lunedì 11 aprile 2016

pc 11 aprile - Bolzaneto, 117 medici chiedono la radiazione dall'Ordine dei medici torturatori


dottor mimeticaI nomi sono quelli dei due “dottori” condannati per le violenze del G8 all’interno della caserma di Bolzaneto. La petizione firmata dai colleghi e inviata il mese scorso all’Ordine dei Medici rileva come Toccafondi e Zaccardi “essendosi resi responsabili di gravi illeciti all’interno della caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova, hanno screditato l’intera categoria dei medici e perciò non devono più avere il tesserino ed esercitare la professione”. Il primo ha ricevuto una sospensione di sei mesi nel 2014, mentre per la Zaccardi la sospensione fu di soli due mesi. D’altronde non è la prima volta che i colleghi della Liguria mettono in chiaro la loro opinione sui due: gli stessi presentarono una domanda nel 2014.
Come sempre due pesi e due misure, prescrizioni e garanzie di un sistema corporativo che salva
spesso i suoi lavoranti, se poi sono al servizio dello Stato ancora meglio. Tutto quello che avvenne in quei giorni nel capoluogo ligure fu garantito da coperture in parte dichiarate pubblicamente, una pagina sempre aperta perché mai chiusa realmente. Lo schifo di questa storia rimane sempre il solito, non tanto che questi due personaggetti non abbiano fatto nemmeno un mese di carcere, ma che possano continuare a ricoprire il ruolo di dottori e continuare così ad avere l’autorizzazione per prestare servizio. Quando invece qualsiasi altro semplice povero cristo si troverebbe arrestato, licenziato in tronco e successivamente buttato in mezzo alla strada per molto meno. Forse si potrebbe fare qualcosa di più in merito a Toccafondi e Zaccardi, non solo sostenendo la petizione dei 117 medici ma lanciando una campagna che vada oltre una blanda sospensione.
Non si può però fare a meno di citare chi in questa storia ha deciso di sottrarsi a quel muro di omertà: l'infermiere Marco Poggi, che con la sua testimonianza decisiva denunciò il dottore in mimetica e le violenze all’interno della caserma/carcere. L’“infame” di Bolzaneto, così continuano a definirlo alcuni agenti della polizia penitenziaria: “Ho visto picchiare con violenza e ripetutamente i detenuti presenti con schiaffi, pugni, calci, testate contro il muro. Picchiava la polizia di stato ma soprattutto il gruppo operativo mobile e il “nucleo traduzioni” della polizia penitenziaria. Gli dicevano: 'Devi pisciare, vero?' Una volta arrivati nell'androne del bagno, ho sentito che lo sottoponevano a un vero e proprio linciaggio...".  
Questo ed altro ancora ha denunciato Marco Poggi: “Delle violenze nelle strade di Genova c'erano le immagini, le foto, i filmati. Tutto è avvenuto alla luce del sole. A Bolzaneto, no. Le violenze, le torture si sono consumate dietro le mura di una caserma, in uno spazio chiuso e protetto, in un ambiente che prometteva impunità. Solo chi l'ha visto, poteva raccontarlo. Solo chi c'era poteva confermare che il racconto di quei ragazzi vittime delle violenze era autentico. Io ero tra quelli. Che dovevo fare allora? Dopo che sono tornato a casa da Genova, per giorni me ne sono stato zitto, anche con i miei. Io sono un pavido, dico sempre. Ma in quei giorni avevo come un dolore al petto, un sapore di amaro nella bocca quando ascoltavo il bla bla bla dei ministri, le menzogne, la noncuranza e infine le accuse contro quei ragazzi. Non ho studiato - l'ho detto - ma la mia famiglia mi ha insegnato il senso della giustizia. Non ho la fortuna di credere in Dio, ho la fortuna di credere in questa cosa - nella giustizia - e allora mi sono ripetuto che non potevo fare anch'io scena muta come stavano facendo tutti gli altri che erano con me, accanto a me e avevano visto che quel che io avevo visto”.
Nonostante le minacce ricevute (anche di morte) e il trasferimento “consigliato”, Marco Poggi ha continuato per sua strada. Per provocazione, per sfida e per orgoglio ha voluto titolare il suo libro “Io, l’infame di Bolzaneto”, raccogliendo al suo interno la sua testimonianza. Rivendicando quel codice deontologico che lo ha portato alla sua professione di infermiere e il conto pagato per le sue dichiarazioni Poggi afferma: “Beh! Un po' sì, devo dirlo. Dopo la testimonianza, in carcere mi hanno consigliato - vivamente, per dire così - di lasciare il lavoro. Dicevano che quel posto per me non era più sicuro. Qualcuno si è divertito con la mia auto, rovinandomela. Qualche altro mi ha spedito la mia foto con su scritto: 'Te la faremo pagare'. Il medico con la mimetica e gli anfibi mi ha denunciato per calunnia. Ma il giudice ha archiviato la mia posizione e con il lavoro mi sono arrangiato con contratti part-time in case di riposo per anziani. Oggi, anche se molti continuano a preoccuparsi della mia integrità più di quanto faccia solitamente la mia famiglia, sono tornato a lavorare in carcere, allo psichiatrico di Castelfranco Emilia. Mi faccio 160 chilometri al giorno, ma va bene così. Sono tutti gentili con me, l'infame di Bolzaneto".
L’onestà nel suo caso dovrebbe contagiare anche l’Ordine dei Medici, invece pare che per i seviziatori di Bolzaneto ci sia sempre posto.

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