«Sgomento
nel vedere le immagini dello sbarco di bambini in tenera età
avvenuto nella notte»: è quanto il
Garante per i detenuti,
Mauro
Palma,
ha scritto nella lettera inviata ieri al presidente del Consiglio
incaricato, Giuseppe Conte, sollecitando una soluzione per la nave
Mare Jonio. Il riferimento è al trasbordo di 64 naufraghi, su 98
presenti a bordo, autorizzato solo giovedì sera, con il buio e il
mare in tempesta. Trasbordo avvenuto saltando, persino con bimbi di
pochi mesi, dalla nave alla motovedetta della Guardia costiera tra le
onde.
«DAL
28 AGOSTO
– ha ricordato Palma – le persone soccorse si sono trovate sotto
la diretta responsabilità dell’Italia, stato di bandiera del
vascello. Una situazione che non può e non deve ulteriormente
protrarsi». Per poi sottolineare: «La violazione della Convenzione
europea dei diritti
dell’uomo e della Convenzione di Ginevra potrebbe comportare in sede internazionale conseguenti profili di responsabilità a carico del nostro paese».
E infine: «Sarebbe
importante ritrovare intese non solo dirette a garantire la
governabilità ma anche una rinnovata convergenza sui principi che la
nostra Carta costituzionale tutela e che lo stesso presidente del
Consiglio, nel ricevere l’incarico di formare il nuovo esecutivo,
ha invocato». Il tono istituzionale non attenua le responsabilità a
cui il diritto e le convenzioni inchiodano l’Italia. Non è la
prima volta che il Garante sottolinea quello che le procure (da
Agrigento a Trapani) e il 14 agosto anche il Tar del Lazio ripetono
da mesi: i decreti Sicurezza non fanno venire meno l’obbligo di
salvataggio in mare. E, dopo il caso Diciotti, si potrebbe aprire un
secondo processo per sequestro di persona, questa volta a partire dal
blocco per 19 giorni dei naufragi sull’Open Arms. Del resto, il 9
agosto lo stesso Palma aveva scritto al comandante della Guardia
costiera proprio in merito all’ong catalana, che aveva a bordo 121
naufraghi (salvati a partire dal primo agosto), bloccata in acque
internazionali dal divieto d’ingresso predisposto dal Viminale e
cofirmato da Infrastrutture e Difesa: «L’impasse – aveva scritto
Palma – ha un impatto rilevante sui diritti fondamentali delle
persone soccorse, impedite nella propria libertà di movimento ed
esposte al rischio di trattamenti inumani. Ai migranti soccorsi
debbano essere riconosciuti tutti i diritti e le garanzie (divieto di
respingimento e di espulsioni collettive, diritti dei minori
stranieri non accompagnati, diritto di protezione internazionale) che
spettano alle persone nei confronti delle quali l’Italia esercita
la propria giurisdizione».dell’uomo e della Convenzione di Ginevra potrebbe comportare in sede internazionale conseguenti profili di responsabilità a carico del nostro paese».
LA
LEGA,
allora, aveva replicato stizzita («deve giustificare lo stipendio»),
ma i contatti con Conte avevano convinto il premier a una posizione
più cauta, che aveva poi provocato la dura lettera inviata a
Salvini, quella poi postata sui social, in cui il presidente del
Consiglio accusava il suo ministro di «sleale collaborazione» e
«slabbrature istituzionali», chiedendogli quindi di «adottare con
urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela
ai minori presenti nell’imbarcazione». Se le norme sui migranti
sono il marchio di fabbrica di Salvini, il capo politico dei 5S,
Luigi Di Maio, uscendo ieri dalle consultazioni con Conte, li ha
rivendicati e difesi: «Non si può parlare di revisione dei decreti
Sicurezza, si possono certamente tenere in considerazione i rilievi
del Colle ma senza cambiarne la ratio né le linee di principio».
Mettendo così una pietra tombale sulla richiesta di cambiare linea
in vista della nuova alleanza.
LA
RATIO DEI DECRETI,
difesa da Di Maio, ha già innescato un fascicolo ad Agrigento per
omissione di atti d’ufficio, violenza privata e sequestro di
persona. L’inchiesta per ora è contro ignoti, come ieri ha
ribadito la procura, anche se lo stesso Salvini ha postato: «In
arrivo un’altra indagine contro di me per il caso Open Arms». Il
gip Stefano Zammuto ha ribadito che l’obbligo di salvataggio in
mare «costituisce un dovere degli stati e prevale sulle norme e
sugli accordi bilaterali.
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