Un reportage diretto di qualche settimana fa - oggi quanto mai attuale
Da settimane il popolo Saharawi protesta contro l’occupante marocchino e la forza d’interposizione Minurso delle Nazioni Unite.
....il Fronte Polisario, organizzazione per la liberazione nazionale del Sahara Occidentale e unico partito della RASD Repubblica Araba Democratica del Saharawi, ha lanciato una campagna di protesta nelle zone liberate (la piccola striscia di territorio che l’organizzazione controlla, il 20% del paese) a ridosso del muro che delimita la zona occupata dal Marocco. In particolare nella località di El Guergueratnel città saharawi al confine con la Mauritania, dove il Polisario controlla una striscia di terra tra i posti frontalieri di Mauritania e Marocco, e proprio lì stanno organizzando un blocco stradale contro quello che definiscono un “posto transfrontaliero illegale”.
Tali proteste oltre ai blocchi stradali, ha preso la forma di sit-in di fronte le postazioni militari marocchine e infine nella città di Aguenit di fronte agli uffici della MINURSO (United Nation Mission for the Referendum in Western Sahara), la forza internazionale dell’Onu incaricata nel 1991 di organizzare un referendum per decidere se il Sahara Occidentale dovesse essere uno Stato indipendente o una regione autonoma del Marocco.
Alcune di queste proteste hanno avuto luogo anche al di là del muro come un sit-in di donne nella città
di Laayoune dispersa in pochi minuti dalla polizia marocchina, invece in un sit-in di fronte al Muro il Polisario ha dispiegato simbolicamente a supporto dei veicoli militari leggeri.Intanto il Marocco sta ammassando mezzi e uomini a ridosso di El Guergueratnel minacciando un attacco ai manifestanti per sgomberare il blocco stradale e riaprire così l’unico collegamento terrestre con la Mauritania.
La nascita della questione Saharawi
Il Sahara Occidentale è un ex colonia spagnola, un territorio principalmente desertico confinante a nord con il Marocco a Est con l’Algeria e con la Mauritania con cui condivide anche il confine meridionale e a ovest si affaccia sull’Oceano Atlantico.
Nel 1975 lo Stato spagnolo decise unilateralmente di ritirarsi senza alcun accordo con i rappresentanti del popolo saharawi ma firmando l’Accordo di Madrid con Marocco e Mauritania che si spartirono il territorio del Sahara Occidentale e concernente anche un protocollo segreto che prevede l’allocazione alla Spagna del 35% dei ricavi dall’estrazione dei fosfati nella regione.
Il popolo saharawi continuò quindi a vivere sotto l’occupazione dei due Stati arabi, ma ancora durante l’occupazione spagnola era stato fondato il Polisario con lo scopo di cacciare gli occupanti e di fondare la RASD (Repubblica Araba Sahrawi Democratica).
All’epoca della guerra fredda il Polisario assunse toni socialisteggianti senza grandi risultati dato che l’URSS preferì appoggiare il Marocco e la Cina avendo restaurato il capitalismo cessò qualsiasi attitudine internazionalista e rimase neutrale. Qualche carico di armi furono inviati dalla Polonia e dalla Cecoslovacchia, in ogni caso già nel 1975 il capitalismo era stato restaurato in tutti i paesi formalmente “socialisti”.
Dopo qualche anno la Mauritania decise di ritirarsi dalla propria zona di occupazione ma venne sostituita dal Marocco che allargò la propria area d’occupazione continuando a scontrarsi con il Polisario e l’Algeria, quando quest’ultima non intervenne più direttamente nel conflitto, il Marocco per limitare i danni delle incursioni sarhawi e per poter meglio controllare il territorio, negli anni ‘80 a più riprese incominciò la costruzione di muri di sabbia e pietra, fortificati e militarizzati con presidi e rendendo il perimetro esterno altamente minato. L’ultimo muro concluso nel 1988 è lungo oltre 2.700 km e dal sud del Marocco attraversa il Sahara Occidentale arrivando fino alle porte della Mauritania dove in questi giorni è in atto il blocco stradale alla frontiera.
