Ma quali diritti! Armi e munizioni per miliardi al regime egiziano. Gli affari al primo posto! È questo lo slogan vero del governo italiano che naturalmente avrà la sfacciataggine di augurare a tutti un "Natale di pace e di serenità"...
La prima fregata per al-Sisi salpata in silenzio il
giorno di Natale
Italia/Egitto. "Al Galala"
arriverà al Cairo il 31 dicembre, parte di un pacchetto-record di vendite
militari al regime egiziano. Che avrebbe ottenuto anche 8 milioni di euro in
munizionamento da Cagliari a giugno. Intanto dalla prigione arriva un'altra
lettera di Patrick Zaki
La cerimonia di consegna della prima
fregata Fremm a Muggiano
© Rete Disarmo Chiara Cruciati EDIZIONE DEL30.12.2020
La più contestata delle vendite di equipaggiamento militare si conclude in
sordina, così come iniziata: il 5 febbraio scorso su queste pagine avevamo
rivelato la vendita di due fregate Fremm
Bergamini di Fincantieri al regime egiziano, un affare da 1,2 miliardi di euro
per due navi – la Emilio Bianchi F599 e la Spartaco Schergat F598 –
inizialmente destinate alla Difesa italiana e poi virate sul Cairo senza
comunicazioni ufficiali al parlamento.
Un affare enorme, possibile grazie alla collaborazione di banche europee e
agenzie di credito (tra gli altri Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Intesa
Sanpaolo, Bnp Paribas e Santander) che copriranno parte della spesa egiziana
con prestiti da 500 milioni.
All’epoca Fincantieri non aveva voluto rilasciare dichiarazioni, solo dopo
montò la polemica che costrinse il governo a metterci una pezza promettendo di
rivedere l’accordo e poi (con il premier Conte) affermando che per avere verità
dal regime sull’omicidio di Giulio Regeni era meglio fare business e tenerselo
amico.
Altrettanto in sordina la prima delle due navi, la Spartaco Schergat,
ancorata a Muggiano, vicino La Spezia, è stata ribattezzata dal regime con il
nome «Al Galala», riferimento a uno dei mega
progetti infrastrutturali voluti dal presidente al-Sisi e realizzati dalle
imprese dell’esercito (fulgido esempio di forze armate imprenditrici e di un
oligopolio che garantisce potere economico e dunque politico).
Il 23 dicembre, a due giorni da Natale, di nuovo in sordina (come raramente
accade) a Muggiano si è svolta la cerimonia di consegna da Fincantieri alla
Marina militare egiziana. Lo ha rivelato Rete Disarmo, con a corredo due foto dove
sono ben visibili le bandiere egiziane e alti ufficiali che fanno il saluto
militare.
«Il tentativo di tenere nascosta la consegna e la successiva partenza alla
volta dell’Egitto durante il periodo natalizio – scrive Rete Disarmo –
manifesta chiaramente l’imbarazzo da parte del governo italiano: non solo
nessun rappresentante dell’esecutivo ha partecipato alla cerimonia, ma non ci
risulta alcun comunicato ufficiale da parte dei vari ministeri in qualche modo
coinvolti».
La Al-Galala è partita il giorno di Natale, secondo Agenzia Nova arriverà
lungo le coste egiziane il 31 dicembre. Seguirà il resto del pacchetto già
autorizzato dall’Italia, tra i 9 e gli 11 miliardi di euro (record) per 20
pattugliatori, 24 caccia Eurofighter e 20 aerei addestratori M346.
Intanto continuano ad arrivare munizioni: secondo Giorgio Beretta, analista
di Opal, dalla provincia di Cagliari a giugno sono stati esportati 8.121.300 euro di munizionamento
pesante all’Egitto. Lo dicono i dati Istat, nella neonata categoria “Altri
prodotti in metallo”. Ma con simili numeri, spiega Beretta, quel metallo serve
a camuffare armi prodotte dalla Rwm Italia di Domunsnovas (la stessa che parla
di crisi aziendale, come spiegavamo lo scorso 15 novembre su queste
colonne).
E mentre Al-Galala lasciava le acque italiane, a Tora – la famigerata
prigione del Cairo per i detenuti politici – lo studente Patrick Zaki vedeva la
famiglia. Il 28 dicembre ha consegnato loro un biglietto scritto in italiano:
«Buon natale a tutti i miei colleghi e sostenitori. Fate sapere che sono qui
perché sono un difensore dei diritti umani». Durante l’incontro il giovane ha
detto ai genitori – riporta la pagina Facebook “Patrick Libero” – di essere
certo che questa detenzione altro non sia che una punizione per il suo lavoro.
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