(PRIMA PARTE)
Il 25 novembre a
Roma hanno manifestato oltre centomila donne. La manifestazione e i numeri
dimostrano che il movimento delle donne continua ed è grande. E' il più grande
movimento in Italia e in Europa che attualmente c'è. A dimostrazione che,
comunque, al di là delle contraddizioni interne al movimento, le donne hanno
“una marcia in più”!
Questa
manifestazione è stata per un verso una manifestazione simile all'anno scorso,
per un altro verso diversa.
Simile, nel porre
al centro delle parole d'ordine, degli striscioni, dei cartelli, degli slogan,
la questione della violenza maschile contro le donne, della libertà di scelta
delle donne; pochissimi invece quelli che facevano riferimento agli altri
aspetti di attacco, di oppressione: lavoro, aborto, militarismo e alla denuncia
del capitalismo, alla necessità, come risposta, delle lotta e ribellione delle
donne; mentre assenti i riferimenti contro governo, padroni, Stato,
ecc.
Simile, nel
clima, spesso più da "festa" che espressione della rabbia, protesta,
combattività delle donne.
Simile, per il
carattere di classe prevalente piccolo borghese, anche medio borghese.
E' chiaro che vi
erano tante lavoratrici, precarie, ma come realtà organizzate vi era solo Usb,
alcune della Fiom e poco altro; mentre per la lotta delle scuole e Università,
Link Uds.
Diversa, perchè
mentre l'anno scorso era una manifestazione che esprimeva spontaneità, sorpresa
per la ripresa forte nazionale del movimento delle donne - e i numeri, 200mila,
stavano lì a testimoniarlo - quest'anno vi è stata meno spontaneità e più
manifestazione canonizzata. Questo se da un lato è endemico, dall'altro è frutto
essenzialmente di due aspetti:
primo, una
maggiore azione delle esponenti principalmente romane di Nudm nella fase di
organizzazione, perchè il corteo fosse canonico, pacifico, gioioso...,
contrastando nei fatti le posizioni delle realtà più proletarie e di lotta che
invece quest'anno volevano un corteo differente, combattivo, specchio della
ribellione delle donne, un corteo espressione delle lotte delle donne su tutte
le questioni: dal lavoro, alle discriminazioni, dalla repressione, alla
militarizzazione dei territori, alla questione migranti; un corteo contro il
governo, che toccasse anche alcuni luoghi simbolo dei Palazzi del governo.
Queste erano state parte delle indicazioni venute dall'assemblea nazionale di
Pisa, ma sostanzialmente ignorate una volta che la preparazione e gestione della
manifestazione è tornata nelle mani delle rappresentanti romane di nudm, lì
dove, invece, l'assemblea a Pisa aveva fatto incrinare questo egemonia
romana;
secondo, la
questione del "piano femminista"; questo ha indirizzato la manifestazione verso
il "per",
piuttosto che verso il "contro". Infatti il “piano femminista” non è contro il “piano”, le nuove norme predisposte dal governo, ma alternativo; questo pone nel futuro la linea della interlocuzione invece che dello scontro. Se il "Piano femminista" è ora centrale, il movimento verrà indirizzato e sarà al servizio della affermazione, azione verso i Palazzi intorno a questo piano.
piuttosto che verso il "contro". Infatti il “piano femminista” non è contro il “piano”, le nuove norme predisposte dal governo, ma alternativo; questo pone nel futuro la linea della interlocuzione invece che dello scontro. Se il "Piano femminista" è ora centrale, il movimento verrà indirizzato e sarà al servizio della affermazione, azione verso i Palazzi intorno a questo piano.
Il piano sembra in
“strana interlocuzione” con i contenuti e l'impostazione data al 25 novembre
dalla Boldrini, dalle istituzioni più in generale, dall'assemblea tenutasi al
mattino in parlamento. Naturalmente i due piani non sono la stessa cosa, ma sono
interni a quella linea del dialogo, di competizione dialettica tra Stato e
movimento che è tutt'altra cosa da un movimento delle donne che con le sue lotte
faccia paura a governo, parlamento, e in questo, solo in questo riesca a
strappare anche dei risultati. Sempre, e ancora di più oggi in una fase di
marcia verso il moderno fascismo, le riforme possono essere solo il
sottoprodotto della paura della borghesia della rivoluzione. Invece le esponenti
di Nudm operano un rovesciamento, per cui
le lotte diventano
il sottoprodotto, l'accompagnamento alle riforme (che ora più che mai il
governo, il parlamento non può e non vuole
dare).
Detto questo, approfondiremo anche
nel merito (oltre che nella sua filosofia di cui abbiamo già brevemente parlato
– vedi articolo allegato) i punti del “Piano femminista”, distinguendo ciò che è
utile alle donne, è in sintonia con la loro lotta e ciò che non lo è, è in
contrasto.
Tornando alla
manifestazione del 25 novembre. Abbiamo detto che il carattere di realtà grande
del movimento femminista resta e non va sottovalutato - 100mila e più sono
sempre tantissime donne; inevitabilmente al suo interno ci sono varie posizioni
(che possiamo dire schematicamente: sinistra, centro, destra) e ci sono le
classi (piccola borghesia, media borghesia, proletariato).
La canalizzazione
della “marea” che vogliono e per cui hanno agito nella gestione del corteo, le
esponenti, soprattutto romane, di nudm, non può nascondere, impedire
l'espressione di queste realtà.
