Il 30 aprile si è svolto il primo summit intergovernativo sulla cooperazione tra Italia e Tunisia dal 2012.
Erano presenti i massimi esponenti del
governo italiano con i due vicepremier Salvini/Di Maio e con il premier
formale Conte, accompagnati da una corte di imprenditori a caccia di
affari facili, che sono stati accolti dal presidente della repubblica
tunisina Beji Caid Essebsi, dal primo ministro Youssef Chahed ed il
ministro dell’industria e dell piccole e media imprese Slim Feriani.
Alla fine della giornata sono stati firmati 7 accordi di cooperazione
economico/commerciale e d’intesa politica.
L’incontro ha avuto luogo negli stessi
giorni in cui a Tunisi molti attivisti sociali e politici denunciavano
il 4 round Tunisia/UE dell’Aleca, l’Accordo di Libero Scambio Completo e
Approfondito (ribattezzato da alcuni manifestanti il primo maggio, Accordo Liberale e Coloniale).
Approfondito (ribattezzato da alcuni manifestanti il primo maggio, Accordo Liberale e Coloniale).
Come ribadito da Conte nella conferenza
stampa, il meeting bilaterale tra i due Paesi e gli accordi firmati sono
da vedere in quadro più ampio di cooperazione regionale tra il Paese
nord africano e l’Unione Europea.
Il primo accordo firmato riguarda il
mercato energetico tunisino ed è stato definito come un “ponte
energetico tra Tunisia e Sicilia” con la costruzione di un cavo a banda
larga per esportare energia prodotta in Italia in Tunisia. A tal fine è
stato accordato un prestito italiano di 5,5 miliardi di euro come parte
di un mega prestito accordato dalla Banca Mondiale nel quadro del
programma Energy Sector Management Assistance Program (ESMAP). FMI e BM
(organizzazioni finanziarie internazionali egemonizzate dai paesi
imperialisti) spingono la Tunisia a privatizzare la STEG (Società
Tunisina dell’Elettricità e del Gas) attualmente pubblica e con le
tariffe calmierate. Negli ultimi anni il governo Chahed anno dopo anno
ha rivisto la calmierazione di queste tariffe, come anche di quelle
della benzina anch’essa con prezzo deciso centralmente dallo Stato, con
il risultato dell’aumento progressivo dei prezzi dell’energia per il
popolo tunisino. Questo accordo viene è stato presentato come un modo
per supportare le “necessità energetiche del paese”, al contrario, da
quanto detto è evidente che porterà ad un ulteriore aumento delle
tariffe della STEG e il prestito, che dovrà essere restituito negli anni
con gli interessi, aggraverà ancora di più il debito estero tunisino.
Di Maio non ha perso occasione per lanciare lo spot circa
l’investimento su “l’energia rinnovabile” scambiato come panacea da
molti ma che, in un quadro di rapporti capitalistici e imperialisti,
altro non è che un ulteriore mercato su cui fare profitti e fare
ingrassare la corte degli imprenditori italiani a spese del popolo
tunisino in questo caso.
Il secondo accordo è inerente alla
conversione di 25 milioni di euro del debito estero tunisino verso
l’Italia in “dono” per il “finanziamento della decentralizzazione in
Tunisia”, formula vaga utilizzata anche in Tunisia a partire dalla fine
degli anni ’90 in un paese poliziesco e semi-coloniale
ultra-centralizzato. Evidentemente si tratta di un finanziamento per
l’acquisto di beni per la pubblica amministrazione tunisina, la
formazione dei quadri della stessa ecc. ma nel linguaggio della
cooperazione internazionale, il termine “dono” è fuorviante in quanto
legato a delle clausole: ad esempio il Paese “beneficiario” del “dono”
(in questo caso la Tunisia) è vincolato a spendere l’ammontare di tale
“dono” in aziende del Paese “donatore” (in questo caso l’Italia), quindi
è un gioco delle 3 carte in cui l’imperialismo in realtà velocizza e
semplifica il pagamento di tranches di debito sostenendo direttamente la
propria economia.