A Ovest del muro vi è quindi il territorio occupato dal Marocco (circa l’80% del Sahara Occidentale) e a Est del Muro il territorio liberato in cui vi sono sostanzialmente pochi villaggi nel deserto gestiti dalla RASD la cui sede rimane all’estero ovvero nel campo profughi della cittadina di Tindouf in Algeria a pochi kilometri dal confine saharawi.
Ancora oggi l’Algeria rimane l’altro importante attore regionale che prende parte alla questione saharawi sostenendo apertamente l’indipendenza del Sahara Occidentale dal Marocco e questa è la principale ragione per il quale Marocco e Algeria nonostante siano teoricamente due paesi arabi fratelli, sono ai ferri corti ormai da decenni, con le relazioni diplomatiche tese e ridotte all’osso e con i posti frontalieri terrestri ancora chiusi a seguito della guerra degli anni ‘70.
Il Sahara Occidentale nonostante sia un territorio poco popolato e principalmente desertico, è ricco di materie prime come gas, petrolio e fosfati, inoltre le sue acque sono molto pescose.
Per tale motivo il Marocco intende mantenere il controllo di tale territorio e negli anni ne ha favorito la colonizzazione da parte di marocchini.
Allo stesso tempo è facile pensare che anche l’Algeria non dispensi una generosità disinteressata al punto di fornire sul proprio territorio la sede per il governo in esilio della RASD con l’effetto di avere rapporti tesi col proprio vicino occidentale fino a rischiare una nuova guerra.
Basti guardare la cartina geografica è risulta evidente come una solida alleanza con una futura RASD garantirebbe uno sbocco diretto verso l’Oceano Atlantico ed un solido partenariato economico nello sfruttamento di tali risorse.
Nel 1991 fu raggiunto un accordo di cessate il fuoco e per l’ingresso della MINURSO, che avrebbe dovuto organizzare il referendum dopo pochi mesi il cui esito era pressocchè scontato e a favore dell’indipendenza, allora il Marocco fece un continuo ostruzionismo con il duplice obiettivo di rimandare continuamente il referendum e allo stesso tempo guadagnare tempo per colonizzare il territorio con trasferimento di “lealisti” di nazionalità marocchina per cambiare gli equilibri demografici e nazionali nella nazione occupata.
La questione saharawi nell’attuale contesto internazionale
Negli anni ‘90 con la caduta del Muro di Berlino e la variazione delle contraddizioni interimperialiste che precedentemente erano determinate dall’equilibrio esistente tra due superpotenze al passaggio ad un pieno multipolarismo, il Polisario ha visto sostanzialmente ridurre il proprio appoggio internazionale sostanziale alla vicina Algeria. In particolare nel periodo 1990-2005 è stato contrassegnato da una momentanea ritirata dell’imperialismo russo e dallo strapotere e ultra interventismo americano senza un sostanziale contrasto da parte delle altre potenze imperialiste, il Marocco divenne il principale alleato USA in quella regione mentre la maggior parte dei paesi della fascia del Sahel rimangono tuttora sotto influenza francese, seppur la Cina si stia avvicinando a quella regione.
Inoltre come già ricordato anche lo Stato imperialista spagnolo tra diretto beneficio dall’occupazione marocchina del Sahara Occidentale.
Contemporaneamente il Marocco aspira a diventare una potenza regionale estendendo le proprie relazioni politiche ed economiche con i paesi dell’Africa subsahariana, in particolare con la Costa D’Avorio, le Mauritios, il Mali, il Cameroun, la Nigeria, il Senegal, il Gabon ed il Congo.
Inoltre la crescente penetrazione economica dell’imperialismo cinese che recentemente ha preso il nome di “Nuova Via della Seta” (2013) prevede degli investimenti in Marocco ed in particolare per quanto rigurda il porto di Tangeri e la città in generale per farne un hub industriale con un investimento previsto di 10 miliardi di dollari, contemporaneamente la Cina ha firmato anche un progetto d’investimento di 3,3 miliardi di dollari nel porto algerino di Cherchell a 60 km da Algeri e vorrebbe rimodernare per le stesse ragioni anche il porto di Biserta in Tunisia ma per quest’ultimo non vi è ancora un’accordo dato che allo stesso progetto sono interessati gli USA, la Francia e l’Italia.