Ma oggi si pone
in maniera più chiara a livello di massa che vi sono due o più posizioni, due
strade. E questo è un bene. Oggi si pone la necessità dell'autorganizzazione
autonoma, dell' unità delle donne proletarie, della “sinistra” femminista;
altrimenti prevale sempre e comunque chi è organizzato, queste parlano alle
altre, al movimento delle donne di “marea”, ma loro sono sempre più uno
“scoglio”.
Tutto questo
spiega la reazione delle principali esponenti romane di nudm contro l'mfpr che
esplicitamente, nel modo di stare nella manifestazione, nei contenuti, nelle
parole d'ordini, nell'affermazione del carattere di classe e rivoluzionario, ha
contrastato da subito questa posizione, vi ha fatto una lotta prima
(nell'assemblea nazionale di Pisa), durante (nella preparazione del 25) e nel
corteo di Roma.
Non stiamo
dicendo che l'mfpr è l'unica ad esprimere posizioni in contrasto con quelle di
nudm, ma l'mfpr dice e fa la lotta pubblicamente, e in questo si fa voce
collettiva; l'mfpr non critica solo uno o alcuni aspetti ma fa una critica su
tutti e quindi esprime una linea organica e smaschera una linea organica; l'mfpr
non solo fa la lotta di posizione ma, per quello che è possibile per i nostri
numeri attuali, la mette in pratica (come è stato il 25 novembre), sfida
apertamente e nei fatti le rappresentanti dell'altra posizione, ne scombina i
piani, le costringe a venire allo scoperto.
Ma andiamo ai
fatti.
Lavoratrici,
precarie, compagne, del Mfpr soprattutto del Sud, di Palermo, Taranto, hanno
portato il loro piccolo pulmino (per capirci, di 9 posti), insieme a striscioni,
bandiere, che sempre vivono nelle lotte quotidiane e sono espressione di queste
lotte. Il pulmino era un modo, in una grandissima manifestazione, in un lungo
corteo (in cui era anche difficile arrivare alla sua testa per intervenire) per
poter parlare, aperto a tutte, era una ricchezza in
più.
Le esponenti
romane di Nudm, invece, sono venute a dire e insistere, perchè quel pulmino non
ci fosse, o che al massimo andasse in coda al corteo, comprese bandiere e
striscioni – volendo di fatto considerare “fuori dalla manifestazione”, al pari
di “partitini”, lavoratrici, precarie, donne che ogni giorno, e non solo nelle
scadenze nazionali, fanno lotte, occupazioni, blocchi, scioperi, presidi, ecc.
ecc. Secondo questa logica, per esempio i maschi nella manifestazione delle
donne potevano stare, le donne autorganizzate, proletarie, che lottano, e ci
mettono le loro facce, No!
Quali motivazioni
opponevano le esponenti di nudm al Mfpr:
chi non è di
nonunadimeno non può far parte della manifestazione - il corteo deve esprimere
una "marea", una marea di individue, di realtà ma di fatto saldamente e
obbligatoriamente dentro nudm - chi non sta in nudm, chi mantiene i suoi dati
identitari non può stare nella manifestazione. Quindi, sì, una "marea", ma super
controllata da una ben precisa realtà romana che, dopo Pisa in cui
non avevano tanto il controllo della
situazione e tutte le realtà presenti di lavoratrici hanno potuto esprimersi, ha
cercato di riprendere il controllo della situazione, imponendo come un
diktat i suoi contenuti, i suoi metodi, le sue
rappresentanti.
Si impone alle
altre, in nome della "contaminazione", del "flusso"
("Anche questo anno per essere marea e per rompere la
ritualità vorremmo che non si definissero degli spezzoni all’interno della
manifestazione, bensì una contaminazione forte, un flusso di corpi che assieme
invadono le strade di Roma. Vorremmo non avere bandiere e simboli identitari, ma
ancora una volta mostrare la forza della donne e di tutte le soggettività che in
questo anno hanno animato la marea" - da una
comunicazione di nudm) di non stare nella manifestazione con le proprie identità
politiche, ideologiche, di lotta, di percorsi, di esperienze concrete di
organizzazione; mentre nudm deve eccome stare e imporre la sua organizzazione,
la sua identità politica e ideologica, i suoi simboli, le sue firme,
ecc.
Ma questa è la
“dittatura” del pensiero unico, della cancellazione delle lotte e
dell'autorganizzazione che tante realtà sui territori o nei luoghi di lotta
esprimono. Si tratta di un monopolio che per imporsi deve liquidare le altre
realtà.
Altra motivazione
portata dalle esponenti romane di nudm:
Le assemblee
hanno deciso che vi devono essere solo i 2 camion di nudm e nessun simbolo
identitario. Quali assemblee? Quelle romane, di Milano, dove chi ha partecipato
senza paraocchi sa bene che tutto sono tranne che democratiche, nel senso di
libertà di posizione, di proposte, di linguaggio.
Mentre non è vero
– come le esponenti romane sostenevano – che questo fosse stato deciso
nell'assemblea nazionale a Pisa. Piuttosto, dell'assemblea nazionale di Pisa (al
massimo era stato solo posto da qualche realtà). Non viene detto, invece, che
dell'assemblea nazionale di Pisa, con la presenza complessivamente di 500 donne,
non si è voluto assolutamente tener conto della decisione di fare un corteo
differente, combattivo, di passare dal Ministero del Lavoro, degli Interni. Vale
a dire, di Pisa si è preso quello che era conveniente, mentre si sono bellamente
cancellate le proposte, indicazioni venute dai settori già in lotta, soprattutto
di lavoratrici, precarie.
Ma alla
manifestazione di Roma c'è stato purtroppo anche altro...
(CONTINUA)
Nessun commento:
Posta un commento