Domenica 19 gennaio 2020, è stata pubblicata una intervista al leader della lega Matteo Salvini sul giornale Israeliano ‘Israel Hayom’. Salvini, ha sostenuto che se diventerà presidente del consiglio riconoscerà Gerusalemme capitale indivisibile di Israele, che l’antisemitismo in Europa è in larga parte frutto degli immigrati di fede islamica ed affermato che bisognerebbe mettere fuori legge il movimento BDS, in quanto sostenere il boicottaggio di Israele significa essere antisemiti.
Israel Hayom,
il secondo giornale per lettori in Israele, è considerato molto vicino
al primo ministro Benjamin Netanyahu ed al suo partito, il Likud
traghettato, in questi anni di governo, su posizioni sempre più razziste
ed antiarabe.
Il cappello
all’intervista è, più che un’introduzione al personaggio, una vera e
propria apologia dell’uomo politico perseguitato. L’incipit è
particolarmente eloquente: “Questi sono giorni tumultuosi per Matteo
Salvini […] Recenti risultati elettorali hanno appurato che se ci
fossero elezioni in Italia oggi, sarebbe eletto primo ministro, ma i
suoi oppositori stanno tentando di strappargli la sua immunità… (strip him of his immunity)”
e prosegue più avanti dicendo “In un esclusiva intervista ad Israel
Hayom Salvini parla della sua persecuzione politica e la compara la sua
situazione con quella
del presidente Usa Donald Trump e il primo ministro Benjamin Netanyahu, i quali stanno affrontando situazioni simili.”
del presidente Usa Donald Trump e il primo ministro Benjamin Netanyahu, i quali stanno affrontando situazioni simili.”
Netanyahu è al momento primo ministro di Israele con un parlamento spaccato,
in un Paese che si avvia nuovamente ad elezioni anticipate dai
risultati incerti. Il primo ministro è stato incriminato per un affare
di corruzione e prima delle prossime imminenti elezioni si deciderà
sulla sua ricandidabilità. L’apologia di Salvini costituisce quindi un
accurato paragone, spendibile soprattutto per il pubblico Israeliano, in
favore dei due leaders che sostengono le politiche scioviniste del
sionismo.
La costruzione propagandistica del “leader
amato dal popolo” perseguitato dall’establishment è la solita lagna a
cui ci hanno abituato i politicanti vari, beccati con le mani nella
marmellata. I quali, quando sono in difficoltà nei sondaggi, si
presentano con il vestito da agnelli sacrificali sull’altare della
giustizia, pronti ad andare al martirio. Per poi più prosaicamente
scappare con la coda tra le gambe e rifugiarsi nelle immunità garantite
alla loro casta quando fiutano il pericolo. Se questo è oramai scontato
c’è dell’altro che ci interessa analizzare in questa intervista al
quotidiano Israeliano.
Le domande
dell’intervistatore si concentrano sulla crescita del nuovo
antisemitismo in Italia ed in Europa e puntano a chiarire le posizioni
della Lega sull’argomento che, come sappiamo dalle cronache nostrane,
sono a dir poco ambigue. Infatti se da Tel-Aviv non hanno gradito
l’astensione del partito dell’ex ministro dell’interno all’istituzione
di una commissione parlamentare, che dovrebbe vigilare sul razzismo, la
cosiddetta commissione Segre. Da Roma la Lega ha risposto con un
convegno dal titolo ‘Le nuove forme dell'antisemitismo’, tenutosi in
Senato il 17 gennaio scorso. Come potevamo immaginarci le posizioni nel
convegno mettevano al centro la questione Israeliana e contro gli
“immigrati musulmani” piuttosto che occuparsi del razzismo verso le
persone di religione ebraica. Tuttavia l’unico motivo per cui si era
parlato del convegno era stata l’assenza di Liliana Segre, invitata ma
non pervenuta. Infatti i contrasti tra la senatrice a vita ed il leader
del carroccio sono noti e riempiono da mesi di gossip le pagine dei
quotidiani nostrani. Dev’essere questo uno dei motivi che ha spinto
l’ufficio stampa della lega a cercare un giornalista accomodante, dando
così risonanza alle nuove posizioni sioniste ed antiarabe del partito.
Abbiamo
scritto nuove perché effettivamente le posizioni leghiste hanno subito
una trasformazione importante e contengono alcuni elementi di novità
sulle quali ci interessa esprimerci. In primo luogo le posizioni di
Matteo Salvini sono un'altra volta altalenanti nei confronti dei
gruppuscoli neofascisti Italiani con i quali c’è stato spesso un buon feeling.
