mercoledì 30 dicembre 2020

pc 30 dicembre - Il governo italiano continua ad armare il fascista egiziano Al-Sisi con la sua Fincantieri e le sue banche

Ma quali diritti! Armi e munizioni per miliardi  al regime egiziano. Gli affari al primo posto!  È questo lo slogan vero del governo italiano che naturalmente avrà la sfacciataggine di augurare a tutti un "Natale di pace e di serenità"...

 ***

La prima fregata per al-Sisi salpata in silenzio il giorno di Natale

Italia/Egitto. "Al Galala" arriverà al Cairo il 31 dicembre, parte di un pacchetto-record di vendite militari al regime egiziano. Che avrebbe ottenuto anche 8 milioni di euro in munizionamento da Cagliari a giugno. Intanto dalla prigione arriva un'altra lettera di Patrick Zaki

La cerimonia di consegna della prima fregata Fremm a Muggiano

 © Rete Disarmo Chiara Cruciati EDIZIONE DEL30.12.2020

La più contestata delle vendite di equipaggiamento militare si conclude in sordina, così come iniziata: il 5 febbraio scorso su queste pagine avevamo rivelato la vendita di due fregate Fremm Bergamini di Fincantieri al regime egiziano, un affare da 1,2 miliardi di euro per due navi – la Emilio Bianchi F599 e la Spartaco Schergat F598 – inizialmente destinate alla Difesa italiana e poi virate sul Cairo senza comunicazioni ufficiali al parlamento.

Un affare enorme, possibile grazie alla collaborazione di banche europee e agenzie di credito (tra gli altri Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Intesa Sanpaolo, Bnp Paribas e Santander) che copriranno parte della spesa egiziana con prestiti da 500 milioni.

All’epoca Fincantieri non aveva voluto rilasciare dichiarazioni, solo dopo montò la polemica che costrinse il governo a metterci una pezza promettendo di rivedere l’accordo e poi (con il premier Conte) affermando che per avere verità dal regime sull’omicidio di Giulio Regeni era meglio fare business e tenerselo amico.


Altrettanto in sordina la prima delle due navi, la Spartaco Schergat, ancorata a Muggiano, vicino La Spezia, è stata ribattezzata dal regime con il nome «Al Galala», riferimento a uno dei mega progetti infrastrutturali voluti dal presidente al-Sisi e realizzati dalle imprese dell’esercito (fulgido esempio di forze armate imprenditrici e di un oligopolio che garantisce potere economico e dunque politico).

Il 23 dicembre, a due giorni da Natale, di nuovo in sordina (come raramente accade) a Muggiano si è svolta la cerimonia di consegna da Fincantieri alla Marina militare egiziana. Lo ha rivelato Rete Disarmo, con a corredo due foto dove sono ben visibili le bandiere egiziane e alti ufficiali che fanno il saluto militare.

«Il tentativo di tenere nascosta la consegna e la successiva partenza alla volta dell’Egitto durante il periodo natalizio – scrive Rete Disarmo – manifesta chiaramente l’imbarazzo da parte del governo italiano: non solo nessun rappresentante dell’esecutivo ha partecipato alla cerimonia, ma non ci risulta alcun comunicato ufficiale da parte dei vari ministeri in qualche modo coinvolti».

La Al-Galala è partita il giorno di Natale, secondo Agenzia Nova arriverà lungo le coste egiziane il 31 dicembre. Seguirà il resto del pacchetto già autorizzato dall’Italia, tra i 9 e gli 11 miliardi di euro (record) per 20 pattugliatori, 24 caccia Eurofighter e 20 aerei addestratori M346.

Intanto continuano ad arrivare munizioni: secondo Giorgio Beretta, analista di Opal, dalla provincia di Cagliari a giugno sono stati esportati 8.121.300 euro di munizionamento pesante all’Egitto. Lo dicono i dati Istat, nella neonata categoria “Altri prodotti in metallo”. Ma con simili numeri, spiega Beretta, quel metallo serve a camuffare armi prodotte dalla Rwm Italia di Domunsnovas (la stessa che parla di crisi aziendale, come spiegavamo lo scorso 15 novembre su queste colonne).

E mentre Al-Galala lasciava le acque italiane, a Tora – la famigerata prigione del Cairo per i detenuti politici – lo studente Patrick Zaki vedeva la famiglia. Il 28 dicembre ha consegnato loro un biglietto scritto in italiano: «Buon natale a tutti i miei colleghi e sostenitori. Fate sapere che sono qui perché sono un difensore dei diritti umani». Durante l’incontro il giovane ha detto ai genitori – riporta la pagina Facebook “Patrick Libero” – di essere certo che questa detenzione altro non sia che una punizione per il suo lavoro.

 Il Manifesto di oggi

Nessun commento:

Posta un commento