Pubblichiamo qui sotto il contributo dei compagni della “Il Covid-19 non è una pandemia, è una sindemia, di R. Horton (“The Lancet”)”
Il Covid-19 non è una pandemia, è una sindemia, di R. Horton (“The Lancet”)
Due tipologie di malattie stanno interagendo all’interno di popolazioni specifiche – una infezione con grave, acuta sindrome respiratoria coronavirus 2 (Sars-CoV-2) e una serie di malattie non trasmissibili (NCD). La combinazione di queste malattie su uno sfondo di disuguaglianza sociale ed economica accentua gli effetti negativi di ogni singola malattia. Covid-19 non è una pandemia. È una sindemia.
Riprendiamo da “The Lancet” di fine settembre un interessante editoriale di Richard Horton che mette in discussione l’attuale approccio “scientifico” e statuale al Covid-19 come se si trattasse di una semplice pandemia, e punta il dito sull’importanza delle malattie non trasmissibili nella sua diffusione, e sulla matrice sociale di queste ultime. E’ un tema che abbiamo più volte toccato nei nostri interventi sui “lavoratori necessari” e sugli Stati Uniti, che qui viene affrontato nei termini di una medicina dallo sguardo un po’ meno gretto e servile verso il capitale. Peccato che questo pezzo precipiti alla fine sulla necessità di un “risveglio della nazione” (britannica, in questo caso): non potrebbe esserci una conclusione più ristretta di mente e desolante per un articolo comunque degno di attenzione. Resta tuttavia fondamentale integrare l’individuazione delle cause genetiche della famiglia dei coronavirus con quella degli effetti quanto mai differenziati della sua diffusione, a seconda che si tratti di individui appartenenti alle classi sfruttate o dei parassiti di alto bordo (i Trump, i Berlusconi, i Johnson, etc. rapidamente riportati dalla terapia intensiva alla vita abituale, senza bisogno di alcun vaccino). E in entrambi i casi spunta fuori ciò che neppure Horton osa nominare: il sistema sociale capitalistico, con la sua sregolata aggressione alla natura e con il suo disprezzo per la vita dell’umanità lavoratrice. E’ quello il virus dei virus da debellare.
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Mentre il mondo si avvicina a 1 milione di morti per Covid-19, dobbiamo renderci conto che stiamo adottando un approccio quanto mai ristretto alla gestione della espansione di un nuovo coronavirus. Abbiamo inquadrato la causa di questa crisi come una malattia infettiva. Tutti i nostri interventi si sono focalizzati sulla interruzione delle linee di trasmissione del virus, per mettere sotto controllo la diffusione di questo agente patogeno.
La “scienza” che ha guidato i governi è stata trainata principalmente da esperti costruttori di modelli di epidemie e da specialisti in malattie infettive, i quali comprensibilmente inquadrano l’attuale emergenza
sanitaria in termini di peste secolare. Ma quello che abbiamo appreso finora ci dice che la storia di Covid-19 non è così semplice.Due tipologie di malattie stanno interagendo all’interno di popolazioni specifiche – una infezione con grave, acuta sindrome respiratoria coronavirus 2 (Sars-CoV-2) e una serie di malattie non trasmissibili (NCD). Queste condizioni sono raggruppate all’interno dei gruppi sociali secondo modelli di disuguaglianza profondamente radicati nelle nostre società.
La combinazione di queste malattie su uno sfondo di disuguaglianza sociale ed economica accentua gli effetti negativi di ogni singola malattia. Covid-19 non è una pandemia. È una sindemia. La natura sindemica della minaccia che stiamo fronteggiando richiede un approccio più sottile, se vogliamo proteggere la salute delle nostre comunità.
La nozione di sindemia è stata concepita per la prima volta da Merrill Singer, un antropologo medico americano, negli anni ’90. Scrivendo su The Lancet nel 2017, insieme con Emily Mendenhall ed altri colleghi, Singer ha sostenuto che un approccio sindemico porta alla luce interazioni biologiche e sociali che sono importanti per la prognosi, il trattamento delle malattie e la politica sanitaria. Limitare il danno causato da Sars-CoV-2 richiederà di dare un’attenzione di gran lunga maggiore alle malattie non trasmissibili e alle disuguaglianze socio-economiche rispetto a quanto finora è avvenuto. Una sindemia non è semplicemente una co-morbilità, una compresenza di più malattie. Le sindemie sono caratterizzate da interazioni biologiche e sociali tra date condizioni [sociali e personali – n.] e stati di salute, interazioni che aumentano l’esposizione di una persona a vedere danneggiate o peggioraet le proprie condizioni di salute. Nel caso di Covid-19, attaccare le malattie non trasmissibili è un prerequisito per contenere in modo efficace la sua diffusione. Come ha mostrato il nostro NCD Countdown 2030 pubblicato di recente, sebbene la mortalità prematura da malattie non trasmissibili stia scendendo, il ritmo del cambiamento è ancora troppo lento. Il numero totale delle persone che vivono con malattie croniche sta crescendo.
Affrontare il Covid-19 comporta affrontare l’ipertensione, l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari e respiratorie croniche, e il cancro. Prestare maggiore attenzione alle malattie non trasmissibili non è una priorità solo per le nazioni più ricche. Le malattie non trasmissibili sono una causa trascurata dei cattivi stati di salute anche nei paesi più poveri. Nella loro Lancet Commission, pubblicata la scorsa settimana, Gene Bukhman e Ana Mocumbi hanno descritto un’entità da loro chiamata NCDI Povertà, che aggiunge ferite a una serie di malattie non trasmissibili — condizioni come morsi di serpente, epilessia, malattie renali, e anemia falciforme. Per il miliardo di persone più povere nel mondo di oggi, le NCDI rappresentano oltre un terzo del loro carico di malattie. La Commissione ha mostrato come la disponibilità di interventi sostenibili ed economici potrebbe scongiurare nel prossimo decennio quasi 5 milioni di morti tra le persone più povere del mondo. E questo senza considerare la riduzione del rischio di morte a causa di Covid-19.
La conseguenza più importante di inquadrare Covid-19 come sindemia è quella di sottolineare le sue origini sociali. La vulnerabilità dei cittadini più anziani; dei neri, degli asiatici e delle “minoranze etniche”; nonché dei lavoratori necessari che sono in genere mal pagati e hanno meno protezioni sociali, sottolinea una verità che è stata finora a stento riconosciuta – e cioè che non importa quanto sia efficace un trattamento o sia protettivo un vaccino, la ricerca di una soluzione puramente biomedica a Covid-19 non avrà successo. A meno che i governi non individuino politiche e programmi per invertire le profonde disparità sociali oggi esistenti, le nostre società non saranno mai realmente al sicuro da Covid-19. Come hanno scritto Singer e altri colleghi nel 2017, “Un approccio sindemico fornisce un orientamento molto differente alla medicina clinica e alla salute pubblica dimostrando come un approccio integrato alla comprensione e al trattamento delle malattie può avere molto più successo di un semplice controllo della [diffusione della] malattia epidemica o della cura dei singoli pazienti.” Aggiungerei un ulteriore vantaggio. Le società hanno bisogno di speranza. La crisi economica che avanza verso di noi non sarà risolta da un farmaco o da un vaccino. È necessario nulla di meno di un risveglio nazionale. Affrontare Covid-19 come una sindemia ci inviterà ad avere una visione più ampia, che comprenda anche l’istruzione, il lavoro, l’alloggio, il cibo, e l’ambiente. Al contrario inquadrare Covid-19 alla stregua di una semplice come pandemia, ci impedisce di avere uno sguardo più ampio e necessario.
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