Durante il lockdown i lavoratori sono stati trattati come "carne da macello", la Cig per Covid ha tagliato salari e arricchito i padroni e dilagano precarietà e licenziamenti
Inps: “Tenere aperti i settori essenziali durante il lockdown è costato 47mila casi e 13mila morti. Con la cig persi 600 euro in busta paga”
di F. Q. | 29 OTTOBRE 2020
Far marciare l’economia, anche solo nei suoi settori essenziali, ha un costo in termini di contagi. E quindi di morti. Il trade off, fotografato mese dopo mese dai dati Inail sui casi di Covid contratto sul posto di lavoro, è confermato da un’analisi dell’Inps inserita nella sua XIX Relazione annuale presentata giovedì. “Mantenere aperti i settori essenziali” durante il lockdown ha determinato infatti, secondo l’istituto, “circa 47mila casi addizionali di Covid-19 (33% di quelli registrati tra il 22 marzo ed il 4 maggio) e circa 13mila morti“, circa il 13% dei 105.000 decessi totali per tutte le cause registrati in quel periodo. Il rapporto analizza poi nel dettaglio l’impatto pesantissimo della pandemia sui posti di lavoro e sui redditi: tra marzo e aprile chi era in cig Covid ha perso quasi 600 euro lordi. Durante la presentazione, il presidente Pasquale Tridico ha rivendicato gli sforzi fatti dall’Inps
per versare aiuti a oltre 14 milioni di persone che hanno “evitato – ha detto – che circa 302mila persone finissero a rischio di povertà in seguito agli effetti economici del Covid-19”. L’economista ha poi riconosciuto che il reddito di cittadinanza “può essere migliorato” perché oggi “la numerosità e la rigidità delle soglie esistenti per accedere”, insieme alla “esclusione dei cittadini non italiani presenti nel paese da meno di 10 anni, comporta l’incompleta risoluzione del problema della povertà“.I contagi nei settori essenziali durante il lockdown – I 13mila morti in più sono “da attribuire principalmente all’incidenza dei lavoratori essenziali nei servizi sanitari e nei Servizi a imprese e persone (che include il settore alimentare), mentre non vi è impatto associato alla manifattura“, si spiega. “In marzo e aprile vi è stato un aumento anche quasi del 50% nel picco della pandemia. Nello stesso periodo, le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza presentano tutte una percentuale di decessi superiore al 200%”.
Se la Cig per Covid ha salvaguardato nei primi due mesi di epidemia circa 5,5 milioni di lavoratori ha però anche tagliato, tra marzo e aprile, le buste paga di quasi 600 euro lordi. Una sforbiciata ai salari che si è comunque attenuata nel bimestre successivo, maggio-giugno, per la riduzione delle ore di cig e che è scesa a 440 euro: rispetto ai 2600 euro medi lordi (1300 euro al mese a bimestre) percepiti prima dell’emergenza sanitaria infatti, la perdita tra marzo e aprile è stata pari al 22,5%; più leggera, intorno al 17%, invece, nei due mesi a seguire.
Ma la Cig per Covid, prosegue il rapporto, è stato anche un efficace modo di ridurre il costo del lavoro per le imprese: le integrazioni salariali hanno infatti determinato una sostanziale riduzione del monte salari per le imprese passati da circa 1.500 euro lordi per dipendente per il bimestre marzo-aprile (58% di costo in meno) e a 850 euro lordi nel bimestre maggio-giugno (33% in meno).
Misure per 26,19 miliardi, 14,2 milioni di beneficiari – Stando ai dati Inps ammonta a 26,19 miliardi di euro la spesa messa in campo a sostegno dei cittadini per fronteggiare l’epidemia Covid 19. A beneficiare delle misure circa 14,26 milioni di persone. Sono stati oltre 4 milioni i beneficiari del bonus Covid, sono ammontate a 275mila le domande di bonus domestici, a 1,6 milioni quelle di congedo Covid e bonus baby sitter. Della Cig hanno beneficiato circa 6 milioni di lavoratori. Tra marzo e aprile l’ammortizzatore ha alleggerito le buste paga di quasi 600 euro lordi. Una sforbiciata che si è attenuata nel bimestre successivo, maggio-giugno, con la riduzione delle ore di cig. Rispetto ai 2600 euro medi lordi che i lavoratori avrebbero percepito senza pandemia (1300 euro al mese), la perdita tra marzo e aprile è stata pari al 22,5% mentre nei due mesi a seguire è scesa al 17%. Tridico ha detto che fino ad oggi sono poche le aziende che hanno richiesto di poter accedere all’anticipo del 40% previsto dal Dl Rilancio per accelerare i versamenti salariali ai lavoratori: “l’anticipazione da dare su richiesta al momento della autorizzazione, in pratica già dal primo step della procedura di Cig, è stata scarsamente richiesta dalle aziende. Ad oggi ne hanno avuto vantaggio solo circa 200mila lavoratori”.
Sul versante dei lavoratori autonomi sono stati effettuati 8,2 milioni di pagamenti per un importo complessivo di 5,2 miliardi di euro a favore di 4,1 milioni di beneficiari.
La flessione degli occupati ha colpito i più precari – “A causa della pandemia nel primo semestre 2020 l’occupazione in Italia ha registrato una flessione tra febbraio e giugno 2020 di circa 530mila occupati secondo l’Istat”, ricorda il rapporto. “In estate c’è stato un parziale recupero. I primi dati per il mese di agosto indicano che rispetto a febbraio mancano circa 360mila occupati, di cui 270mila dipendenti e 90mila indipendenti. I dati Inps pubblicati giovedì indicano che il saldo annualizzato luglio 2019 – luglio 2020 è di -780mila rapporti di lavoro”. Fino ad agosto le ore di cassa integrazione con causale Covid sono state 2,8 miliardi. Traducendo le ore in lavoratori full time equivalenti si possono stimare 5,5 milioni di lavoratori a casa durante il lockdown ad aprile, scesi poi a 2,4 milioni nel mese di giugno. Il ricorso alla cassa integrazione ha riguardato non solo i settori bloccati questa primavera (tra i quali la ristorazione e il turismo) ma anche quelli essenziali. Si è registrato un aumento del ricorso alla Naspi (+12% le richieste nel primo semestre 2020) ma questi flussi “sono chiaramente alterati dal blocco dei licenziamenti e dalla mancanza delle assunzioni“.
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