Ragazzo ucciso, il racconto della famiglia: "Non era un violento, vogliamo giustizia"
di Fabio Canessa
martedì
12 giugno 2018
GENOVA - "Mio figlio non era aggressivo. È stato
provocato. Se nessuno lo avesse attaccato, lui non avrebbe reagito.
Voleva solo parlare con la sua fidanzata, ma non glielo hanno permesso. Voglio
giustizia, me lo hanno ammazzato come un animale. Ma lui non era un
delinquente".
È il grido di dolore di Lourdes Garcia, la madre di Jefferson Tomalà, il 21enne morto domenica scorsa in casa sua a Sestri Ponente durante una colluttazione coi poliziotti che volevano bloccarlo per praticargli un trattamento sanitario obbligatorio. Ad assistere i familiari, la donna 49enne e il fratello Santiago, sono gli avvocati Maurizio e Andrea Tonnarelli.
Lourdes e Santiago hanno ricostruito quei drammatici momenti. La loro versione verrà probabilmente ascoltata dai magistrati coordinati dal pm Walter Cotugno che ha aperto un'inchiesta per omicidio
colposo a carico dell'agente che ha esploso i colpi di pistola contro Jefferson. L'esame sul cadavere effettuato dal medico legale Luca Tajana ha accertato che Jefferson è stato colpito con almeno cinque colpi di pistola all'altezza del torace in punti vitali. L'autopsia vera e propria verrà eseguita lunedì: il medico ha richiesto una tac per individuare la presenza di eventuali proiettili ritenuti all'interno del corpo. Nei prossimi giorni verrà incaricato un perito balistico.
La sera prima il giovane e la fidanzata avevano litigato. "Erano solo due ragazzi gelosi, stavano insieme da poco tempo", racconta la madre. Jefferson e Angie avevano una bimba di appena due mesi. Sabato sera la ragazza, dopo l'ennesimo scontro, aveva deciso di prendere la figlia e andarsene dalla casa dei Tomalà, in via Borzoli, dove era ospitata. Jefferson, per distrarsi, sta fuori per tutta la notte.
"È tornato a casa verso le 7 - racconta Lourdes - aveva bevuto, ha vomitato e poi si è messo a dormire. Verso mezzogiorno ho visto che era andato in cucina. Sentivo che cercava tra le posate. Poi sono andata a controllare e ho notato che mancava un coltellino col manico giallo". A quel punto la donna si allarma. Jefferson va a parlarle, ma lei lo allontana e gli chiede di andare in camera sua a riposarsi. Santiago cerca di mediare tra i due: "Mamma, Jefferson vuole abbracciarti". La signora si sposta in camera sua per rincuorarlo: "Mi ha fatto vedere che si era fatto dei graffietti sulle braccia". È qui che parte la chiamata al 112. "Ho chiesto che arrivasse un ambulanza", spiega Lourdes.
Ma da quel momento in poi, secondo la versione dei familiari del giovane, non del tutto corrispondente a quella degli inquirenti, la situazione degenera. "Dopo cinque minuti si sono presentati due poliziotti. Man mano la casa si è riempita di agenti e dottori". Nel frattempo Santiago, il fratello, si trova in camera con Jefferson. Racconta: "Era sdraiato sul letto e parlava con me. Era sotto le coperte, diceva che non voleva incontrare nessuno, solo dormire e parlare con la sua ragazza". La 19enne quindi viene chiamata dalla madre di Jefferson, ma le sarebbe stato impedito di entrare.
"L'hanno spinta fuori - aggiunge Santiago - I poliziotti si sono messi i guanti. Lui mi ha chiesto: perché? E ripeteva: ‘non dovete toccarmi, non ho fatto niente'. Mi hanno detto di convincerlo a seguirli perché altrimenti avrebbero dovuto bloccarlo e sedarlo".
"Mio fratello - continua il giovane - si è sentito provocato. Per questo si è alzato in piedi". In quel momento Santiago si sarebbe allontanato per parlare con la madre. "Ho sentito che volevano bloccarlo col peperoncino. Ma io conoscevo mio figlio, non avrebbe attaccato nessuno se non lo avessero attaccato loro”, afferma la madre. "C'erano otto poliziotti - prosegue Santiago -. Ho sentito le urla e dopo alcuni minuti gli spari. Siamo arrivati e abbiamo aperto la porta, ma non si poteva respirare. Ci bruciavano gli occhi". Gli agenti avevano già spruzzato lo spray. E Jefferson aveva reagito usando il coltello. "Ho visto un poliziotto insanguinato e poi mio fratello a terra, insanguinato anche lui, a petto nudo. Nessuno chiedeva un'ambulanza per lui. Mio fratello non era un delinquente, è stato tutto il tempo sotto le coperte, avrebbero potuto bloccarlo prima".
Ancora scossa la fidanzata che non riesce a darsi pace: "So che se fossi entrata lì dentro non sarebbe successo questo, lui voleva solo me. Lo amavo e lo amerò sempre", dice in lacrime mentre abbraccia la piccola Nataly. Ma allora perché la sera prima era scappata di casa? "Stavo male, non riuscivo a vederlo. Ma il giorno dopo avremmo fatto pace", dice.
Intorno alla famiglia di Jefferson si sono stretti i tanti amici italiani e i colleghi di lavoro che hanno organizzato per lui una fiaccolata per le vie di Sestri Ponente. Da qualche mese faceva l'ascensorista e per passione giocava a rugby. "Non era violento, chiedeva solo di parlare con la sua ragazza e vedere la sua bambina. Voglio giustizia", ripete la madre. "Vedremo quale sarà il risultato della perizia balistica - spiegano gli avvocati Tonnarelli - di certo, per ora, c'è che un ragazzo armato con una posata è morto. Ma aspettiamo gli accertamenti della magistratura".
