comunicato
Ieri pomeriggio, protetta
da uno spropositato e ingente apparato militar-repressivo, la Fornero
ha partecipato ad un dibattito promosso dal PD, primo sostenitore del
governo Monti, per discutere con i suoi simili, quali Ichino e Boeri,
che da sempre sono promotori di una riforma del lavoro simile se non,
in alcune parti, anche peggiori, alla riforma approntata dal
governo.
A cercare di far sentire
la contrarietà a questa riforma una cinquantina di “esodati”,
dell' Unilever-IBM-Poste italiane, organizzati con la CGIL,
esponenti dei comunisti italiani e rifondazione, una rappresentanza
di studenti e precari di labout, e, infine, una rappresentanza di
proletari comunisti e lavoratori dello Slai Cobas per il sindacato di
classe. Una settantina circa che ha cercato di contestare questa
tavola rotonda in un clima da zona rossa tipo G8 di Genova,
praticamente blindati e assediati in 100 metri quadri. Un chiaro
segnale, l'ennesimo, che dal presente al futuro sarà vietato
criticare-contestare-disturbare il manovratore. Proletari comunisti
ha portato la parola d'ordine sintetizzata in un manifestino che
recitava: “Monti-Ichino-Fornero al cimitero”, che coglieva lo
stato d'animo di molti lavoratori, i famosi esodati, che lo avevano
cominciato a lanciare come slogan. Ma questo slogan/manifesto di
proletari comunisti non è stato digerito da alcuni dirigenti Cgil
che hanno tentato di strapparlo, ma che hanno dovuto desistere per la
determinata opposizione dei compagni, ma anche per il consenso che
aveva suscitato nei loro stessi iscritti.
Tutto liscio e tranquillo
fino al momento in cui sono arrivati i giovani di Labout, che avevano
pensato di portare il loro contributo all'iniziativa, portando in
dono delle cassette di frutta e uova marce. Si è così
materializzata la seconda fase della zona rossa con un folto gruppo
di digossini che circondavano e sequestravano il “pericoloso”
materiale “terroristico”. Dopo questa clamorosa ed efficiente
operazione di polizia, il presidio è andato via via smobilitando. A
questo punto è scattata la terza fase della repressione di chi
contestava. I giovani di Labout aprivano uno striscione e avanzavano
verso la strada. Subito sono partiti i dirigenti digos, poliziotti in
tenuta antisommossa, diretti dal vice questore, di fatto molto
nervoso, che hanno strappato lo striscione, hanno cominciato a
spintonare e minacciato di caricare. Ma e in particolare
l'atteggiamento del vice questore hanno evidenziato un atteggiamento
offensivo, fatto “vaffanculo” “non rompete i coglioni”, che
in teoria non dovrebbero essere usati da un dirigente di piazza: In
soccorso dei ragazzi alcuni lavoratori/ci e i compagni/e che in
maniera ferma e decisa hanno contrastato questi abusi. Questo ha
permesso che quello che erano le intenzioni dei giovani, ovvero
andare via dal presidio in corteo sino in metropolitana, si è alfine
realizzato.
Questa contestazione
poteva e doveva essere più incisiva se solo altre realtà, dal
sindacalismo di base al precariato – ai partiti al movimento in
generale che si “oppone” alle politiche devastatorie del
governo,ecc., fossero stati presenti per dare continuità nella
pratica alla battaglia per non dare tregua a chi non da tregua ai
diritti dei lavoratori, dei giovani, delle donne, degli immigrati.
Perchè il pericolo in questa fase è anche il fatto di lasciare
campo alla destra populista e fascista, che “rischia” di
capitalizzare il malessere e la rabbia sociale. Questo ieri si è
materializzato col tentativo di un esponente della Lega, l'inquisito
per corruzione, ex presidente del consiglio regionale D. Boni, che in
virtù del non appoggio al governo Monti ha portato il “sostegno”
agli esodati, così come sabato 16 una decina di militanti di Casa
Pound hanno “contestato” Monti nel suo tour milanese.
Circolo proletari
comunisti Milano/Bergamo
prolcom.mi@tiscali.it
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