Manila. Tale presa di posizione pubblica ha placato le critiche rivolte da più parti al presidente per la sua percepita debolezza nei confronti della prima potenza asiatica, a fronte dell’espansionismo marittimo di Pechino. La contesa marittima si è affermata dallo scorso anno come una questione di primo piano nel contesto del dibattito politico domestico, ed è divenuto uno dei principali argomenti degli attacchi delle opposizioni al presidente in carica.
Secondo Ramon Casiple, direttore esecutivo dell’Istituto per la riforma politica ed elettorale, con sede a Manila, il quadro a pochi giorni dalle elezioni generali nelle Filippine esibisce una superiorità schiacciante delle forze vicine a Duterte, ma non sono da escludere mutamenti almeno parziali delle ultime ore. “I dati (diffusi nei giorni scorsi) sono indicativi delle tendenze, ma non vanno assolutamente ritenuti una previsione esatta dei risultati”.
La vittoria schiacciante attribuita dai dati preliminari al presidente Duterte potrebbe anche consentire al capo dello Stato di superare le obiezioni residuali al ripristino della pena di morte nel paese. La dura piattaforma del presidente in materia di giustizia – che include, tra le altre cose, l’abbassamento dell’età minima per il riconoscimento della responsabilità penale da 15 a 12 anni – è stata uno dei fattori cruciali del suo trionfo alle elezioni presidenziali del 2016.
Manila, 14 mag 04:33 - (Agenzia Nova) - I candidati vicini al presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, si preparano ad ampliare significativamente la loro maggioranza al Senato, dopo le elezioni di medio termine che si sono tenute in quel paese nella giornata di ieri, 13 maggio. A spoglio ormai ultimato, 9 del 12 candidati più votati, che si aggiudicheranno la metà dei seggi al Senato, sono esponenti del partito di Duterte o di altre formazioni politiche che ne sostengono l’amministrazione. I rimanenti tre candidati sono indipendenti, ma a loro volta vicini al presidente in un modo o nell’altro: Grace Poe e Nancy Binay, entrambi senatori uscenti, hanno scelto di condurre la campagna elettorale senza affiliazioni a
un partito, ma sono nondimeno esponenti della maggioranza parlamentare che appoggia il presidente; Lito Lapid, il terzo degli “indipendenti” che figurano nella lista della dozzina di candidati più votati, ha espresso pubblicamente il proprio sostegno alle politiche più controverse del capo dello Stato, inclusa la sanguinosa guerra al narcotraffico. Il conteggio ufficiale dei voti da parte della Commissione nazionale filippina avrà inizio nella giornata di oggi.
Circa 60 milioni di cittadini delle Filippine sono stati chiamati alle urne ieri, 13 maggio, per le elezioni generali che rinnoveranno metà del Senato, la Camera bassa e diverse amministrazioni locali del paese. Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha affrontato le elezioni da una posizione di forza senza precedenti nella recente storia democratica del paese. Il voto, che costituisce un fondamentale termometro degli orientamenti politici del paese a metà del mandato presidenziale di sei anni, potrebbe consegnare alle forze vicine a Duterte tutti e 12 i seggi del Senato oggetto della contesa elettorale. Tale risultato costituirebbe un accadimento inedito per le Filippine dalla fine del regime di Ferdinand Marcos, nel 1986. Giunto a metà del suo mandato, Duterte gode del consenso più elevato da quando è stato eletto, da giugno 2016, grazie anche al progressivo calo del tasso di inflazione, contenuto tramite il ricorso a misure straordinarie, e l’aumento del rating sovrano da parte di Standard & Poor’s.
Il consenso pubblico goduto dal presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, è tornato a segnare massimi record il mese scorso, rafforzando il capo dello Stato in vista delle elezioni. Il record di consensi goduto da Duterte giunge a dispetto delle polemiche internazionali sul rispetto dei diritti umani nel paese, e delle rinnovate tensioni territoriali con la Cina, che vedono Manila in una posizione scomoda, a metà tra Washington e Pechino. Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da Social Weather Stations, alla fine di marzo Duterte godeva di un tasso di consenso del 79 per cento, in sensibile aumento rispetto al 74 per cento registrato a dicembre. La percentuale degli elettori filippini che hanno espresso insoddisfazione nei confronti del presidente, invece, è calata al 13 per cento, attestando il “tasso di soddisfazione netto” al 66 per cento, pari al record assoluto registrato nel secondo trimestre 2017.
Un Senato controllato dagli alleati di Duterte consentirebbe di accelerare l’agenda dell’amministrazione presidenziale, che tra gli altri obiettivi prevede la riforma del sistema fiscale e la transizione a una forma di governo federale. La Camera dei rappresentanti, che conta in tutto 297 seggi, è composta per l’80 per cento da rappresentanti diretti dei 234 distretti legislativi del paese, ognuno comprendente circa 250mila persone. Storicamente, la Camera è solita appoggiare presidenti dagli orientamenti populisti, come quelli del capo dello Stato attualmente in carica. L’ultima rilevazione del consenso al presidente Duterte risale a metà aprile: proprio in quei giorni, l’amministrazione Duterte ha criticato pubblicamente Pechino per la presenza di pescherecci cinesi vicino alle isole del Mar Cinese Meridionale rivendicate da Manila. Tale presa di posizione pubblica ha placato le critiche rivolte da più parti al presidente per la sua percepita debolezza nei confronti della prima potenza asiatica, a fronte dell’espansionismo marittimo di Pechino. La contesa marittima si è affermata dallo scorso anno come una questione di primo piano nel contesto del dibattito politico domestico, ed è divenuto uno dei principali argomenti degli attacchi delle opposizioni al presidente in carica.
Secondo Ramon Casiple, direttore esecutivo dell’Istituto per la riforma politica ed elettorale, con sede a Manila, il quadro a pochi giorni dalle elezioni generali nelle Filippine esibisce una superiorità schiacciante delle forze vicine a Duterte, ma non sono da escludere mutamenti almeno parziali delle ultime ore. “I dati (diffusi nei giorni scorsi) sono indicativi delle tendenze, ma non vanno assolutamente ritenuti una previsione esatta dei risultati”.
La vittoria schiacciante attribuita dai dati preliminari al presidente Duterte potrebbe anche consentire al capo dello Stato di superare le obiezioni residuali al ripristino della pena di morte nel paese. La dura piattaforma del presidente in materia di giustizia – che include, tra le altre cose, l’abbassamento dell’età minima per il riconoscimento della responsabilità penale da 15 a 12 anni – è stata uno dei fattori cruciali del suo trionfo alle elezioni presidenziali del 2016.
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