E gli abitanti di Mondovì intonano Bella Ciao davanti alla porta di casa Rolfi
La manifestazione spontanea di solidarietà ieri sera
Una
fiaccolata, organizzata in poche ore dall'associazione MondoQui, e poi
quella canzone “Bella Ciao”, intonata davanti a quella porta, sfregiata
da mano ignota con l'infame scritta “Juden Hier”.
Gli abitanti di Mondovì hanno risposto così ieri sera al gesto
antisemita e fascista di chi ha pensato di infamare la memoria di Lidia
Beccaria Rolfi, staffetta partigiana deportata a Ravensbrück e poi per
tutta la vita testimone degli orrori del nazismo...
Decine di persone si sono trovate così,
fiaccole in mano, a percorrere la via che ogni giorno percorreva la
maestra Rolfi e, poi, una volta sotto la casa a cantare il più note tra i
canti partigiani.
Il coraggio di Lidia, sopravvissuta a Ravensbruck "per gridare a tutti che l'inferno esiste"
Deportata
politica, staffetta partigiana, maestra e scrittrice testimone
dell'Olocausto, Rolfi si è spesa
sempre per contrastare revisionismi e
il negazionismo dilagante, fino alla morte nel 1996.
La storia e il valore di
Lidia Beccaria Rolfi,
deportata politica - e non ebrea - sopravvissuta al lager di
Ravensbrück, sta tutta in una frase: "Voglio vivere per tornare, per
ricordare, per mangiare, per vestirmi, per darmi il rossetto e per
raccontare forte, per gridare a tutti che sulla terra esiste l'inferno".
Parole scritte nei "Taccuini del Lager" e che lo storico Bruno Maida ha
messo come appendice al libro "Non si è mai ex deportati", biografia
della maestra di Mondovì, morta nel 1996 e per tutta la vita testimone
degli orrori del nazismo.
La donna iniziò a insegnare in una scuola elementare della Val
Varaita nel 1943, nello stesso anno entrò in contatto con la Resistenza e
coi partigiani della Brigata Garibaldi e pochi mesi dopo divenne
staffetta con il nome di battaglia di "maestrina Rossana". Catturata dai
repubblichini nella primavera 1944, fu consegnata poi alla Gestapo e da
Torino portata Ravensbrück. Sopravvissuta ai lager tornò in Italia e
affianco all'attività di insegnamento quella di testimone dell'Olocausto
e degli orrori del nazismo, divenendo amica dello scrittore Primo Levi.
Autrice di numerosi libri sulla Resistenza e sull'esperienza nei lager
si è spesa sempre per contrastare revisionismi e il negazionismo
dilagante, fino alla morte nel 1996. Un impegno ribadito ieri su un
quotidiano locale dal
figlio Aldo, che per questo è finito nel mirino degli antisemiti.
Quella di Lidia è "una figura significativa tra le donne del Novecento, sia nella sua caparbia volontà di costruire una testimonianza femminile dell'esperienza concentrazionaria, sia nella sua ribellione rispetto ai ruoli, alle convenzioni e al conformismo, all'esclusione" sostiene Maida, che insegna Storia all'Università di Torino e ha curato diverse pubblicazioni insieme a Rolfi.
Quella di Lidia è "una figura significativa tra le donne del Novecento, sia nella sua caparbia volontà di costruire una testimonianza femminile dell'esperienza concentrazionaria, sia nella sua ribellione rispetto ai ruoli, alle convenzioni e al conformismo, all'esclusione" sostiene Maida, che insegna Storia all'Università di Torino e ha curato diverse pubblicazioni insieme a Rolfi.
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