Da campagne in lotta
Lavoratori costretti a lasciare Palazzo San Gervasio: adesso il pomodoro raccoglietelo voi.
Ci arriva notizia che i lavoratori hanno ormai quasi del tutto svuotato il centro presso l’ex Tabacchifico di Palazzo San Gervasio in cui appena ieri erano riusciti ad entrare, dopo giorni di proteste dormendo per strada. Si stanno spostando in regione limitrofe, in Campania e Puglia, per fuggire da quello che si è trasformato in un sequestro di persona istituzionalizzato, per avere la possibilità di lavorare. Anche chi era fuori ad aspettare di poter entrare e sistemarsi nelle camerate, ha deciso di andarsene. Restano nel centro le 8 persone risultate positive al virus, che rimangono in isolamento e sono ancora in attesa di essere sottoposte ad un ulteriore test per avere certezza del loro contagio.
I lavoratori hanno chiesto anche a diverse testate giornalistiche di far uscire la notizia della
gravissima situazione che si è venuta a creare, di far conoscere l’enormità di questo abuso, ma sono stati in gran parte ignorati.
Mentre la Croce Rossa si ostina a dire che nessuno deve lasciare il centro per il benessere di tutti, è chiaro a tutti ormai lo stretto legame tra la gestione securitaria del sistema dei campi di lavoro e dell’emergenza sanitaria. Le istituzioni, le forze dell’ordine e la loro controparte - gli attori dell’umanitarismo -, prima non hanno mosso un dito per tutelare realmente le persone dalla possibilità di contagio, costringendole a dormire in strada senza condizioni igieniche basilari e senza protezioni, al contrario aumentando il pericolo di diffusione del virus. Ora pretendono di controllarle e contenerle, sequestrandole per ore senza nessuna ragione, se non quella di guadagnare il consenso elettorale e alimentare l’illusione di una società più sicura perché segregata e controllata, con gli immigrati rinchiusi e isolati.
Ma ora che tutti i lavoratori sono andati via, chi raccoglierà il pomodoro da far arrivare sulle nostre tavole? Ci andranno la Croce Rossa, il sindaco di Palazzo San Gervasio, Coldiretti e Confagricoltura, il Prefetto? Già stamattina diversi agricoltori si sono lamentati della situazione con le forze dell’ordine e istituzioni del territorio dell’impossibilità di avere dipendenti per lavorare, manifestando il loro sdegno perché i raccolti non possono rimanere nei campi per la disorganizzazione delle istituzioni.
Forse è la volta buona in cui ci si renderà conto che non si possono trattare i lavoratori come se fossero carta straccia, che ne va dell’intera produzione agroindustriale e dell’economia della zona e del Paese.
I lavoratori hanno chiesto anche a diverse testate giornalistiche di far uscire la notizia della
gravissima situazione che si è venuta a creare, di far conoscere l’enormità di questo abuso, ma sono stati in gran parte ignorati.
Mentre la Croce Rossa si ostina a dire che nessuno deve lasciare il centro per il benessere di tutti, è chiaro a tutti ormai lo stretto legame tra la gestione securitaria del sistema dei campi di lavoro e dell’emergenza sanitaria. Le istituzioni, le forze dell’ordine e la loro controparte - gli attori dell’umanitarismo -, prima non hanno mosso un dito per tutelare realmente le persone dalla possibilità di contagio, costringendole a dormire in strada senza condizioni igieniche basilari e senza protezioni, al contrario aumentando il pericolo di diffusione del virus. Ora pretendono di controllarle e contenerle, sequestrandole per ore senza nessuna ragione, se non quella di guadagnare il consenso elettorale e alimentare l’illusione di una società più sicura perché segregata e controllata, con gli immigrati rinchiusi e isolati.
Ma ora che tutti i lavoratori sono andati via, chi raccoglierà il pomodoro da far arrivare sulle nostre tavole? Ci andranno la Croce Rossa, il sindaco di Palazzo San Gervasio, Coldiretti e Confagricoltura, il Prefetto? Già stamattina diversi agricoltori si sono lamentati della situazione con le forze dell’ordine e istituzioni del territorio dell’impossibilità di avere dipendenti per lavorare, manifestando il loro sdegno perché i raccolti non possono rimanere nei campi per la disorganizzazione delle istituzioni.
Forse è la volta buona in cui ci si renderà conto che non si possono trattare i lavoratori come se fossero carta straccia, che ne va dell’intera produzione agroindustriale e dell’economia della zona e del Paese.
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