Infatti Forza Nuova & Co sono passati dall’essere quei “bravi
ragazzi che non lasciano nemmeno un mozzicone in strada” all’essere
“movimenti pericolosi con cui non avere nulla a che fare”. Alla domanda
del giornalista che gli ricorda la sua vicinanza alle formazioni di
estrema destra apertamente anti-Semite l’ex ministro dell’interno
risponde infatti così: “Noi [della Lega] non abbiamo in nessun modo
relazioni con questo tipo di organizzazioni. In queste elezioni […]
stanno correndo contro di noi. Quindi non ci sono contatti con loro.”
Questo si collega ad un passaggio precedente sull’antisemitismo dove
Salvini affermava: “C’è, sicuramente, l’antisemitismo di piccoli gruppi
minoritari, nazisti e comunisti.”
Questi
eloquenti passaggi farebbero presupporre una trasformazione della Lega,
appena uscita dal congresso, potrebbero far presagire una
trasformazione “moderatista”, almeno sul piano propagandistico. Invece
ci troviamo davanti ad una voluta ambiguità nei confronti delle
compagini neofasciste più apertamente dichiarate. Infatti molto
probabilmente gli accordi ci saranno proprio sul piano elettorale. In
particolare con CasaPound, che ha deciso di non presentarsi più alle
elezioni, dopo la figuraccia delle scorse Europee. Non è improbabile
infatti che i fascisti del terzo millennio esprimano dei propri
candidati all’interno delle liste della lega, magari al centro-sud dove
l’ex partito di Umberto Bossi non ha tante simpatie e non ha una base
militante.
Dunque le ragioni di
questo posizionamento nei confronti di Israele hanno radici diverse dal
passaggio alla grande casa dei “moderati” anche solo per fini
elettorali. Infatti l’intento della Lega è spostare l’attenzione dal
razzismo e della paura del diverso, che invece bene vuole continuare a
cavalcare proprio per fini elettorali, alla criminalizzazione delle
lotte contro le politiche di pulizia etnica portate avanti da Israele.
Quando
Salvini risponde alla domanda sulla crescita dell’antisemitismo in
Europa non ha dubbi contro chi puntare il dito: “…in questo momento la
massiccia presenza in Europa di migranti provenienti da paesi mussulmani
[…] i quali hanno il supporto completo di certi intellettuali, sta
diffondendo l’antisemitismo, anche in Europa.” Il nemico quindi è un
nemico comune: i musulmani, contro i quali costruire un’alleanza con
Israele su basi culturali e religiose. Effettivamente queste parole
sembrano fare eco a quelle che, sempre più, i leader sionisti Israeliani
hanno espresso pubblicamente: “gli arabi sono una minaccia per
Israele”. Il nemico comune è dunque l’arabo che nelle logiche
propagandistiche dell’ultradestra si trasforma nel fanatico mussulmano.
La
costruzione della figura dell’immigrato come nemico in Europa ed
l’arabo come nemico in Israele sono due facce delle stesse politiche
suprematiste. Non bisogna dunque stupirsi di queste operazioni di
facciata che mirano a consolidare la presenza coloniale dello stato
Israeliano in Palestina. Infatti con la promessa di riconoscere
l’annessione completa di Gerusalemme in cambio Salvini riceve come
contropartita il pesante endorsement del movimento sionista per lui e
per il suo partito con amicizie ambigue nell’estrema destra Italiana.
Occorre invece riconoscere in questo una continuità tra politiche
antisemite degli anni venti e trenta del secolo scorso con le politiche
sioniste odierne. Storicamente, il colonialismo sionista si è infatti
accompagnato alla nascita dello stato di Israele ed all’antisemitismo
Europeo con la conseguente espulsione della “razza ebraica” dal vecchio
continente. Come in più occasioni ha ricordato lo storico Israeliano di
origine ebraica Ilan Pappé.
In questo il dato politico va rintracciato nel nuovo obiettivo che l’ex ministro dell’interno ha deciso di criminalizzare: il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele (BDS).
Il movimento internazionale, nato nella società palestinese per
chiedere di sostenere globalmente la propria lotta contro i governi
degli stati che legittimano economicamente e politicamente la pulizia
etnica Israeliana in Palestina. Dunque occorre sostenere il movimento
BDS per rivendicare i diritti del popolo Palestinese che in questi anni
si è rivelata una vera e propria spina nel fianco dei governi
Israeliani. Ma occorre anche ricordare ai politicanti nostrani che non
basta una visita al muro del pianto ed al museo dell’olocausto per dirsi antirazzisti. In ultimo, ricordiamoci di affermarlo sempre, antisionismo è antifascismo ed antirazzismo.
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