È il grido di dolore di Lourdes Garcia, la madre di Jefferson Tomalà, il 21enne morto domenica scorsa in casa sua a Sestri Ponente durante una colluttazione coi poliziotti che volevano bloccarlo per praticargli un trattamento sanitario obbligatorio. Ad assistere i familiari, la donna 49enne e il fratello Santiago, sono gli avvocati Maurizio e Andrea Tonnarelli.
Lourdes e Santiago hanno ricostruito quei drammatici momenti. La loro versione verrà probabilmente ascoltata dai magistrati coordinati dal pm Walter Cotugno che ha aperto un'inchiesta per omicidio
colposo a carico dell'agente che ha esploso i colpi di pistola contro Jefferson. L'esame sul cadavere effettuato dal medico legale Luca Tajana ha accertato che Jefferson è stato colpito con almeno cinque colpi di pistola all'altezza del torace in punti vitali. L'autopsia vera e propria verrà eseguita lunedì: il medico ha richiesto una tac per individuare la presenza di eventuali proiettili ritenuti all'interno del corpo. Nei prossimi giorni verrà incaricato un perito balistico.
La sera prima il giovane e la fidanzata avevano litigato. "Erano solo due ragazzi gelosi, stavano insieme da poco tempo", racconta la madre. Jefferson e Angie avevano una bimba di appena due mesi. Sabato sera la ragazza, dopo l'ennesimo scontro, aveva deciso di prendere la figlia e andarsene dalla casa dei Tomalà, in via Borzoli, dove era ospitata. Jefferson, per distrarsi, sta fuori per tutta la notte.
"È tornato a casa verso le 7 - racconta Lourdes - aveva bevuto, ha vomitato e poi si è messo a dormire. Verso mezzogiorno ho visto che era andato in cucina. Sentivo che cercava tra le posate. Poi sono andata a controllare e ho notato che mancava un coltellino col manico giallo". A quel punto la donna si allarma. Jefferson va a parlarle, ma lei lo allontana e gli chiede di andare in camera sua a riposarsi. Santiago cerca di mediare tra i due: "Mamma, Jefferson vuole abbracciarti". La signora si sposta in camera sua per rincuorarlo: "Mi ha fatto vedere che si era fatto dei graffietti sulle braccia". È qui che parte la chiamata al 112. "Ho chiesto che arrivasse un ambulanza", spiega Lourdes.
Ma da quel momento in poi, secondo la versione dei familiari del giovane, non del tutto corrispondente a quella degli inquirenti, la situazione degenera. "Dopo cinque minuti si sono presentati due poliziotti. Man mano la casa si è riempita di agenti e dottori". Nel frattempo Santiago, il fratello, si trova in camera con Jefferson. Racconta: "Era sdraiato sul letto e parlava con me. Era sotto le coperte, diceva che non voleva incontrare nessuno, solo dormire e parlare con la sua ragazza". La 19enne quindi viene chiamata dalla madre di Jefferson, ma le sarebbe stato impedito di entrare.
"L'hanno spinta fuori - aggiunge Santiago - I poliziotti si sono messi i guanti. Lui mi ha chiesto: perché? E ripeteva: ‘non dovete toccarmi, non ho fatto niente'. Mi hanno detto di convincerlo a seguirli perché altrimenti avrebbero dovuto bloccarlo e sedarlo".
"Mio fratello - continua il giovane - si è sentito provocato. Per questo si è alzato in piedi". In quel momento Santiago si sarebbe allontanato per parlare con la madre. "Ho sentito che volevano bloccarlo col peperoncino. Ma io conoscevo mio figlio, non avrebbe attaccato nessuno se non lo avessero attaccato loro”, afferma la madre. "C'erano otto poliziotti - prosegue Santiago -. Ho sentito le urla e dopo alcuni minuti gli spari. Siamo arrivati e abbiamo aperto la porta, ma non si poteva respirare. Ci bruciavano gli occhi". Gli agenti avevano già spruzzato lo spray. E Jefferson aveva reagito usando il coltello. "Ho visto un poliziotto insanguinato e poi mio fratello a terra, insanguinato anche lui, a petto nudo. Nessuno chiedeva un'ambulanza per lui. Mio fratello non era un delinquente, è stato tutto il tempo sotto le coperte, avrebbero potuto bloccarlo prima".
Ancora scossa la fidanzata che non riesce a darsi pace: "So che se fossi entrata lì dentro non sarebbe successo questo, lui voleva solo me. Lo amavo e lo amerò sempre", dice in lacrime mentre abbraccia la piccola Nataly. Ma allora perché la sera prima era scappata di casa? "Stavo male, non riuscivo a vederlo. Ma il giorno dopo avremmo fatto pace", dice.
Intorno alla famiglia di Jefferson si sono stretti i tanti amici italiani e i colleghi di lavoro che hanno organizzato per lui una fiaccolata per le vie di Sestri Ponente. Da qualche mese faceva l'ascensorista e per passione giocava a rugby. "Non era violento, chiedeva solo di parlare con la sua ragazza e vedere la sua bambina. Voglio giustizia", ripete la madre. "Vedremo quale sarà il risultato della perizia balistica - spiegano gli avvocati Tonnarelli - di certo, per ora, c'è che un ragazzo armato con una posata è morto. Ma aspettiamo gli accertamenti della magistratura".
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