145 Fiom a Pomigliano
da un articolo di Francesco Piccioni _manifesto
Il tribunale civile
riconosce che nello stabilimento campano c'è stata «discriminazione»
nelle assunzioni e ordina di «sanare» la violazione
La Fiom ha ottenuto dal tribunale civile di Roma
(non «del lavoro») la «madre di tutte le sentenze»: quella che impone
alla Fiat - pardon, alla Fabbrica Italia Pomigliano (Fip) - di assumere
145 ex dipendenti iscritti alla Fiom. Per sovrappiù, la Fiat dovrà
corrisponedere a ognuno dei 19 ricorrenti un «danno esistenziale» pari a
3.000 euro. Sentenza inappellabile, subito esecutiva. Un'indicazione anti-discriminazione che vale però
anche nei casi di assunzioni al lavoro: nessuno/a può essere
svantaggiato a causa delle proprie opinioni o tessere sindacali.
E infatti non c'è eccezione che tenga, nemmeno a Pomigliano. Dove la Fiat, chiudendo e riaprendo come newco («un imbroglio», lo definisce Andrea Amendola, «contro la Fiom e tutti i sindacati dissidenti»), ha riassunto 2.091 dei 4.500 dipendenti originari. Di questi, nessuno tra gli iscritti alla Fiom. La quale, al momento del change aveva 623 iscritti, poi ridottisi a 382 a causa dei ricatti individuali (telefonate, avvertimenti, messaggi trasversali, ecc); ulteriormente scesi di 20 unità quando, di fronte all'alternativa «ti assumo solo se stracci la tessera», altri hanno ceduto. Bene, ha detto il giudice di Roma: 362 iscritti sono l'8,75% dei vecchi dipendenti di Pomigliano, quindi la Fiat deve assumerne almeno 145. In base alle disposizioni che vietano la discriminazione per qualsiasi ragione.
La legge prevede l'esame anche della «prova statistica». E uno statistico ha dimostrato che un'eventualità del genere (nemmeno un iscritto su tot assunti) si verifica una volta ogni 10 milioni. Insomma: la Fiat ha scientificamente scartato tutti quei vecchi dipendenti che avevano avuto qualche frequentazione col sindacato guidato da Maurizio Landini. Per avere una fabbrica popolata di schiavi obbedienti, da sottoporre al «rito dell'acquario» quando sbagliano qualcosa. Come a Guantanamo, pare.
....la Fiom non userà questa sentenza per pretendere il «rispetto di una quota» fissata dal giudice. Le tute blu pretendono invece che a Pomigliano siano riassunti tutti i 4.500 dipendenti che c'erano, senza guardare alle tessere sindacali. «
E infatti non c'è eccezione che tenga, nemmeno a Pomigliano. Dove la Fiat, chiudendo e riaprendo come newco («un imbroglio», lo definisce Andrea Amendola, «contro la Fiom e tutti i sindacati dissidenti»), ha riassunto 2.091 dei 4.500 dipendenti originari. Di questi, nessuno tra gli iscritti alla Fiom. La quale, al momento del change aveva 623 iscritti, poi ridottisi a 382 a causa dei ricatti individuali (telefonate, avvertimenti, messaggi trasversali, ecc); ulteriormente scesi di 20 unità quando, di fronte all'alternativa «ti assumo solo se stracci la tessera», altri hanno ceduto. Bene, ha detto il giudice di Roma: 362 iscritti sono l'8,75% dei vecchi dipendenti di Pomigliano, quindi la Fiat deve assumerne almeno 145. In base alle disposizioni che vietano la discriminazione per qualsiasi ragione.
La legge prevede l'esame anche della «prova statistica». E uno statistico ha dimostrato che un'eventualità del genere (nemmeno un iscritto su tot assunti) si verifica una volta ogni 10 milioni. Insomma: la Fiat ha scientificamente scartato tutti quei vecchi dipendenti che avevano avuto qualche frequentazione col sindacato guidato da Maurizio Landini. Per avere una fabbrica popolata di schiavi obbedienti, da sottoporre al «rito dell'acquario» quando sbagliano qualcosa. Come a Guantanamo, pare.
....la Fiom non userà questa sentenza per pretendere il «rispetto di una quota» fissata dal giudice. Le tute blu pretendono invece che a Pomigliano siano riassunti tutti i 4.500 dipendenti che c'erano, senza guardare alle tessere sindacali. «
*****
Se la legge è uguale per tutti
Loris Campetti
La Fiat ha discriminato gli operai iscritti alla Fiom per le loro
idee e per colpire il sindacato da cui hanno deciso di farsi
rappresentare. Su 2091 nuovi (si fa per dire) assunti non ce n'è uno
solo con quella tessera in tasca. E questo non si può fare da noi,
neanche invocando la produttività e la globalizzazione, il dio mercato e
la madonna spread. Di conseguenza la multinazionale, già torinese, è
costretta dalla sentenza ad assumere subito, oggi, nella nuova società
di Pomigliano - nuova solo per mettere fuori il sindacato di Landini -
145 operai iscritti alla Fiom.E a pagare 3 mila euro a ciascuno dei 19
lavoratori che hanno intentato causa all'azienda, l'intero gruppo
dirigente dei metalmeccanici Cgil sotto il Vesuvio.
