Bergamo – La notizia è ufficiale. Venerdì il ministro del
Lavoro Elsa Fornero sarà in città per prendere la parola all’assemblea
nazionale di Federmeccanica. E’ un appuntamento di portata nazionale,
ancora più significativo perché lanciato in contemporanea allo sciopero
generale del sindacalismo di base e perché tra gli ospiti d’onore figurerebbero
anche i segretari nazionali di CGIL, CISL e UIL, che invece di sciopero
generale non vogliono proprio parlare. Mentre la riforma del lavoro giunge alla
Camera e le sigle del sindacalismo di base rompono il silenzio dei sindacati
confederali, Federmeccanica sceglie Bergamo per la sua assemblea nazionale,
promuovendovi di fatto un tavolo di confronto con le parti sociali e la
rappresentante del governo. Certo si tratterà di un tavolo più simbolico che
fattuale, ma le sue implicazioni non sono per nulla trascurabili, tanto che
indiscrezioni mettono già in forse la presenza della Camusso.
A nutrire lo scetticismo di quest’ultima potrebbe
essere la chiara natura mediatica dell’appuntamento; la CGIL mantiene
l’immobilismo (de facto) nei confronti della riforma Fornero, ma formalizzare
addirittura una posizione conciliante al cospetto del gotha dell’industria
italiana, potrebbe essere davvero inopportuno. A maggior ragione proprio quando
all’interno della CGIL sembrano giungere al culmine tensioni che covano ormai
da tempo e che assumono ora la forma del regolamento di conti. Il trasferimento
d’ufficio a Roma di Eliana Como, funzionaria della FIOM bergamasca e animatrice
della Rete “28 Aprile”, getta i riflettori su queste tensioni e qualifica i termini
della contrapposizione interna alla CGIL. Il processo di “normalizzazione” deve
proseguire a tappe serrate, gli intoppi vanno rimossi chirurgicamente, ancora
di più ora che il sostegno al governo tecnico figura come priorità
incondizionata del Partito Democratico.
Se la crociata contro la corrente FIOM facente capo a
Giorgio Cremaschi parte da Bergamo, non è detto però che ottenga l’effetto
desiderato dai piani alti. La RSU della FIOM dello stabilimento SAME di
Treviglio ha convocato una giornata di sciopero proprio per venerdì, lanciando
la mobilitazione in vista dell’arrivo del ministro Fornero all’assemblea
nazionale di Federmaccanica. L’appuntamento è per le ore 13:30, presso il
piazzale antistante il Teatro Donizetti, dove si terrà l’evento. Una decisione
che apre una contraddizione grande quanto una voragine non solo in casa CGIL,
ma anche all’interno della stessa FIOM, segnalando la frattura (contingente
nella migliore delle ipotesi) tra la base e il vertice dell’organizzazione.
Sarebbe però superficiale ridurre la portata dell’appuntamento di venerdì al
pure decisivo regolamento di conti interno alla CGIL.
Le adesioni che giungono in queste ore, infatti,
ricompongono ed estendono lo spaccato sociale che ha animato la giornata di
contestazione di sabato 26 maggio e l’assedio alla zona rossa approntata per la
visita di Mario Monti a Bergamo: lavoratori e lavoratrici, componenti
studentesche, realtà autorganizzate, settori delle sinistra alternativa e del
sindacalismo di base. In effetti già in occasione della contestazione al
presidente Monti, la costruzione di uno sciopero generale dal basso era emerso
come denominatore comune alle soggettività coinvolte nella mobilitazione. Ora
si comincia a scorgere la fisionomia di questo sciopero generale, che, lontano
dai ritualismi di sfilate e comizi tradizionali, sembrerebbe voler riproporre
la formula costituente dell’assedio al “palazzo”.
La scelta di Federmeccanica di indire un’assemblea
nazionale in quel di Bergamo possiede infatti una carica simbolica evidente. Le
richieste del mondo industriale giungerebbero al governo direttamente dal Nord
produttivo, i cui “pruriti fiscali” non debbono essere trascurati. Il motore
trainante dell’economia nazionale, insomma, punta i piedi ed esige la propria
fetta, ovvero nuovi tagli alla spesa pubblica per ridurre la pressione fiscale
sulle imprese. Pochi dubbi su chi dovrebbe farne le spese: giovani, migranti,
lavoratori e lavoratrici, famiglie a basso reddito, persone pensionate, senza
lavoro o disoccupate. Uno spaccato desolante e maggioritario di un paese in
declino. La maggioranza della popolazione, stretta tra i ricatti della finanza,
i sussulti della restaurazione padronale e l’inettitudine di un sistema
politico appiattito sui dogmi della dottrina liberista, non sembra davvero
trovare spazio nell’agenda del governo Monti, se non nei richiami ai sacrifici
inevitabili. Non è scontato però che la stessa maggioranza continui a subire
silenziosamente le ricette del governo. Venerdì Bergamo potrebbe rappresentare
un banco di prova, termometro sociale della stagione calda a venire.
da BG reporter
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