Già nel 2007 Cina e Marocco avevano firmato un Joint Statement of the People’s Republic of China and the Kingdom of Morocco on Establishing a Strategic Partnership between the Two Countries (2007) concernente una cooperazione ad ampio raggio: economica, militare e tecnologica.
La Cina mantiene buoni rapporti sia con il Marocco che con l’Algeria, quest’ultima rappresenta il principale mercato d’esportazione della Cina in Nord Africa ed entrambi i paesi sono oggetto di IDE (Investimenti Diretti all’Estero) cinesi.
Come conseguenza la Cina porta avanti ufficilmente una politica di neutralità e non intervento nei confronti del Sahara Occidentale ed è interessata a mantenere lo status quo di sostanziale stallo per poter continuare a stringere accordi economici con i due paesi arabi norafricani rivali.
Ciò però entra in contraddizione con la necessità dell’imperialismo cinese di conquistare nuovi mercati, infatti recentemente il Marocco ha fornito delle concessioni a paesi stranieri per delle trivellazioni nelle “provincie meridionali” (il nome che il Marocco ha dato al territorio da lui occupato del Sahara Occidentale) e starebbe pensando di offrire delle concessioni a compagnie cinesi con la creazione di joint ventures.
Ciò ha portato la Cina ad impegnarsi maggiormente con una presenza militare in Sahara Occidentale seppur in forma multilaterale (all’interno della Minurso) e risibile quantitativamente (13 unità contro le 16 russe e le 26 del Bangladesh che contribuisce maggiormente al corpo totale di circa 230 unità) ma con una crescente importanza politica tant’è che dal novembre 2018 il Comandante in Capo della Minurso è proprio un cinese: il General Maggiore Wang Xiaojun.
Il Sahara Occidentale gode del riconoscimento internazionale di 45 Stati, la maggior parte africani essendo il paese membro ufficile dell’Unione Africana, tra cui l’Angola, il Ciad, l’Etiopia, il Ghana, il Mali, Nigeria, Tanzania, Zambia e Uganda. Tra i paesi arabi invece oltre all’Algeria hanno proceduto al riconoscimento la Mauritania, la Siria, la Libia ed il Sudan del Sud; in America Latina anche Cuba, Messico e Venezuela e altri.
Alcuni di essi sono paesi che in Africa vogliono assumere lo stesso ruolo di potenze regionali/continentali antagoniste al Marocco, o a livello internazionale paesi che si atteggiano a difensori della lotta contro il colonialismo.
Il referendum è la via per raggiungere l’indipendenza?
Mentre il popolo saharawi in questi giorni intensifica la lotta diretta dal Polisario, quest’ultimo minaccia una ripresa della armi contro l’occupante marocchino reclamando il fallimento della MINURSO.
Non è la prima volta dalla dispiegazione della MINURSO che il Polisario minaccia la ripresa della lotta armata ma ciò è sempre rimasto lettera morta.
Nel contesto attuale in cui il Marocco domina incontrastato ormai dal 1978 avendo esteso il suo controllo su quasi la totalità del territorio, pensare che si possa organizzare anche un referendum senza la pressione delle armi è una pura illusione.
Effettivamente l’esperienza dei popoli insegna che solo con la lotta armata è possibile scacciare l’invasore e raggiungere l’indipendenza, in particolare dopo l’instaurazione della Repubblica Popolare Cinese il primo ottobre del 1949, la strategia della Guerra Popolare di Lunga durata è servita da faro per le lotte di liberazione nazionale dagli anni ‘50 in poi sia quando essa è stata applicata integralmente come in Vietnam il cui popolo ha cacciato dal proprio territorio ben due potenze imperialiste prima la Francia e poi gli USA, sia quando è stata di ispirazione generale come in Algeria, Angola, Mozambico, Congo e altri paesi sotto il giogo coloniale in Asia, Africa e America Latina.