Non basta. Siccome una sentenza precedente targata Torino obbliga la Fiat a riconoscere il diritto della Fiom a eleggere le sue rappresentanze, ora che 145 militanti di questo sindacato rientreranno in fabbrica automaticamente potranno darsi una rappresentanza e riprendere quell'attività democratica che nel castello di sabbia di Marchionne era stata loro impedita. Non è una vittoria della Fiom ma della democrazia perché riconosce ai lavoratori il diritto di scegliere il proprio sindacato e condanna la pretesa della Fiat di decidere al loro posto.
. La controprova della discriminazione messa in atto dalla Fiat sta nel fatto che 20 operai di Pomigliano sono stati assunti solo dopo aver stracciato la tessera della Fiom.
Ciro invece ringrazia le mogli e le compagne degli operai discriminati per aver sopportato e anch'esse resistito. «La cosa più bella questa mattina è stato il pianto a dirotto di mia moglie quando ci hanno telefonato la notizia della sentenza».
Dice Ciro: «Mando un pensiero anche a chi non ce l'ha fatta, a chi preso per la gola ha piegato la testa con la speranza di tornare al lavoro e magari ancora aspetta una chiamata. Non li abbandoneremo. Spero che questa sentenza dia coraggio a chi è stato vinto dalla paura».
Come dice il commosso Landini, che deve il suo successo sindacale e mediatico anche all'orgoglio di questa comunità operaia e lo riconosce, «Marchionne dovrebbe capire che la determinazione, la voglia di lavorare e lavorare bene di queste persone farebbero funzionare meglio le sue fabbriche». Chissà che pensa Marchionne, tutti si chiedono cosa potrà mai inventarsi questa volta. Con quale faccia potrebbe reagire annunciando la dipartita dall'Italia (che sta praticando da mesi) perché vogliono fargli rispettare le leggi e le sentenze? La verità è che dei cinquemila dipendenti della vecchia fabbrica di Pomigliano ne ha riassunti solo duemila, perché la Panda non si vende e la Fiat continua a perdere quote nei mercati italiano ed europeo.
Non basta. Siccome una sentenza precedente targata Torino obbliga la Fiat a riconoscere il diritto della Fiom a eleggere le sue rappresentanze, ora che 145 militanti di questo sindacato rientreranno in fabbrica automaticamente potranno darsi una rappresentanza e riprendere quell'attività democratica che nel castello di sabbia di Marchionne era stata loro impedita. Non è una vittoria della Fiom ma della democrazia perché riconosce ai lavoratori il diritto di scegliere il proprio sindacato e condanna la pretesa della Fiat di decidere al loro posto.
. La controprova della discriminazione messa in atto dalla Fiat sta nel fatto che 20 operai di Pomigliano sono stati assunti solo dopo aver stracciato la tessera della Fiom.
Ciro invece ringrazia le mogli e le compagne degli operai discriminati per aver sopportato e anch'esse resistito. «La cosa più bella questa mattina è stato il pianto a dirotto di mia moglie quando ci hanno telefonato la notizia della sentenza».
Dice Ciro: «Mando un pensiero anche a chi non ce l'ha fatta, a chi preso per la gola ha piegato la testa con la speranza di tornare al lavoro e magari ancora aspetta una chiamata. Non li abbandoneremo. Spero che questa sentenza dia coraggio a chi è stato vinto dalla paura».
Come dice il commosso Landini, che deve il suo successo sindacale e mediatico anche all'orgoglio di questa comunità operaia e lo riconosce, «Marchionne dovrebbe capire che la determinazione, la voglia di lavorare e lavorare bene di queste persone farebbero funzionare meglio le sue fabbriche». Chissà che pensa Marchionne, tutti si chiedono cosa potrà mai inventarsi questa volta. Con quale faccia potrebbe reagire annunciando la dipartita dall'Italia (che sta praticando da mesi) perché vogliono fargli rispettare le leggi e le sentenze? La verità è che dei cinquemila dipendenti della vecchia fabbrica di Pomigliano ne ha riassunti solo duemila, perché la Panda non si vende e la Fiat continua a perdere quote nei mercati italiano ed europeo.
*****
62 cause per comportamento antisindacale. Sette vittorie
Sara Farolfi
Sessantadue cause, tante quanti sono gli
stabilimenti della Fiat in Italia. È dalla firma del contratto unico del
settore auto, il 13 dicembre 2011, entrato in vigore il primo gennaio
di quest'anno, che la conflittualità tra la Fiom e la Fiat viaggia a
tutta velocità anche sul binario delle cause legali. Nel silenzio della
politica e delle istituzioni non resta che affidarsi ai giudici. Che
finora hanno dato ragione alla Fiom con sette sentenze. Quattordici
invece sono quelle vinte dalla Fiat, mentre in un caso, a Modena, il
giudice ha riconosciuto le motivazioni della Fiom ma ha chiesto alla
Corte costituzionale di esprimersi.