Un terzo accordo e di tipo bancario, per facilitare le transazioni tra i conti dei due Paesi.Seguono altri accordi minori e non meglio specificati nei dettagli come: il finanziamento di strutture scolastiche (altro prestito di 25 milioni di euro) e la formazione diplomatica.
Parallelamente si sono riuniti i ministri degli esteri dei due Paesi in cui si è discusso principalmente di due punti:
- la crisi libica, l’Italia volendo aumentare la propria influenza nell’area e in particolare in Libia cerca di rafforzare il sostegno della Tunisia nei confronti delle proprie mire espresso con la formula “Les deux parties ont, aussi, convenu d’élargir le cercle des amis de la Tunisie et de l’Italie afin de mobiliser un soutien international pour mettre fin à l’effusion du sang dans ce pays frère et relancer les négociations sous l’égide des Nations Unies“.
- la lotta all’immigrazione clandestina e al terrorismo (due temi sempre trattati insieme in maniera fuorviante).
Chahed inoltre ha chiesto all’Italia di farsi portavoce della Tunisia in sede UE per far ritirare la classificazione di paese finanziatore del terrorismo e che ricicla denaro sporco, di innalzare la quota di importazione dell’olio d’oliva tunisino nel mercato europeo e di sostenere il turismo favorendo l’arrivo di più turisti italiani nel Paese.
Il rappresentante della borghesia compradora del paese neocoloniale mentre svende il paese elemosina le briciole per gli speculatori della propria classe.
Alcuni dati macroeconomici rendono meglio l’idea:
l’Italia dal 2017 è diventato il primo
partner commerciale della Tunisia superando la Francia con un volume
d’affari di circa di 5,9 miliardi di euro nel 2018 (+ 10% rispetto al
2017), con questa visita istituzionale l’Italia è chiaramente
determinata a mantenere questo trend positivo nel quadro degli interessi
geostrategici dell’imperialismo italiano. La Tunisia invece esporta
verso l’Italia beni per un valore di circa 980 milioni di euro. E’
lampante come la bilancia commerciale tra i due Paesi sia nettamente
sfavorevole per la Tunisia e nettamente favorevole per l’Italia, come
abbiamo visto inoltre, gli accordi appena siglati faranno aumentare
ulteriormente il debito estero tunisino e, “il ponte energetico Tunisia
Sicilia” si aggiunge agli accordi precedenti siglati dal Paese
nordafricano con BM, FMI e altri Paesi imperialisti nonchè con l’UE (che
non vede l’ora di dar vita all’Aleca) rendendo ancora di più il paese
dipendente in materia di produzione agricola e alimentare ed energetica
su tutti.
Questi rapporti frutto della contraddizione imperialismo/popoli
oppressi genera nel Paese un alto tasso di disoccupazione, erosione del
potere d’acquisto, aumento della povertà, miseria e morte. Pero’ secondo
Conte paesi come l’Italia sostengono in maniera disinteressata la
Tunisia, nel caso specifico, ha sottolineato, vi sono nel Paese 900
imprese italiane generanti 68.000 posti di lavoro, in cui in realtà
guardando la foresta nel suo insieme e non l’albero è un netto vantaggio
per un pugno di imprenditori, spesso falliti in Italia, che con spirito
accattone sfruttano l’alta qualificazione della manodopera tunisina a
prezzi stracciati e godendo di un’esenzione fiscale pressocchè totale
per i primi 10 anni avendo la possibilità di esportare il totale del
profitto.Contro tutto cio’, e in particolare contro l’Aleca e le condizioni che vivono i contadini e in particolare le contadine, il primo maggio un corteo formato principalmente da contadine, studenti e intellettuali ha attraversato l’Avenue Bourguiba di Tunisi e il centro di Sfax e altre città del Paese
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