Il Circolo proletari comunisti di Taranto, dopo aver studiato lo scorso anno il testo di Stalin "Principi del leninismo", ora sta studiando e discutendo l'applicazione ad oggi dei principi del leninismo, per farne "arma" di combattimento, teorica prima di tutto, nella fase attuale di costruzione del Partito, in cui c'è un aspetto di definizione unito strettamente all'aspetto di delimitazione.
Questo lavoro teorico i compagni del circolo lo stanno facendo, mettendo al centro la lettura dell'opuscolo di "Formazione teorica - Note di studio su Principi del Leninismo"; utilizzando e rileggendo il testo di Stalin, ma in cui ora l'aspetto centrale non è tanto lo studio di questo testo ma la sua "guida" alla comprensione dei problemi teorici, politici, strategici, tattici dei comunisti maoisti oggi.
Riportiamo alcuni stralci dei primi due paragrafi dell'opuscolo "Note di studio" su cui vi è stata maggiore discussione e approfondimento nel circolo.
Sulle radici storiche del leninismo - "...Il
maoismo si muove sempre ancora nell'epoca di Lenin, cioè
dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria. Quindi, lo sviluppo
di Mao è nello sviluppo della teoria e della tattica della
rivoluzione proletaria definita da Lenin. E in particolare la teoria
e la tattica della dittatura del proletariato di Lenin.
Mao ha vissuto nel periodo della crisi
dell'imperialismo. Nel periodo dell'estensione delle condizioni della
rivoluzione proletaria prodotte dall'espansione dei movimenti di
liberazione nei paesi oppressi dall'imperialismo; Mao trionfa quando la rivoluzione
proletaria attraversa nel primo Stato socialista una crisi e una
sconfitta e, quindi, questi sono i due elementi su cui si innesca
il maoismo come sviluppo del marxismo leninismo; il maoismo è cresciuto e
si è rafforzato nella lotta contro il moderno revisionismo
sopraggiunto alla fine della III Internazionale. Mao
si afferma nel periodo di dominio del revisionismo nel mci, dominio
divenuto completo dopo la morte di Stalin, e contro questo dominio si
afferma il contributo più importante di Mao...
Oggi siamo
sempre nella fase dell'imperialismo come capitalismo morente; però
va distinto nell'epoca dell'imperialismo una fase di ascesa e di
affermazione di esso da una fase di crisi...
La
prima contraddizione della fase del leninismo definita da Stalin ("quella che esiste tra lavoro e capitale") è
tuttora la principale, non in senso di fase ma in senso epocale. Questo spiega anche perchè non si
può considerare il maoismo come operante in un epoca diversa, né
tanto meno confondere il contributo di Mao nell'analisi delle
contraddizioni, nel far emergere il carattere principale della
contraddizione tra imperialismo e popoli oppressi, come qualcosa di
alternativo alla definizione di qual'è la prima contraddizione
permanente. E questo non solo dal lato dell'analisi della definizione
dell'imperialismo ma anche dal lato del carattere della lotta di
classe del proletariato.
Vanno,
quindi, combattute due forme di revisionismo, quella che nega la
natura della prima contraddizione e le sue conseguenze: ("L'imperialismo porta la classe operaia alla rivoluzione") e quella che interpreta il maoismo come fondato sulla
sostituzione della contraddizione principale di fase:
imperialismo/popoli oppressi con la prima contraddizione tra capitale
e lavoro...
Anche
la descrizione della seconda contraddizione è perfettamente attuale ("quella che esiste tra i diversi gruppi finanziari e le potenze imperialiste nella lotta per le fonti di materie prime e per i territori altrui"). Questa
descrizione introduce il concetto di crisi dell'imperialismo e
combatte un'interpretazione evoluzionista, molto presente nel
movimento operaio nell'epoca della socialdemocrazia e del
revisionismo, ma anche oggi, come le teorie del crollo. Questo concetto di crisi ravvicina l'ora della rivoluzione proletaria e la necessità pratica
di questa rivoluzione.
