sabato 4 maggio 2019

pc 4 maggio - Sudan corrispondenza - cade il regime di Omar Bashir, continua la rivolta popolare contro il regime militare

Rivolta Popolare in Sudan: cade il regime di Omar Bashir, continua la rivolta popolare contro il regime militare

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Nelle ultime settimane due grandi paesi arabi sono stati attraversati da imponenti manifestazioni e proteste popolari: il Sudan e l’Algeria. Ciò avviene dopo 8 anni dall’inizio della “prima ondata delle Rivolte Arabe” del 2010 le quali hanno destabilizzato e in due casi rovesciato i regimi arabi reazionari (Tunisia ed Egitto) ma nessuna di essa è uscita vittoriosa: o vi sono state restaurazioni più (Egitto) o meno (Tunisia) cruente, o l’imperialismo è intervenuto direttamente scatenando guerre, e fomentando guerre civili per interposta persona (Siria e Libia) o le rivolte sono state soffocate sul nascere dai regimi (Marocco, Algeria, Iraq, Gaza), l’Arabia Saudita che è intervenuta direttamente in Bahrein in aiuto di quel regime.
In entrambi i Paesi le masse popolari contestano i regimi rappresentati da dittatori al potere da
decenni, le mobilitazioni pur avendo specificità hanno alcuni punti in comune come la grande partecipazione delle donne, massiccia la partecipazione giovanile complice anche la composizione demografica di questi Paesi.
Non a caso alcuni compagni dell’area iniziano a parlare dell’inizio di una seconda ondata delle rivolte arabe.
In Sudan il regime di Omar Bashir era al potere da quasi 30 anni, le masse popolari si sono opposte alla sua ennesima ricandidatura e all’annunciato aumento del prezzo del pane e sono scese in piazza, l’opposizione politica al regime è un fronte di forze politiche eterogene tra cui la principale e il Partito Comunista del Sudan. Nonostante si tratti di un partito revisionista che potremmo definire m-l “classico”, bisogna in ogni caso tener conto che è un partito che organizza principalmente masse di lavoratori e proletari, con una visione secolare in un paese in cui la charia (diritto islamico) è molto forte, inoltre è il partito comunista più grande e influente nel mondo arabo.

