Un
articolo del 30 marzo su Sole 24 Ore a firma Paolo Bricco preannuncia
e “informa” quello che si prepara.
Si
attende la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del “piano
ambientale” che stranamente ancora non è avvenuta.
Bondi
si è incontrato col ministro dello sviluppo economico, Guidi, ed è
cominciata la discussione della bozza, che in realtà ancora non c'è,
del “piano industriale”; discussione, non presentazione, della
bozza, che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni – l'articolo parla
di due settimane. Dopo di che Bondi lo girerà ai Riva, i quali entro
10 giorni dovranno dare le loro valutazioni che “Bondi avrà il
potere di accogliere o rifiutare”. Poi il piano andrà al Min.
Guidi che lo indirizzerà al Governo che infine lo delibererà con un
proprio decreto.
Ma è
lo stesso Bricco, autore dell'articolo, che mette le mani avanti:
“Come spesso capita in Italia le cose non sono affatto lisce”. Il
piano ambientale è ancora fermo, perchè assumendo la forma del
decreto deve passare al vaglio della Corte dei Conti.
Ma il
“vaglio” che attende il piano industriale non è tanto questo, ma
quello della famiglia Riva. Perchè qui, nessuno pudicamente lo dice,
ma l'Ilva rimane tuttora di proprietà e nelle mani di Riva; così
come rimangono nella sue mani sostanzialmente i soldi, che dove
stavano stanno.
Bondi
e Governo agiscono come grand commis o, come direbbe Lenin, come
“comitato d'affari”, se non in nome, certamente per conto dei
Riva, i quali – dice l'articolo - serbano per ora un silenzio
“anche per riportare l'intero conflitto nell'alveo dell'asettico
confronto giudiziario”. Frase oscura per dire che la famiglia Riva
prima di impegnarsi in alcun chè aspetta di vedere come va a finire
la vicenda giudiziaria, o, per dirla ancora più chiara, Riva
sostanzialmente col silenzio dice al suo “comitato d'affari” che
i soldi e tutto il resto ci potrebbero essere solo se si ferma o si
imbriglia il maxi processo che si prepara a Taranto.
Se
così stanno le cose, è ben chiaro come l'intero progetto che parla
di “piano elaborato da Bondi basato sulla conversione sul metano e
su una reindustrializzazione dell'impianto di Taranto radicali e mai
sperimentati prima in Europa, fanno tuttora parte più di annunci e
libro dei sogni che della realtà.
L'idea
che i Riva cacceranno questi soldi – giusta e sacrosanta – appare
abbastanza improbabile, a meno che... E se questo è improbabile
ancora più lo è l'idea che questi soldi vengano da nuovi soci
sottoscrittori o dallo Stato.
Per
ora gli unici soldi a cui si guarda sono gli 1,9 miliardi di
proprietà sottoposti a sequestro dalla Procura di Milano, che
peraltro non sono nelle banche italiane.
Ma
anche su questo – dice l'articolista – mettere mano a questi
soldi “potrebbe accendere il confronto con la famiglia Riva che
difficilmente starebbe in silenzio di fronte a questa decisione”.
Ovvero, si ritorna al punto di prima, che sono ancora soldi di Riva e
che solo Riva può decidere tuttora se utilizzarli.
La
nota sintetica del Sole 24 Ore parla di “crocevia vitale per il
futuro dell'Ilva”, dice che coi decreti si è andati avanti finora
e coi decreti si vuol continuare ad andare avanti, ma che questi
decreti tuttora sono a premessa di qualcosa che ancora non c'è. Anzi
in questa ulteriore nota si afferma il concetto di sempre che guida
l'azione di padroni, governi, e, al seguito, di partiti, sindacati
confederali, Istituzioni locali: “le sorti del risanamento
dell'area tarantina sono strettamente connesse alla continuazione
dell'attività industriale. Solo una Ilva produttiva, competitiva ed
efficiente, può assicurare le risorse al territorio per la
bonifica”. Anche dal loro punto di vista diremmo: campa cavallo.
Ma la
cosa è più grave. Si dice praticamente che tutti gli sforzi,
decreti presenti e futuri hanno un solo obiettivo, una “Ilva
produttiva, competitiva ed efficiente”, ma produttiva per chi?
Produttiva di profitti per i padroni e i loro “comitati d'affari”
che poi a loro volta dovrebbero metterli a disposizione per
assicurare le risorse al territorio per la bonifica?
“Produttiva”,
per padroni e governo, vuol dire ristrutturazione con esuberi per chi
lavora e niente bonifica per i quartieri, né per chi non lavora come
le decine di migliaia di disoccupati dei Tamburi e dei quartieri
inquinati.
La
sostanza per noi è che anche se i fumosi piani di padron Riva e
Governo andassero a buon fine sarebbero negativi per operai e
cittadini. Non è questo il futuro che vogliamo.
Ma
ancor meno vogliamo questo presente che al fumo di questi piani fa
corrispondere un arrosto sempre più tragico, di una crisi di
liquidità che può mettere in discussione gli stipendi già dal 12
aprile, e ancor più una crisi di liquidità verso le ditte
dell'indotto e dell'appalto che significa già ora stipendi non
pagati da mesi oltre che cassintegrazione, mobilità.
Rispetto
a questo i livelli di risposta operaia sono zero. I sindacati
confederali agiscono indisturbati nell'essere dei semplici
“comunicatori” delle notizie dell'azienda e gestori contabili dei
contratti di solidarietà.
Purtroppo
gli operai non hanno chiaro ciò che ai padroni è invece molto
chiaro: siamo effettivamente – come scrive il Sole 24 Ore – al
“crocevia vitale per il futuro dell'Ilva”. Siamo ad una
situazione di presente che si fa drammatico e che solo la lotta degli
operai può mettere in discussione e offrire una prospettiva
alternativa.
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