(Da repubblica) "Personaggio assolutamente sgradito": nel mirino le inchieste sui No Tav. Così il Collettivo di Scienze politiche dell'università di Firenze ha definito Giancarlo Caselli, ex procuratore capo a Torino, ex procuratore anti-mafia a Palermo. Caselli, magistrato oggi in pensione, doveva presentarsi per un incontro organizzato al Polo universitario di Novoli in cui il magistrato, oggi in pensione, avrebbe dovuto parlare di legalità e lotta alla mafia. Ci ha pensato su e, d'accordo con la Sinistra Universitaria e con l'associazione Libera, organizzatori dell'iniziativa, ha deciso di annullare tutto definendo la protesta del Collettivo "intimidazioni e comportamenti incivili, compatibili forse con lo squadrismo ma di certo non con la democrazia".
L'ex procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli era atteso stamane alle 11. Ma già da una settimana il Collettivo aveva annunciato il presidio che aveva come obiettivo quello di impedire l'incontro, anticipandolo con distribuzione di volantini e interventi sul web. Sul muro dell'università è anche comparsa una scritta a caratteri cubitali: "Caselli boia torturatore - Libertà per i No Tav". In un documento che si può trovare sul web, Caselli viene definito "in prima linea nella repressione dei movimenti sociali di operai, studenti e contadini che nell'Italia degli anni Sessanta e Settanta rivendicavano un cambiamento rivoluzionario verso una società più giusta. Dirigendo il cosiddetto pool anti-terrorismo Caselli diventa tassello importante della macchina repressiva dello Stato".
Caselli sconta le indagini, coordinate da procuratore di Torino, sulle manifestazioni No Tav del 2009 che infiammarono la città e per cui ordinò 25 arresti fra i militanti, arresti eseguiti nel 2012. Quello dei Collettivi è un vero atto d'accusa contro l'ex procuratore
Chi è Giancarlo Caselli e perché non lo vogliamo a Novoli
Mercoledì 11 marzo l’associazione Libera-contro le mafie e la lista universitaria Udu-SU hanno pensato di propinarci una “lezione antimafia” tenuta dall’ex procuratore Giancarlo Caselli.
Un nome noto e di grande richiamo mediatico, che si è costruito nel
tempo la reputazione di uomo di sinistra, alfiere dei valori democratici
contro il berlusconismo e la criminalità organizzata. La presenza
ideale, insomma, per un’iniziativa elettorale in vista del rinnovo di Aprile delle rappresentanze studentesche!
Secondo noi, invece, si tratta di un personaggio
assolutamente sgradito: un inquisitore ha dedicato un’intera vita alla
difesa degli interessi economici e politici dominanti, sia legali che
illegali, contro i movimenti politici e sociali.
Giancarlo Caselli, infatti, inizia la sua carriera di magistrato inquirente in prima linea nella repressione dei movimenti sociali
di operai, studenti e contadini che, nell’Italia degli anni Sessanta e
Settanta, rivendicavano un cambiamento rivoluzionario verso una società
più giusta. Dirigendo il cosiddetto “pool anti-terrorismo”, Caselli
diventa subito un tassello importante della macchina repressiva dello
Stato, la quale mostra in quegli anni il suo volto più feroce e violento
nel soffocare ogni aspirazione alla giustizia sociale: dal terrorismo di Stato
della “strategia della tensione” alla violenza poliziesca durante le
manifestazioni di piazza, dagli arresti preventivi senza prove di
colpevolezza al “carcere duro” (41 bis.) per incentivare il pentitismo,
dalle leggi speciali alla tortura sistematica dei militanti politici arrestati,
dalla Gladio alla Loggia P2 ecc… in merito a tutto questo il giudice
Caselli continua a sostenere, contro ogni evidenza storica, il successo
dello Stato nello sconfiggere “l’emergenza terrorista” con le armi della
democrazia e della legalità, senza cedere all’autoritarismo e al
militarismo.
Una volta sconfitti i movimenti rivoluzionari, il giudice si dedica
alla lotta contro Cosa Nostra in Sicilia tra il 1993 e il 1999, con lo
scopo di proseguire il lavoro di Falcone e Borsellino e smascherare le
collusioni tra potere politico e potere mafioso, indagando anche
personaggi eccellenti (in particolare Giulio Andreotti e il giudice di
cassazione Corrado Carnevale) sul modello delle inchieste di
“tangentopoli”. Tuttavia, la storia si muove in un’altra direzione: la
magistratura giudicante condanna il Divo Andreotti solo per i reati
risalenti agli anni Settanta e caduti ormai in prescrizione (viene
invece assolto per i reati contestati dopo il 1980), mentre i poteri
politici restaurano la tradizionale alleanza tra Stato e Mafia sancita
con l’ascesa del berlusconismo. La sua attività di giudice antimafia, inoltre, è ricca di zone d’ombra.