Sessantadue cause, intentate dalla Fiom contro la Fiat per comportamento antisindacale (ex articolo 28). Oggetto del contendere il contratto auto siglato dalla Fiat con Fim, Uilm e Ugl. Il contratto che ha esteso a tutti gli stabilimenti del Lingotto l'ormai noto «modello Pomigliano». Diciotto turni di lavoro, con chiamata anche il sabato, 40 ore in più di straordinario, pause e mensa ridotte al lumicino, in cambio di 600 euro di premio di produzione per quest'anno. Non solo, perchè l'elemento più insidioso del «contratto Fiat» è proprio la norma sulla rappresentanza sindacale, laddove vengono abolite le rsu (rappresentanze sindacali unitarie) e istituite le rsa (rappresentanze sindacali aziendali) nominate dai sindacati firmatari dell'accordo. Fuori dalle fabbriche dunque la Fiom. Fuori dalle fabbriche, soprattutto, i diritti dei lavoratori iscritti alla Fiom.
Così dalla Magneti Marelli di Bologna è partita la prima iniziativa legale. Lì è arrivata anche la prima vittoria, poi seguita da quelle ottenute alla Magneti Marelli di Bari, alla Lear di Caivano, alla Powertrain di Termoli, alla Sevel di Atessa, a Verona e a Pomigliano (per una causa sindacale precedente a quella civile vinta ieri). In quegli stabilimenti la Fiom ha così potuto riappendere le bacheche, nominare le proprie rappresentanze, e ricominciare la propria attività sindacale.
Anche alla Powertrain di Termoli il giudice del lavoro ha dato ragione alla Fiom e ha condannato la Fiat per comportamento antisindacale, riconoscendo il diritto di rappresentanza aziendale della Fiom con l'ultrattività del contratto nazionale unitario firmato nel 2008. Ma la Fiat ha approfittato della sentenza per applicare alle retribuzioni degli iscritti Fiom solo i minimi sindacali previsti dal contratto unitario del 2008. Cosa che, a partire da maggio, ha ridotto le buste paga degli operai con tessera Cgil fino a 300 euro al mese. Non solo: l'assemblea convocata dalla Fiom per mercoledì è stata rimandata dopo che la Fiat, martedì, ha pensato bene di mettere in cassa integrazione la metà circa dei dipendenti dello stabilimento.
Sessantadue cause, intentate dalla Fiom contro la Fiat per comportamento antisindacale (ex articolo 28). Oggetto del contendere il contratto auto siglato dalla Fiat con Fim, Uilm e Ugl. Il contratto che ha esteso a tutti gli stabilimenti del Lingotto l'ormai noto «modello Pomigliano». Diciotto turni di lavoro, con chiamata anche il sabato, 40 ore in più di straordinario, pause e mensa ridotte al lumicino, in cambio di 600 euro di premio di produzione per quest'anno. Non solo, perchè l'elemento più insidioso del «contratto Fiat» è proprio la norma sulla rappresentanza sindacale, laddove vengono abolite le rsu (rappresentanze sindacali unitarie) e istituite le rsa (rappresentanze sindacali aziendali) nominate dai sindacati firmatari dell'accordo. Fuori dalle fabbriche dunque la Fiom. Fuori dalle fabbriche, soprattutto, i diritti dei lavoratori iscritti alla Fiom.
Così dalla Magneti Marelli di Bologna è partita la prima iniziativa legale. Lì è arrivata anche la prima vittoria, poi seguita da quelle ottenute alla Magneti Marelli di Bari, alla Lear di Caivano, alla Powertrain di Termoli, alla Sevel di Atessa, a Verona e a Pomigliano (per una causa sindacale precedente a quella civile vinta ieri). In quegli stabilimenti la Fiom ha così potuto riappendere le bacheche, nominare le proprie rappresentanze, e ricominciare la propria attività sindacale.
Anche alla Powertrain di Termoli il giudice del lavoro ha dato ragione alla Fiom e ha condannato la Fiat per comportamento antisindacale, riconoscendo il diritto di rappresentanza aziendale della Fiom con l'ultrattività del contratto nazionale unitario firmato nel 2008. Ma la Fiat ha approfittato della sentenza per applicare alle retribuzioni degli iscritti Fiom solo i minimi sindacali previsti dal contratto unitario del 2008. Cosa che, a partire da maggio, ha ridotto le buste paga degli operai con tessera Cgil fino a 300 euro al mese. Non solo: l'assemblea convocata dalla Fiom per mercoledì è stata rimandata dopo che la Fiat, martedì, ha pensato bene di mettere in cassa integrazione la metà circa dei dipendenti dello stabilimento.
Nessun commento:
Posta un commento