lunedì 11 giugno 2018

pc 11 giugno - Brasile - Sostenere lo sciopero dei camionisti, preparare lo sciopero generale! Editoriale del giornale A Nova Democracia



 Anno XVI, n. 210 – maggio-giugno 2018
La paralisi causata dai camionisti ha mostrato la profondità della crisi generale del paese in ogni modo. Oltre ad evidenziare la fragilità del trasporto stradale (che è il risultato di un capitalismo burocratico basato sul ritardo semifeudale travestito da moderno e sottoposto al dominio imperialista semicoloniale), mostra anche la situazione generale del paese che si trova su un piano inclinato. Un piano inclinato che nessuna soluzione di facciata o presunta "efficienza manageriale" (come i partiti
politici elettorali e i monopoli della stampa vanno blaterando) può invertire. E nemmeno la sfacciataggine moralistica e redentiva della “milicada” [dispregiativo per Forze Armate] golpista leccastivale degli USA può farlo. Il Brasile è scosso e le sue vere forze sane hanno iniziato a mettersi in movimento. Da quel momento in poi, nulla rimarrà come è stato fino ad ora.
La grande adesione dei camionisti non può essere attribuita, come fanno gli opportunisti elettorali e il discorso ufficiale, a una semplice serrata (sciopero dei padroni). È vero che gran parte del movimento è guidato da interessi delle imprese (che hanno anche un maggiore accesso ai canali di negoziazione e preferenziali nel soddisfare le loro richieste), ma il gran numero di conducenti dipendenti da queste stesse aziende di trasporto sono sottoposti a condizioni di lavoro assurde. Altrettanto assurdo è il fatto che oltre il 40% della flotta di camion appartiene ai lavoratori che hanno investito i loro ultimi risparmi per l'acquisto del veicolo e vivono in condizioni di lavoro disumane imposte dai vettori e grandi imprese che contrattano il nolo, che appiattiscono i valori dei noleggi e impongono termini impraticabili, rendendo impossibile la sopravvivenza dei conducenti e la manutenzione dei camion stessi. Si aggiunge a questo il pedaggio eccessivo sulle strade.
Anche prima della carenza di carburante e cibo e del caos nei trasporti pubblici, ci fu un grande sostegno popolare alla mobilitazione, e perfino altre categorie si sono unite a proprio modo alle proteste, come ad esempio furgoni, tassisti e conducenti di moto taxi. Anche i petrolieri hanno dato l'indicazione di uno sciopero, fino alla chiusura di questa edizione.
La gestione illegittima del cadavere politico Temer, che è sembrato sorpreso dalle dimensioni del movimento e messo con le spalle al muro, si è diviso tra misure temporanee di riduzioni fiscali e del prezzo del gasolio e le trattative con i rappresentanti delle grandi imprese di trasporto. Il 24 maggio è uscito un primo accordo, ma i camionisti autonomi si sono rifiutati di porre fine allo sciopero e hanno costretto a nuovi negoziati nel fine settimana.
Forse un atto più pianificato, e sotto il manto strappato di "accordo" fatto con presunti capi dei camionisti, è stato il decreto di Garanzia della Legge e Ordine (GLO), che ha autorizzato le Forze Armate (FF.AA.) a intervenire contro i lavoratori in nome del "ristabilimento dell'ordine", il giorno 25. Tale decreto era una richiesta diretta del comando dell'esercito. Nella sua dichiarazione per annunciare l'autorizzazione, Temer si riempì la bocca per liberare la vecchia chiacchiera fascista della "minoranza radicale" tra i lavoratori disoccupati.
Sarebbe questa "minoranza radicale", per caso, fatta dai “militaristucoli” dell'estrema destra che si pronuncia apertamente a favore delle Forze Armate chiamando il movimento di sciopero a creare il massimo caos per rovesciare il governo con un intervento militare? Certo che no. È il vecchio marchio della reazione usato per accusare i lavoratori e i rivoluzionari. Questa estrema destra vuole far precipitare il colpo di stato militare, ma i cospiratori guidati dagli Stati Uniti desiderano prima generare una grande opinione pubblica a favore dell'idea che solo le FF.AA. hanno la credibilità per portare il paese fuori da questo piano inclinato.

Truppe delle FF.AA. cominciarono a spostarsi in diverse parti, andando verso i punti di blocco, principalmente agli ingressi delle raffinerie, per assicurare la circolazione delle autocisterne, che cominciò a essere fatto il 28.
Noi stiamo denunciando da diverse edizioni la marcia di un colpo di stato militare controrivoluzionario preventivo contro l'inevitabile ribellione delle masse a questo sistema di sfruttamento e di oppressione. Nello scenario di caos nei trasporti, carenze generali e repressione nel forzare la fine del movimento di sciopero, viene a trovarsi, a causa delle circostanze, la possibilità che del suo disfacimento ancora più rapido. Intanto, la tendenza dei cospiratori è di aspettare le elezioni (che già indicano un clamoroso fallimento). Da questa prospettiva, è sufficiente osservare che non esistono né forze politiche né candidati che possano rappresentare un minimo di credibilità e capacità di stabilizzare il paese. Questa bancarotta potenzierà la crisi con una maggiore fuga di capitali.
È necessario che i veri democratici e rivoluzionari sostengano risolutamente lo sciopero, difendendo il diritto degli autotrasportatori, degli autonomi e della piccola e media impresa contro i grandi gruppi che vogliono usare i lavoratori per tirare le castagne dal fuoco al posto loro. Questi grandi imprenditori dei trasporti sono stati storicamente legati alla reazione e al regime militare-fascista. Non si tratta, quindi, di sollecitare il ritiro delle manifestazioni per paura di un colpo di stato militare, ancor meno per il gusto dell'opportunismo elettorale, che ignorando la propria parte di colpa nella situazione attuale nazionale, punta tutto nella successiva farsa elettorale, dove niente di buono può venire per il popolo.
Per i veri democratici e rivoluzionari, si impone il dovere di difendere gli interessi dei lavoratori in questo sciopero, mobilitare e ampliare il consenso popolare verso la costruzione di uno sciopero generale di tutti i lavoratori e delle lavoratrici nel paese, contro le "riforme" che sopprimono e calpestano i diritti storici conquistati duramente. Pertanto, si tratta di politicizzare le masse per resistere e opporre la giusta ribellione popolare al colpo di stato militare controrivoluzionario in corso.
Né golpe militare, né farsa elettorale. Solo la rivoluzione democratica può liberare il popolo e la nazione dal caos, dalla miseria e dalla rapina imperialista.

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