Dalla parte delle e dei migranti, contro il razzismo del governo
Dopo una campagna elettorale dai toni violenti, il nuovo esecutivo Salvini-Di Maio non perde tempo: la scelta di Fontana a ministro della famiglia indica chiaramente la volontà di riaffermare la famiglia come luogo centrale di imposizione di ruoli e gerarchie di genere. Questo progetto si ‘sposa’ perfettamente con quello di far pagare meno tasse ai ricchi e di scatenare una guerra razzista contro donne e uomini migranti che vede la sua ultima frontiera nella paventata chiusura dei porti italiani. Patriarcato, neoliberalismo e razzismo sono i pilastri del programma di governo.
L’omicidio razzista di Soumaila Sacko segue la sparatoria fascista a Macerata, che il neoministro dell’Interno Salvini non aveva esitato a giustificare, e l’uccisione di Idy Diene a Firenze.
In questa come in quelle occasioni, ribadiamo che non accettiamo
nessuna violenza sulla pelle delle donne e degli uomini migranti. Non accettiamo che questa violenza continui a esser legittimata attraverso l’identificazione dell'«uomo nero» con il «nemico».
Rifiutiamo la retorica che vede il migrante come potenziale usurpatore
di beni e diritti degli “italiani” o con il potenziale stupratore dal
quale le donne dovrebbero essere protette. Narrazioni e logiche distorte
che giustificano espulsioni e soprusi, mentre centinaia di donne
migranti vengono quotidianamente violentate lungo i confini costruiti
per impedire la loro libertà di movimento. Di
fronte al più esplicito sdoganamento del razzismo istituzionale di
questo governo, che porta avanti e radicalizza le politiche di quello
precedente – a partire dalla legge Minniti-Orlando -,
diciamo ancora più forte che lottare contro la violenza patriarcale
significa per noi lottare contro ogni forma di gerarchia e di
oppressione.
Lo
sciopero globale delle donne attraversa quotidianamente i confini e fa
del nostro femminismo una pratica di lotta dalla parte delle e dei
migranti. Lo abbiamo dimostrato sostenendo la battaglia di Precious,
che non ha accettato di abbassare la testa e ha lottato per rivendicare
ciò che spetta a lei e suo figlio. Lo abbiamo dimostrato sostenendo i
percorsi di organizzazione autonoma delle e dei migranti
che in Emilia Romagna hanno denunciato la gabbia dell’accoglienza, le
espulsioni, la detenzione, i respingimenti, gli abusi delle cooperative,
l’imposizione del lavoro gratuito, lo sfruttamento e il ricatto
quotidiano del permesso di soggiorno. Continueremo a farlo nelle
mobilitazioni di cui le donne e uomini migranti saranno protagonisti
nelle prossime settimane a Rimini, Modena, Bologna e Ventimiglia, perché il nostro antirazzismo non è una pratica occasionale, ma è parte integrante del nostro programma femminista di liberazione.
NON UNA DI MENO - BOLOGNA
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