Questo partito è la principale forza di opposizione al regime tant’è che nella prima settimana di mobilitazione ne furono arrestati i leader compreso il segretario generale e in seguito rilasciati grazie alle mobilitazioni. Più in generale nei primi giorni delle proteste anti-regime la polizia aveva represso duramente i manifestanti con centinaia di arresti e violenze.
Altra forza importante sono i sindacati, molteplici e settoriali, a differenza che in Tunisia (UGTT) o in Algeria (UGTA) dove predominano i sindacati unici legati a quei regimi, poi vi è un partito islamista di opposizione, il Partito della Conferenza Popolare (un troncone dell’ex  Movimento Islamico Sudanese) ma che non è legato alla Fratellanza Musulmana (presente invece nel vicino Egitto come sappiamo dove è stata duramente repressa dal regime di Al Sisi) più “nazionalista” quindi che di respiro internazionale. Sotto il regime di Omar Baschir il Sudan è stato smembrato sotto pressione dell’imperialismo americano con la recente creazione di uno Stato indipendente: il Sud Sudan, in cui si concentrano le principali risorse petrolifere del Paese. In seguito, nel 2014 il regime si è riavvicinato agli USA i quali hanno riaperto propri uffici di rappresentanza nella capitale Karthoum. Anche gli investimenti di Turchia e Qatar (Paesi alleati nel Medio Oriente e in competizione con l’Arabia Saudita) sono molto presenti negli ultimi anni per la costruzione di infrastrutture. Inoltre anche Egitto e Arabia Saudita hanno interessi nel Paese, il primo in particolari per questioni legate alla “sicurezza” in quanto Paese confinante e quindi interessato alla stabilità del Sudan, il secondo è un partner economico-militare, infatti il Sudan fa parte della coalizione militare che ha attaccato lo Yemen tramite le milizie di tagliagole utilizzate durante la guerra civile nella regione sudanese del Darfur (recentemente Italia e UE hanno finanziato il regime di Bashir per controllare le sue frontiere dai migranti). Nella coalizione di opposizione al governo fanno parte anche dei gruppi armati della regione del basso Nilo. Dopo 4 mesi di rivolta popolare, Omar Bashir è caduto, rimpiazzato però da un generale dell’esercito che avrebbe garantito la continuità del regime; il popolo sudanese così come ha fatto anche il popolo algerino, ha respinto qualsiasi mezza soluzione,  in particolare il Partito Comunista del Sudan a capo del fronte di opposizione, ha dato indicazioni di rimanere nelle strade, dopo appena un giorno il generale si è dimesso, essendo però rimpiazzato da un altro che, secondo la classe dominante sudanese, dovrebbe essere una persona più adatta per trattare la normalizzazione con i capi dell’opposizione, in particolare con l’ala moderata rappresentata dal Partito della Nazione il quale è in trattativa da 3 anni con il regime in rounds che si svolgono periodicamente nella capital etiope Addis Abeba. Più in generale una parte del movimento popolare, nelle settimane scorse, ha chiesto all’esercito di intervenire direttamente per deporre Omar Bashir, come poi si è verificato proprio la settimana scorsa, errore strategico legato alla falsa concezione della “neutralità delle Forze Armate”. In particolare in Sudan l’esercito ha sempre fatto il buono e il cattivo tempo, come in Egitto e in Algeria, da decenni tutti i regimi che si sono susseguiti hanno dovuto sempre avere il benestare dell’esercito, per questo appellarsi all’esercito stesso contro il regime è una contraddizione interna al movimento popolare.
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Grande presenza delle donne in piazza (apri video)
Al contrario la presenza e il ruolo d’avanguardia delle donne è stato determinante nello sviluppo della  rivolta popolare sudanese, nella caduta del regime di Omar Bachir e sicuramente lo sarà nei prossimi sviluppi di tale rivolta. Come mostrano i video e le foto provenienti dal Paese, le donne guidano ampi settori dei manifestanti sudanesi, organizzano e svolgono il ruolo di agitatrici (apri video). Recentemente una ragazza di 24 anni, Alaa Salah, è divenuta il simbolo della protesta in un video che la mostra sopra il tetto di un’automobile circondata da una marea di manifestanti, mentre recita una poesia rivoluzionaria intervallata dai cori a tempo dei manifestanti che ad ogni fine verso gridano “thaura” (“Rivoluzione” in arabo n.d.a.) APRI IL VIDEO; l’immagine della ragazza è stata riprodotta sotto forma di manifesto stilizzato in cui il classico detto islamico che recita che la voce della donna deve essere sommessa è stato modificato in “la voce della donna è Rivoluzione”.
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Oltre ai settori organizzati del proletariato, è anche presente la piccola e media borghesia professionista come medici e avvocati che partecipano attivamente alla rivolta con i loro sindacati settoriali in prima linea.
La rivolta popolare sudanese è in pieno sviluppo e adesso dovrà confrontarsi con il governo militare ad interim di transizione, prospettiva probabile anche in Algeria (che affronteremo a breve in un altro articolo) in un Paese come il Sudan, semicoloniale e semifeudale, se la rivolta popolare vuole raggiungere gli obiettivi che le masse si sono posti, deve necessariamente imboccare la strategia della Guerra Popolare di Lunga Durata costruendo tutti e tre gli strumenti rivoluzionari, il Fronte Unito diretto dal Partito Comunista, il Partito Comunista e l’Esercito Popolare. Come accennato su esiste un  partito comunista di vecchia data e tra i più influenti del mondo arabo, è necessario che i rivoluzionari all’interno di esso sviluppino una lotta tra le due linee per affermare la linea rivoluzionaria adeguata all’oggi: affermando il marxismo-leninismo-maoismo applicandolo alla realtà concreta del Sudan di oggi. Ciò permetterebbe di dirigere il potenziale inarrestabile delle masse lavoratrici, delle donne, dei giovani sudanesi, nel superare la concezione puchista che attualmente hanno le formazioni armate contro il regime e riunirle in un Esercito Popolare che guidato insieme al Fronte Unito da un Partito Comunista rivoluzionario spazzi via dal paese la presenza imperialista e degli Stati reazionari nonché della borghesia compradora asservita a questi Paesi. La fiducia nelle masse popolari sudanesi non è messa in questione, l’avanzamento dei comunisti sudanesi in questa situazione oggettiva favorevole per la Rivoluzione è necessario e possibile.

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