Sulle sue spalle pesa la responsabilità di aver sempre difeso la
«professionalità» di Arnaldo La Barbera, (funzionario di polizia e
agente segreto del Sisde) artefice dei depistaggi delle indagini
sull’attentato dell’Addaura contro Falcone e sulla strage di via
D’Amelio che uccise Borsellino. In quest’ultimo caso La Barbera torturò
un ragazzo innocente, Vincenzo Scarantino, per fargli confessare la
realizzazione dell’attentato (e accusare altre sei persone innocenti) al
fine di tutelare i veri esecutori. Lo stesso Arnaldo La Barbera lo
ritroveremo alla scuola Diaz a Genova e alla caserma di Bolzaneto nel
luglio 2001… che belle amicizie ha il caro Caselli! Inoltre, sempre
Caselli si ritrova, di fatto, a coprire il coinvolgimento di alcuni
ufficiali dei Carabinieri nella ormai famosa “trattativa tra stato e
mafia”, finalizzata a ristabilire la pacifica convivenza tra poteri
legali e illegali. Si tratta del capitano De Caprio, del colonnello Mori
e del generale Subranni (già autore del depistaggio delle indagini
sull’assassinio di Peppino Impastato nel 1978), i quali consigliarono
allo stesso Caselli di non perquisire la villa del boss Totò Riina dopo
il suo arresto, consentendo così a ignoti di ripulire ogni indizio o
prova compromettente per i carabinieri. Un’indagine su questa vicenda
verrà aperta solo qualche anno dopo, a seguito delle dichiarazioni del
pentito Bernardo Brusca.
Pur non emergendo un coinvolgimento diretto del giudice antimafia
Caselli in tali losche vicende, è evidente come egli, invece di
denunciare e perseguire penalmente tali manovre sotterranee, sposi
completamente la “ragion di stato”, rinunciando a quella intransigenza
legalitaria esercitata abbondantemente contro i militanti politici. Del
resto la criminalità organizzata da sempre svolge il ruolo sbirresco di
guardia armata dell’ordine costituito contro qualsiasi istanza di
progresso sociale…
Successivamente, emarginato dall’antimafia dal governo Berlusconi (a
causa delle sue indagini su Marcello dell’Utri), torna a Torino, dove veste nuovamente i panni dell’inquisitore intransigente e forcaiolo contro il suo nemico storico: i movimenti sociali. La sua vocazione originaria è la repressione del dissenso, della lotta e della protesta politica che oltrepassa gli angusti confini della legalità.
Nel 2010 emette ventiquattro misure di custodia cautelare in carcere ai
danni di altrettanti studenti attivi nel movimento dell’Onda in
relazione alla contestazione del G8 University Summit. Successivamente
il nostro “eroe” dell’antimafia e della legalità si dedica anima e corpo
alla causa della repressione, criminalizzazione e delegittimazione politica e sociale del movimento popolare NO TAV in Val di Susa.
Quindici anni fa morivano suicidi in carcere (in circostanze mai
chiarite) i due compagni anarchici, Sole e Baleno: le due prime vittime
della repressione contro il movimento NO TAV! Oggi, dopo l’occupazione militare della Val Clarea, dopo i manganelli della polizia, dopo l’utilizzo massiccio di gas lacrimogeni CS (vietati dalle convenzioni internazionali nei conflitti bellici), dopo i pestaggi e le molestie sessuali ai danni dei compagni e delle compagne fermate,
arrivano le denunce e le rappresaglie del giudice Caselli e del suo
pool anti-NO TAV. Nel gennaio 2012, su ordine del procuratore, ventisei
compagni vengono arrestati per la resistenza alla polizia nelle giornate
del giugno e del luglio 2011. Quando il movimento lancia, sempre nel
2012, l’Operazione Hunter, denunciando gli abusi della polizia e
presentando un esposto in procura con prove filmate delle violenze
commesse dalle forze dell’ordine, Caselli archivia il caso.
La determinazione del movimento fa fallire il tentativo repressivo di
dividere la protesta tra “manifestati buoni” e “Black Block” violenti e
cattivi. Allora la guerra della procura contro i NO TAV si fa più
intensa e capillare. Addirittura, quattro compagn* vengono arrestati con
l’accusa di terrorismo (!), mentre altre decine di militanti e
simpatizzanti vengono denunciati per una miriade di reati minori e
sottoposti a misure cautelari: una strategia tutta politica volta ad
indebolire, demoralizzare e dividere il movimento. La logica è semplice e
mira al cumulo delle pene: se su dieci accuse ne restano in piedi anche
solo tre o quattro si avrà comunque qualche condanna! Inoltre, Caselli e
i sui degni compari non disdegnano neanche il ricorso al reato d’opinione:
lo scrittore Erri De Luca ha ricevuto un’incriminazione «per avere
istigato al sabotaggio della Tav». Al contrario, le comprovate infiltrazioni mafiose
nel consorzio di aziende che gestisce i lavori di scavo non sembrano
preoccupare più di tanto il nostro “eroe dell’antimafia”. Forse
l’esperienza palermitana gli ha insegnato che l’intreccio
Stato-mafia-capitalismo è indissolubile. Meglio concentrarsi sul lavoro
di trasformare la Val Susa in un enorme laboratorio della repressione dei movimenti sociali!
Per questi motivi, che abbiamo riassunto sommariamente,
non vogliamo Caselli a Novoli e riteniamo la sua presenza in facoltà una
vera e propria provocazione. Noi non facciamo della legalità la nostra
bandiera; Una legalità ad uso e consumo del potere economico e politico
non è giustizia sociale!
Il nostro pensiero e la nostra solidarietà vanno a tutte
le compagne e i compagni colpiti dalla repressione: siamo tutti
colpevoli di lottare!
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