lunedì 28 dicembre 2020

pc 28 dicembre - I decreti sicurezza sono ancora lì e la lotta contro di essi deve continuare!

Massima condanna dell'indegna gazzarra fasciorazzista di Salvini/Meloni in Parlamento contro la loro modifica. 

Leggi articolo su proletari comunisti novembre 2020

I decreti sicurezza del fascio razzista Salvini non sono stati aboliti e diventano i decreti del governo Conte 2

Tutto l’impianto repressivo contro le lotte operaie e delle masse popolari dei cosiddetti decreti sicurezza Salvini è rimasto intatto! Mentre la parte che riguarda più specificamente i migranti è stata leggermente modificata. Altro che abolizione! Si tratta dello stesso impianto reazionario che abbiamo denunciato e combattuto in questi anni nelle piazze e tra i lavoratori, gli stessi decreti di cui abbiamo chiesto e chiediamo l’abolizione!

Il governo e i mass media hanno invece strombazzato come grande risultato la leggera modifica di alcuni punti dei decreti emanati durante il governo Conte 1, il governo Lega/Movimento 5 Stelle;

strombazzati a gran voce anche perché il governo Conte2, Pd/Movimento 5 Stelle, è seriamente a corto di altri risultati “positivi” da dare in pasto all’opinione pubblica.

Certo la condizione sociale complessiva è degradata al punto che anche il cambiamento di una virgola in senso positivo in un decreto può essere apprezzato, e infatti alcuni settori legati al mondo della solidarietà, soprattutto, hanno visto positivamente e giustamente per esempio l’alleggerimento della parte più disumana dei decreti e la rimessa in vigore del permesso per motivi umanitari. O il divieto di espulsione e respingimento di chi nel proprio Paese rischia torture o trattamenti disumani, riconoscendo ai migranti la protezione speciale.

Diciamo, quindi, che è stata modificata la parte più facile, l’aspetto che rendeva i decreti “disumani”, appunto, ciò che era stato subito contestato perfino a livello istituzionale, che anche il presidente Mattarella, nonostante vigliaccamente li avesse firmati, chiedeva di cambiare, così come la Corte Costituzionale, vedi le supermulte fino a 1 milione per le navi delle Ong, il sequestro delle navi e il divieto di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo, condannato dai tribunali prima e dichiarato incostituzionale poi.

Il soccorso in mare, invece, nel nuovo decreto, viene affermato come obbligo costituzionale e internazionale e quindi non viene più vietato; ma, il decreto puntualizza: non si può vietare l’ingresso alle navi quando le operazioni di salvataggio vengono «immediatamente comunicate alle autorità italiane e dello Stato di bandiera e condotte nel rispetto delle norme di diritto internazionale e delle indicazioni del competente centro di coordinamento dei soccorsi in mare». È chiaro che qui il governo si lascia una via d’uscita, la possibilità di impedire l’ingresso nei porti, perché può decidere di indicare quello che per esso è il “porto sicuro”, come la Libia, per esempio! E diciamo che ambiguo è anche l’aspetto del nuovo decreto dove dice che il Ministro dell’Interno può ancora proporre un eventuale divieto per ragioni di sicurezza pubblica: ma chi decide quando c’è la “ragione di sicurezza pubblica”? ancora una volta l’arbitrarietà del ministro.

Se comunque una nave entra in acque territoriali senza “permesso”, se cioè chi dirige la nave considera pericoloso per la vita di chi è a bordo perdere altro tempo, o è nell’impossibilità materiale di fare comunicazioni varie, in questo caso c’è la possibilità di essere condannati penalmente con la reclusione fino a due anni e la sanzione pecuniaria che può andare da 10mila a 50mila euro. E’ vero che le multe potranno essere comminate solo all’esito di un processo e non a discrezione del prefetto, ma il carcere resta, le multe restano! e resta dunque la criminalizzazione del soccorso!

«Né porti chiusi, né aperti», ha detto il presidente del Consiglio Conte commentando il nuovo decreto, «ma solo una disciplina più coerente con la Costituzione, la sicurezza e il diritto di protezione dei migranti». Conte mente sapendo di mentire, se è vero che è per giunta un giurista! Questo nuovo decreto è tutto il contrario di ciò che dice la Costituzione sui migranti, per es. all’articolo 10.

La competenza sul divieto di ingresso nelle acque territoriali di navi battenti bandiera straniera ritorna al ministero dei Trasporti, togliendo di mezzo quell’assurdità messa in campo da Salvini che l’aveva invece accentrata su se stesso, come ministro dell’interno, così come avrebbe voluto accentrare tutto il potere.

Tra le modifiche ritenute positive c’è dunque quella dell’introduzione della “protezione speciale” non solo in casi di tortura, ma in casi di vulnerabilità, violenza domestica, sfruttamento lavorativo, calamità naturali per soggetti che non hanno i requisiti dello status di rifugiato, e la possibilità di trasformare il permesso di soggiorno in permesso di lavoro. E sembrerebbe positivo anche il cambiamento che riguarda i tempi di “trattenimento” (ma si tratta di vera e propria detenzione illegale) nei “centri di accoglienza” (che adesso si chiamano Sai): non più 180 giorni, ma 90, prorogabile di altri 30 giorni (e siamo a sei mesi!) “quando lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l’Italia non ha sottoscritto gli accordi in materia di rimpatri”. Ma anche qui la riduzione dei giorni di arresto illegale viene “compensata” però con la novità dell’arresto e del processo per direttissima nel caso di danni arrecati al centro di accoglienza. Quindi si criminalizza ogni possibile atto di insofferenza o di autodifesa rispetto alle vessazioni subite, che può nascere a causa delle condizioni che nei centri sono spesso invivibili.