Con la nascita del Polisario la guerra di guerriglia per la liberazione nazionale veniva applicata per la prima volta in un territorio desertico in maniera originale e creativa facendo leva sul pieno appoggio del popolo saharawi alla causa nazionale.
Ma quando il Polisario nel 1991 contemporaneamente alla concessione del dispiegamento di militari stranieri della Minurso sul proprio territorio dichiarò ufficialmente di non avere più nessun riferimento teorico al Socialismo abbracciando i principi dell’economia di mercato, iniziò l’attuale crisi della lotta per la liberazione del Sahara Occidentale.
Questa svendita dei principi o meglio la mai totale adesione sostanziale al marxismo-leninismo seguendo l’esperienza rivoluzionaria della Cina (1949-1975) diremmo oggi al marxismo-leninismo-maoismo sono complici della fase di stallo sul campo vissuta ormai da quasi 30 anni.
Dopo tutto questo tempo è ormai evidente che la MINURSO è stata una vera e propria vittoria politica per il Marocco, seppur esso formalmente ne avversi ogni volta il rinnovo della missione, ma rafforzando in realtà la propria presenza e politica coloniale senza che nessun referendum abbia mai avuto luogo.
La Guerra Popolare di Lunga Durata unica strategia per la liberazione nazionale e la Rivoluzione di Nuova Democrazia
Come insegna il presidente Mao principali non sono le armi o i mezzi ma gli uomini, in questo caso non è principale il supporto di stati reazionari come l’Algeria che contemporaneamente massacra e imprigiona il proprio popolo in lotta, strategico è piuttosto il sostegno dei popoli e principalmente quello del popolo algerino e marocchino e di tutto il mondo nonchè dei lavoratori nei paesi imperialisti.
La questione del Sahara Occidentale è certamente complessa, basti pensare al fatto che l’attuale oppressione nazionale del popolo saharawi è condotta non da un paese imperialista ma dalla borghesia compradora marocchina rappresentata generalmente dalla monarchia marocchina di un paese, il Marocco, a sua volta oppresso dall’imperialismo ed il cui popolo vive una condizione di sottosviluppo causato da tale classe dirigente che relega il paese a condizioni semifeudali e semicoloniali.
Non a caso la parte del popolo marocchino in lotta per un reale cambiamento rivoluzionario nel paese, i comunisti rivoluzionari marxisti-leninisti-maoisti avanguardia rivoluzionaria nel paese dagli anni ‘70 ed oggi in fase di riorganizzazione, sono stati l’unica forza politica marocchina a sostenere pienamente il diritto di autodeterminazione del popolo saharawi. Un’alleanza strategica e di cooperazione politica e di lotta tra i rivoluzionari marocchini ed i giovani e indipendentisti saharawi è quanto mai necessaria per fare avanzare la lotta di liberazione nazionale, anti-imperialista e rivoluzionaria in entrambi i paesi.
Allo stesso modo l’appoggio necessario alla questione saharawi del popolo algerino da oltre un anno in pieno movimento Hirak entra in contraddizione con il sostegno reciproco tra RASD e Stato algerino soprattutto in questa fase particolare in cui l’Hirak subisce una dura repressione dal regime.
Uno stato reazionario e antipopolare come il regime algerino non può supportare genuinamente la causa di un altro popolo oppresso se quotidianamente calpesta i diritti del proprio stesso popolo.
Il Fronte Polisario sembra però preferire il sostegno dello Stato algerino piuttosto che coltivare le relazioni tra popoli sahrawi e algerino.
Oggigiorno con l’assenza degli Stati socialisti nessuno Stato può supportare realmente la lotta di liberazione nazionale, solo i movimenti rivoluzionari possono sostenere oggi ideologicamente, moralmente e politicamente la lotta dei popoli oppressi.
