L’isola del fuoco. L’incendio nella notte distrugge le baracche
dove vivevano in condizioni disumane quasi 13 mila richiedenti asilo
Lesbo, una tragedia annunciata. Ma il premier greco accusa le vittime
Migranti. L’isola sarà in «stato di emergenza» per quattro mesi.
Quanto basta per trasferire tutti gli ex ospiti di Moria nei campi
situati nel continente, recintati e sotto il controllo della polizia
Il dramma dei 4mila minori del campo profughi
sull'isola greca di Lesbo distrutto da un incendio dopo giorni di
protesta per il rischi contagio e scontri con la polizia
Bambini si aggirano in quel che resta del campo profughi di Moria dopo il rogo - Msf
Il ragazzo è amico di N. A. (il 17enne afghano che i lettori di Avvenire
conoscono come Nico). A Lesbo da agosto, in attesa di conoscere
l’esito della richiesta d’asilo, Nico viene sostenuto da Filippo e
Fabiola Bianchini, i coniugi che l’hanno accolto nella casa famiglia di
Atene della Comunità Papa Giovanni XXIII: «A Moria, dopo l’incendio,
non esiste più neanche l’ufficio asilo – racconta Fabiola –. Proprio
ieri avevamo ricevuto una risposta informale secondo cui a Nico sarebbe
stato rifiutato l’asilo. E ora lui doveva andare a ritirare la
comunicazione, per poter impugnare la decisione in appello. Ma adesso è
tutto bloccato e non sappiamo cosa accadrà». Nico è minorenne (anche se
le autorità greche finora non intendono prenderne atto) e pertanto non
espellibile, in accordo con le convenzioni internazionali.
In condizioni analoghe, fa sapere l’Acnur, si trovano altri 407 minori non accompagnati, presenti a Moria insieme ad altri 'vulnerabili' come anziani e donne incinte.
«Quando ho visto il fuoco, ho preso i bambini e ho gridato a mia moglie
di sbrigarsi – racconta un profugo afghano –. Ma non abbiamo fatto in
tempo a prendere cibo, vestiti o sacchi a pelo. Le fiamme hanno bruciato
tutto: i panni, i nostri documenti e la tenda. Tutti odiavamo Moria, era come una 'prigione preventiva'. Ma ora siamo per strada, con migliaia di altre persone frastornate, non sappiamo cosa fare, dove andare, come mangiare o dove dormire».
La
preoccupazione maggiore delle Ong è per i bambini senza famiglia: «Sono
spaventati, affamati e infreddoliti e sono a rischio di violenza e
sfruttamento», avverte Karen Mets di Save the Children. A 150 di loro,
l’Unicef ha offerto un riparo, trasformando il centro «Tapuat», nei
pressi di Moria, in un rifugio d’emergenza. Ma per gli oltre 400 minori
non accompagnati, la soluzione potrebbe essere il trasferimento in
strutture d’accoglienza sulla terraferma, come ha chiesto la
commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson. Se così fosse,
anche Nico potrebbe tornare alla casa famiglia di Atene, dove Fabiola e
Filippo lo attendono con ansia.
Il dramma dei 4mila minori del campo profughi
sull'isola greca di Lesbo distrutto da un incendio dopo giorni di
protesta per il rischi contagio e scontri con la polizia
Bambini si aggirano in quel che resta del campo profughi di Moria dopo il rogo - Msf
In condizioni analoghe, fa sapere l’Acnur, si trovano altri 407 minori non accompagnati, presenti a Moria insieme ad altri 'vulnerabili' come anziani e donne incinte.
«Quando ho visto il fuoco, ho preso i bambini e ho gridato a mia moglie
di sbrigarsi – racconta un profugo afghano –. Ma non abbiamo fatto in
tempo a prendere cibo, vestiti o sacchi a pelo. Le fiamme hanno bruciato
tutto: i panni, i nostri documenti e la tenda. Tutti odiavamo Moria, era come una 'prigione preventiva'. Ma ora siamo per strada, con migliaia di altre persone frastornate, non sappiamo cosa fare, dove andare, come mangiare o dove dormire». La preoccupazione maggiore delle Ong è per i bambini senza famiglia: «Sono spaventati, affamati e infreddoliti e sono a rischio di violenza e sfruttamento», avverte Karen Mets di Save the Children. A 150 di loro, l’Unicef ha offerto un riparo, trasformando il centro «Tapuat», nei pressi di Moria, in un rifugio d’emergenza. Ma per gli oltre 400 minori non accompagnati, la soluzione potrebbe essere il trasferimento in strutture d’accoglienza sulla terraferma, come ha chiesto la commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson. Se così fosse, anche Nico potrebbe tornare alla casa famiglia di Atene, dove Fabiola e Filippo lo attendono con ansia.
Nessun commento:
Posta un commento