E anche per ciò che riguarda i tempi previsti per la richiesta della cittadinanza il nuovo decreto nella sostanza dà l’impressione di migliorare il decreto Salvini, passando da 4 a 3 anni, ma nella sostanza allunga di un anno il tempo stabilito dalla legge prima di Salvini.

Il nuovo decreto si chiude con l’aggiunta degli articoli che prevedono l’istituzione di un nuovo “Daspo urbano”, che man mano, di decreto in decreto, è passato dal divieto di assistere agli eventi sportivi per i tifosi violenti, al divieto esteso di fatto a tutti e dappertutto, affinché le città mantengano il loro “decoro”, nella sostanza per allontanare, a discrezione dei questori, chiunque disturbi la realizzazione di profitti fatti in santa pace dai padroni coperti dalla legalità borghese. Daspo urbano che, come rimprovera un articolo del 12 ottobre del quotidiano dei padroni, Il Sole 24 Ore, i questori usano poco!

La concezione reazionaria della borghesia è quella di criminalizzare le lotte che si sono sviluppate negli ultimi tempi e in alcuni settori lavorativi: forme di lotta, insomma che sono messe in campo appunto dalle lavoratrici e dai lavoratori quando, per esempio fanno picchetti davanti le fabbriche o i grandi magazzini, occupano una strada, o coloro che non hanno un posto dove vivere occupano una casa, un immobile.

E, infatti, queste parti dei decreti Salvini che riguardano le lotte proletarie e di massa non sono state toccate: tutto l’impianto repressivo che ha introdotto norme più restrittive riguardo alle mobilitazioni non solo sono rimaste, anzi su di esse è di fatto calato il silenzio, addirittura come se non esistessero, non ne hanno parlato né i mass media, né la cosiddetta opposizione.

E questo perché la “normalità” borghese, a forza di decreti deve diventare la “normalità per tutti”! La legislazione borghese prende le misure alle forme di lotta di classe, alla lotta delle masse.

La Costituzione, richiamata fin troppo spesso dalle “autorità” a cominciare dal presidente Mattarella; le tante parole sui “garanti dei più deboli”… rimangono sullo sfondo sbiadito davanti al quale i rappresentanti della borghesia continuano a recitare i loro proclami, mentre la repressione che si scatena contro le lotte a suon di manganellate, pestaggi, denunce, fogli di via, divieti di dimora, multe e arresti, daspo, eccetera, non desta nessuna preoccupazione: la borghesia non ci vede niente di disumano, e non ci trova “elementi di incostituzionalità”!

Perché le misure restrittive nei confronti dei migranti, ma anche dei lavoratori e delle masse in lotta, volute innanzi tutto dall’“uomo nero” Minniti del Pd, e fatte proprie da Salvini per i suoi decreti, sono una rassicurazione, una garanzia per la borghesia, che spera di fermare le lotte, le rivolte sociali presenti e future, criminalizzando di fatto le manifestazioni di protesta.

È per conquistare quindi l’opinione pubblica, per rendere le loro facce più “umane”, che strombazzano l’“umanità” del nuovo decreto contro quello disumano di Salvini, mentre di fatto iniettano, con queste operazioni di facciata, nuovo veleno razzista nella vita quotidiana e alimentano una costante guerra tra poveri.

Quanto il governo con questo decreto mostri tutta la sua pavida ipocrisia, è dato dal fatto che se da un lato i padroni e i loro governi alzano muri veri e muri di spazzatura mediatica, intrisi di odio razzista che diventano leggi, dall’altro la necessità dei padroni di portare avanti la produzione è quella di avere a disposizione un certo tipo di manodopera a bassissimo costo; una necessità “legalizzata” con l’emanazione del cosiddetto “decreto flussi”: “30.850 la quota massima dei lavoratori non comunitari subordinati, stagionali e non stagionali, e di lavoratori autonomi che potranno fare ingresso in Italia quest’anno.”

In questo senso, dopo essersi resi conto del vero valore dei “benefici” apportati dai decreti della borghesia, per i lavoratori e le masse, resta ancora tutto lo spazio per la denuncia e la lotta. Da questo proviene che le prese di posizione, gli atti concreti della borghesia per cercare di attenuare i danni pesanti e costanti prodotti dal loro sistema, sono veli sottilissimi che si stracciano al primo vento di protesta.

Per finire, dunque, il problema vero non è ciò che è stato modificato, ma ciò che rimane dei decreti: l’impossibilità di una vera accoglienza per i migranti e un peggioramento delle condizioni delle lotte dei lavoratori e delle lotte sociali.

Abolire i decreti sicurezza rimane perciò un dovere per lavoratori e masse popolari che deve essere portato avanti con una battaglia costante, coerente, che tenendo il fiato sul collo della borghesia, chiami a raccolta tutti coloro che vogliono non solo alleggerire il peso della catena, ma contribuire a liberarsi della catena stessa.

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