mercoledì 2 aprile 2014

pc 2 aprile - LE DONNE TRA NON LAVORO E PRECARIETA' - DA "S/CATENATE"

Ancora una volta nei dati che in questi giorni appaiono sui mass media bisogna andare a cercare col lanternino i dati sulla condizione di disoccupazione, di lavoro e non lavoro delle donne. Come se non è poi così "sconvolgente" che le donne non lavorino o lavorino in lavori ultraprecari. 
Riportiamo un piccolo stralcio del documentato opuscolo "S/catenate del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario, che invece su questa condizione delle donne fornisce un quadro ampio e anche complesso (l'opuscolo si può richiedere a mfpr.naz@gmail.com):

"La maggior parte delle donne non lavora, l’occupazione è al 46,4% (anche la Grecia è sopra di noi, con il 48,1), contro il 68,6% degli uomini. Tra le donne il 34,8% (contro il 27,4% dei maschi) ha rapporti di lavoro a tempo determinato e la percentuale delle giovani donne (tra 18 e 29 anni) con contratti part time è del 31,2% (contro il 10,4% di quella maschile).
Nel sud appena il 13% delle donne è occupata nelle industrie, mentre sul piano nazionale la presenza si attesta intorno al 15%. Al Sud l’occupazione scende al 30,6%, (quasi la metà di quella maschile al 59%), quindi, 2 donne su tre non lavora, o è occupata in lavori a nero, a domicilio, e nelle tantissime forme di super sfruttamento e sottosalario. La disoccupazione delle donne rasenta al sud il 50%.
Le differenze di genere nelle possibilità di lavoro e di guadagno rafforzano la divisione del lavoro in famiglia. Ma molte donne al sud rinunciano a cercare lavoro perché dichiarano che non troverebbe lavoro, non per il peso dei servizi di cura che è solo leggermente di più, come motivazione, rispetto al centronord.
Il calo maggiore dell’occupazione si ha proprio nelle attività lavorative part time, a dimostrazione che questo rapporto sbandierato come favorevole all’occupazione femminile e a conciliare i tempi di lavoro con i tempi di vita (vale a dire, più brutalmente, i tempi del doppio lavoro, nelle aziende e in casa), non significa salvaguardia o aumento dell’occupazione delle donne.
D’altra parte il part time per la maggior parte delle donne non è affatto una scelta, ma l’unico lavoro trovato o un ripiego rispetto al carico familiare; nel sud più della metà delle donne con figli conviventi dichiara che avrebbe voluto un lavoro a tempo pieno ma non lo ha trovato (il 50,2%).
La parola chiave per le lavoratrici è “precariato”. I contratti atipici, nei quali si concentrano donne e giovani, rappresentano per i padroni una valvola di flessibilità in caso di necessità di ridimensionamento dell’attività produttiva.
Tra le operaie con meno di 35 anni una su cinque (21%) ha un contratto di lavoro temporaneo, precario. La flessibilità, lungi da essere una opportunità per i tempi delle donne, liberi da rigidi vincoli, “creativo”, a misura della conciliazione tempo di lavoro/tempo di vita, è, insieme al peggioramento delle condizioni di lavoro, una catena, perchè tutta la vita è legata alle esigenze aziendali. Questa condizione diventa spesso uno status permanente; e l'incertezza del mantenimento del salario e del posto di lavoro, spinge non a fare meno lavoro ma a fare più lavoro, più lavori, e a passare spesso il tempo libero” a cercare altri lavori.
Quindi con la precarietà, la flessibilizzazione del lavoro le donne in generale non lavorano di meno, ma di più e prendendo una miseria! La precarietà si somma alla fatica e produce uno stress psicofisico...

Altro aspetto. La mancanza di lavoro costringe le donne a restare nella propria famiglia di origine (tra i 18 e i 29 anni il 71,4% vive con i genitori). Ma le giovani donne cercano più dei maschi di andarsene di casa - questi infatti restano in famiglia nell’83,2% dei casi - a dimostrazione di un maggior bisogno delle donne di indipendenza e di uscire da un’oppressione familiare, a differenza dei maschi che dichiarano di rimanere perché stanno bene così, ì potendo mantenere comunque la loro libertà. Un dato chiarisce bene questa
differenza: la quota di ragazze-figlie coinvolta nel lavoro familiare è doppia rispetto a quella degli uomini (75,4% contro il 37,3%), come quasi doppio è il tempo che ragazze e ragazzi dedicano al lavoro in famiglia (1 ora e 59 minuti ledonne e 1 ora e 15 minuti gli uomini).
Questa spiega probabilmente anche un altro dato: le donne giovani studiano di più degli uomini, con una quota più alta proprio nel Sud dove la dipendenza dalla famiglia delle ragazze è maggiore"

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