pc 7 settembre - Sardegna - i pastori, la lotta e gli ingannapopolo al governo - tornare a parlarne
Il conguaglio promesso in campagna elettorale è rimasto un miraggio, non c’è altra scelta che la lotta di strada
Dopo le eclatanti proteste dello scorso inverno, i pastori sardi
sono pronti a tornare in piazza. A febbraio avevano manifestato in tutta
la Sardegna con blocchi stradali e sversamenti di cisterne di latte per
chiedere l’aumento del prezzo del latte alla stalla da 0,60 € a 1 € al
litro. Dopo oltre un mese di lotta la protesta si era conclusa con un
accordo fra pastori e industriali per aumentare il prezzo del latte a
0,74 €/l subito, una sorta di acconto in vista di un conguaglio, a
novembre, sulla base dei prezzi medi ponderati del Pecorino romano dop
della borsa di Milano per il periodo tra novembre 2018 e ottobre 2019,
che lo avrebbe portato a 1 €/l.
L’accordo venne firmato, dissero i portavoce dei pastori, “per senso
di responsabilità”, chiarendo però di “non esserne soddisfatti”. Ma
venne subito smentito dal malcontento e dalla rabbia dei tanti pastori
che, dopo oltre un mese di dura lotta nelle strade, si sentirono
“sconfitti e fregati” da coloro che li avevano rappresentati al tavolo
della trattativa. Dopo sei mesi non è cambiato nulla, tranne il nuovo
governatore dell’isola, un esponente di centrodestra sostenuto dalla
Lega, Christian Solinas. In estate è ripartita la mobilitazione, con
assemblee e dichiarazioni alla stampa, in preparazione delle
manifestazioni annunciate per il prossimo autunno.
Quello che i pastori più conseguenti avevano detto subito è emerso
con chiarezza in questi sei mesi. L’accordo fasullo fu voluto fortemente
dagli industriali e dalla classe politica locale e nazionale, in
previsione delle elezioni regionali del 24 febbraio. Chi tra i pastori
non ricorda l’incontro fra una loro delegazione e i rappresentanti di
industriali, consorzi e cooperative e il ministro dell’Interno e leader
della Lega Matteo Salvini e il ministro delle Politiche agricole Gian
Marco Centinaio, durante il quale Salvini promise, facendosene garante,
che avrebbe trovato “una soluzione entro 48 ore per restituire dignità e
lavoro ai sardi” e per portare il prezzo del latte a 1 €/l? Ebbene, il
conguaglio promesso in campagna elettorale è rimasto un miraggio.
Ma, scendendo nei fatti, che cosa è accaduto di preciso in questi
sei mesi? I caseifici hanno anticipato il prezzo concordato (0,74 €/l),
ma non potranno effettuare il conguaglio fino a 1 €/l poiché il prezzo
di mercato del Pecorino romano dop, che si doveva tenere come
riferimento, non è cresciuto affatto e continua a essere pari a circa 6
€/kg, nettamente inferiore agli 8,20 €/kg previsti dall’accordo per
poter pagare, a conguaglio, il latte al prezzo di 1 €/l. Tale prezzo non
ha ripreso quota anche perché il promesso ritiro dal mercato di ingenti
quantitativi di prodotto da destinare ad aiuti alimentari si realizzerà
solo in autunno. Il ritiro potrà quindi avvenire in un periodo in cui
la situazione di mercato sarà ancora peggiorata, con aumento della
sovrapproduzione e ulteriore contrazione della domanda e riduzione dei
prezzi, che ne vanificheranno gli effetti.
A sottolineare che quell’accordo non vale nulla l’Antitrust ha
formalmente dichiarato che “l’accordo stipulato nella Prefettura di
Sassari è fuori dalle logiche della concorrenza” e che “non è stato
censurato solo perché sottoscritto dalle parti per ragioni politiche e
soprattutto di ordine pubblico”. Infatti prima della firma dell’accordo i
pastori avevano minacciato proteste per le strade in forma molto
pesante durante il periodo di campagna elettorale e le avevano in parte
realizzate attraverso blocchi stradali e sversamenti di cisterne di
latte.
Insomma i fatti hanno smentito i cosiddetti rappresentanti dei
pastori sardi andati a nozze con i politici vincenti di turno, sulla
utilità e bontà dell’accordo per i pastori stessi. Come, giusto per fare
un esempio, Gianuario Falchi, presente al tavolo dei negoziati, che
così si era espresso: “Stiamo pagando 40 anni di malgoverno. Ora abbiamo
dalla nostra parte il ministero, ministri come Salvini e Centinaio che
ci hanno creduto, e hanno capito dove sta il problema. Crediamo che
finalmente questo problema lo potremo risolvere”.
Tutto ciò conferma i dubbi e le critiche dei pastori che si
sentivano presi in giro, l’accordo era passato per la pressione dei
soliti politici e sindacalisti agricoli maneggioni, per far sgonfiare la
piazza. Ora però la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata
l’arrivo di 14 avvisi di garanzia con obbligo di dimora per altrettanti
pastori. Dopo la carota dell’accordo-truffa è arrivato il bastone della
repressione per punire chi si era più fermamente ribellato allo
strapotere economico degli industriali del settore. Lo evidenziamo
giusto per ricordare, a coloro che negano l’attualità della lotta di
classe, che anche solo la lotta dei pastori sardi li smentisce in pieno.
L.R.
Nessun commento:
Posta un commento