Le Guerre Popolari in corso in India e nelle Filippine per la loro vasta portata in quanto a mobilitazione di massa, organizzazione delle zone liberate e strategia politico-militare rappresentano un faro per la lotta dei popoli e dei lavoratori nel mondo di oggi, gli altri movimenti rivoluzionari e di liberazione in particolare in Turchia, Bangladesh, Palestina, Kurdistan e anche i rivoluzionari nei paesi imperialisti come in Italia, Francia, USA e Canada possono dare un sostegno maggiore alla causa del popolo saharawi rispetto che l’Algeria.
Nel 2010 a fronte dei massacri perpetuati dal Marocco nel campo tendopoli di Gdeim Izdik eretto per accogliere i nazionalisti in protesta contro l’occupazione e arrivando a contare 5.000 abitanti in pochi giorni, i giovani sahrawi nel quartier generale del Polisario a Tindouf (Algeria) criticarono aspramente tramite un documento e delle manifestazioni la strategia della lotta non violenta adottata dal Polisario dal 1991 chiedendo un ritorno alla lotta armata e incitandoli a farla finita con la farsa del Referendum e a ricominciare seriamente con la lotta di liberazione nazionale.
Intanto dieci anni sono passati da quell’eroica resistenza popolare conclusasi con pesanti pene inflitte dal regime marocchino a 30 patrioti saharawi tra cui condanne all’ergastolo e a vari decenni di prigione.
Le proteste di questi giorni si iscrivono anch’esse in questa strategia di pressione non violenta portata avanti dal Polisario che sarà spazzata via non appena l’Esercito marocchino deciderà di usare gli uomini che ha ammassato al confine, cosa farà allora il Polisario? Utilizzerà le proprie forze armate o continuerà a farle stazionarie in Algeria come succede ormai da quasi 30 anni?
Il Polisario ha ormai dimostrato di non poter servire la causa nazionale non solo per la sua linea pacifista e capitolazionista ma anche per il cambio della sua linea militare. Da quando infatti è stata conclusa la costruzione dell’ultimo muro marocchino non vi è più quel margine di manovra per attacchi guerriglieri nel deserto che prevedevano una ritirata in territorio algerino a Tindouf. Per questo motivo il Polisario ha convertito le proprie forze armate facendole assomigliare più ad un esercito regolare, grave errore per una forza che ancora non si è costituita in Stato. Uno scontro convenzionale tra i due eserciti giocherebbe a favore dell’esercito marocchino che ha alle spalle un’organizzazione statale. Inoltre il Polisario in questi anni è diventato sempre più dipendente dall’Algeria e spera in una modifica costituzionale del proprio vicino che tra le altre cose prevede la possibilità di intervenire militarmente al di fuori dei propri confini. Nell’attuale contesto internazionale in cui le contraddizioni interimperialistiche si accentuano e in cui emerge il protagonismo di potenze regionali, la crisi del Sahara Occidentale potrebbe riaccendersi portando ad un nuovo scontro diretto tra Algeria e Marocco.
La borghesia compradora algerina in piena crisi politica potrebbe giocare la carta del nazionalismo per calmare gli animi del movimento popolare dell’Hirak e per reprimerlo con più forza allo stesso tempo avendo come giustificazione che il paese è in guerra, una “guerra giusta” a difesa dell’indipendenza di un popolo amico.
Nel Sahara Occidentale i giovani, le donne e le masse popolari saharawi sono la soluzione per l’indipendenza del proprio paese di fronte alla capitolazione politico-ideologica e militare del Fronte Polisario ed il suo asservimento oggettivo alle mire espansionistiche dell’Algeria a sua volta pedina oscillante dell’imperialismo cinese e francese nonché partner della NATO alla pari di Marocco e Tunisia.
Solo la riorganizzazione armata del popolo in esercito di liberazione nazionale che lanci una guerra di popolo su tutto il territorio nazionale, anzi principalmente nelle zone occupate con la direzione di un partito comunista rivoluzionario m-l-m saharawi e con l’appoggio dei popoli vicini e di tutti i settori del popolo riuniti in un Fronte Unito, solo così la causa nazionale sahrawi potrà raggiungere la vittoria ed il popolo sahrawi migliorare la propria condizione con una Rivoluzione di Nuova Democrazia.
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