La
terza contraddizione ("quella che esiste tra un pugno di nazioni "civili" dominanti e centinaia di milioni di uomini che appartengono ai paesi coloniali e dipendenti del mondo") è quella su cui si sviluppa l'epoca di Mao, ed è a questa che Mao apporta importanti contributi,
non nell'analisi di essa già definita correttamente da Lenin, ma
nella teoria e nella tattica che permette ai popoli oppressi di
vincere, e di trasformare effettivamente le colonie e i paesi
dipendenti in riserve della rivoluzione proletaria.
In
generale i cultori del leninismo ortodosso, in un processo speculare
coi secondi revisionisti, utilizzano questa citazione per negare l'importanza
strategica della terza contraddizione, e quindi il valore del maoismo
come incarnazione e sviluppo teorico di essa...
Sul metodo del leninismo (questa parte, in particolare, è stata dibattuta non solo in termini critici ma anche autocritici) - Questo metodo porta in primo luogo alla verifica della teoria nel crogiolo della lotta
rivoluzionaria delle masse, della pratica viva; l'unità teoria e
pratica, l'eliminazione della loro separazione, questo si rifà la nostra concezione del partito: “nel fuoco della
lotta di classe in stretto legame con le masse”, Questo contrappone oggi il PCm alle correnti o
dogmatico ml o ai cybermaoisti, in particolare nel movimento
comunista internazionale.
In
secondo luogo, questo metodo porta alla verifica di gruppi e partiti non sulla base delle
loro parole d'ordini e risoluzioni, ma sulla base delle loro opere,
dei loro atti, quello che noi chiamiamo maoismo
verificato sulla cui base valutiamo le posizioni nel movimento
comunista internazionale e nazionale, contro l'opportunismo di destra e di
“sinistra”.
In terzo luogo porta alla
riorganizzazione ("di tutto il lavoro del partito su un modello nuovo, rivoluzionario"). Su questo il
nostro lavoro appare del tutto insufficiente, volenteroso ma
artigianale, non in grado finora di costruire il partito sul modello
nuovo, nel senso dell'educazione della preparazione dei militanti e
delle masse alla lotta rivoluzionaria. Questo
punto, quindi, va considerato come principale nell'attuale fase della
ricostruzione.
In quarto luogo porta all'autocritica dei partiti proletari.
Sul piano teorico questo punto è saldamente padroneggiato dal nostro partito e dal suo gruppo dirigente in formazione. Ma si è fatto fatica a
realizzarlo sul piano pratico.
Nella critica agli opportunisti Stalin mette sotto le lenti alcuni dogmi teorici.
Sul
primo dogma ("il proletariato non può nè deve prendere il potere se non costituisce la maggioranza nel paese"), esso va applicato nella
polemica contro gli opportunisti che ritengono che senza le “masse”
non si possa condurre un'autentica attività rivoluzionaria. E qui, nella maggiorparte dei casi non intendono il
legame con le masse, ma la coscienza delle masse che si esprime nelle
lotte sindacali, ecc. Così questo dogma funziona da barriera
dell'opportunismo in relazione al giudizio che si dà e alla
posizione che si ha rispetto alla fase dell'inizio, o a quello che
noi diciamo nuovo inizio.
Sul
secondo dogma ("Il proletariato non può conservare il potere se non dispone, in quantità sufficiente, di quadri già pronti, di persone colte e di amministratori capaci di organizzare la gestione del paese"), la critica de I Principi del Leninismo deve essere usata sui due aspetti che in generale quadri, avanguardie e masse non
comprendono: il problema della rivoluzione come primo obiettivo,
primo passo per la trasformazione effettiva della coscienza delle
masse, e il potere proletario come soluzione realmente concreta dei
problemi delle masse e della società.
Sul terzo dogma ("Il metodo dello sciopero politico è inaccettabile dal proletariato"), quello che dobbiamo trarre come utile
per rafforzare la nostra posizione che su questo è sufficientemente
corretta, sono alcuni aspetti citati. La critica agli anarchici e al
sindacalismo anche di base che predicano lo sciopero generale
economico in sostituzione della lotta politica del proletariato e, di
conseguenza, dell'organizzazione politica del proletariato; la
critica a chi considera la forma parlamentare la forma inevitabile
della lotta politica del proletariato - questo è da noi spesso applicato nel dimostrare che attraverso la
lotta si raggiunge un peso politico più alto e più influente che la
partecipazione parlamentare.
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