Verso la pensione, ma resiste
L’ammiraglio De Giorgi – figlio d’arte, suo padre Gino negli anni Settanta – fu capo di stato maggiore andrà in pensione a giugno, ma finora ha respinto qualsiasi richiesta di dimissioni, nonostante su di lui si sia abbattuta la bufera dell’inchiesta dei pm di Potenza. Sullo sfondo, peraltro, c’è un legame che può arrivare a imbarazzare anche Palazzo Chigi. Il figlio di De Giorgi, Gabriele, è “leopoldino”, ha fatto parte del comitato elettorale in sostegno di Matteo Renzi alle primarie del 2012, e dopo anni di lavoro come assistente parlamentare è ora capo della segreteria del sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, a sua volta fratello di Antonella, capo dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi ed ex comandante dei vigili urbani di Firenze ai tempi di Renzi sindaco.
“I festini sulla Vittorio Veneto”
L’autore del rapportino anonimo definisce “famosi” nell’ambiente quelli che chiama “festini” organizzati da De Giorgi all’epoca del comando dell’incrociatore Vittorio Veneto, l’ammiraglia della flotta italiana fino al 2003. Feste con la nave in navigazione “con tanto di trasferimento a mezzo elicottero di signorine allegre e compiacenti”. In un’altra occasione, sempre da comandante della Vittorio Veneto in sosta a New York, De Giorgi, secondo il dossier anonimo citato dal Corriere della Sera, “accolse gli invitati ad un cocktail a bordo, in sella a un cavallo bianco appositamente noleggiato. Tutti sapevano e tutti, per paura delle sue vendette, tacevano l’uso improprio che l’ammiraglio, una volta diventato capo delle Forze Aeree della Marina, faceva degli elicotteri e soprattutto del velivolo Falcon 20 che in versione Vip lo trasportava continuamente come in un taxi (spesso in allegra compagnia da una parte all’altra dell’Italia, per l’esaudimento di interessi personali ma a spese del contribuente”.
La cena con champagne per festeggiare l’ok alla legge navale
E poi le cene di lusso. Il dossier parla di un “pranzo luculliano, abbeverato da fiumi di champagne” al ristorante “Il Bolognese” di piazza del Popolo a Roma, organizzata e animata da “compiacenti collaboratori” per celebrare “il primo positivo consenso” del Parlamento alla ormai celebre Legge Navale, quella dei 5 milioni. Secondo il dossier, citato da Fiorenza Sarzanini sul Corriere, le spese per De Giorgi “sono state sottratte alla rendicontazione amministrativa, esiste la raccomandazione di prendere nota delle spese e conservare tali annotazioni soltanto per l’anno solare in corso”.
Le maxi-modifiche milionarie alle navi in costruzione
Ma De Giorgi interviene a tutela del comfort degli alti ufficiali della Marina anche per i lavori sulle fregate di classe Fremm in costruzione alla Fincantieri di Muggiano, La Spezia. Quando nel 2013 visita il cantiere, osserva la nave e nota che non vanno bene le aree destinate al cosiddetto “quadrato ufficiali” – il luogo della nave dove ufficiali e sottufficiali siedono a mensa o si rilassano – e ai camerini. Così ordina le modifiche, “specificando – si legge ancora nel dossier – di avviare i lavori richiesti anche in assenza dei preventivi e dei necessari atti amministrativi”. C’è chi cerca di intervenire, Ernesto Nencioni, direttore degli Armamenti navali, gli spiega che costerà, prepara a tutta velocità un preventivo, viene fuori un costo di quasi 13 milioni di euro per le correzioni al quadrato ufficiali e altri 30 alle cuccette. Ma De Giorgi insiste, anche per iscritto. “Al termine della vicenda – scrive l’anonimo secondo quanto riporta Repubblica – Nencioni rassegnò le dimissioni e si ritirò a vita privata.
Dossier anonimo: “Fatti noti, ma avevo paura”
I magistrati, naturalmente, dovranno capire dove iniziano le circostanze vere e dove finiscono le voci. Tuttavia la “relazione”, inviata oltre che ai magistrati anche a Palazzo Chigi e al ministero della Difesa, è sostenuta da pezze d’appoggio originali, atti, documenti riservati, informazioni apparentemente attendibili. Sono vicende che nell’ambiente della Difesa si conoscono ma che finora sono rimaste segrete. “Non ho il coraggio di venire allo scoperto – scrive chi ha composto il dossier ora all’attenzione della magistratura – perché ho già abbondantemente pagato per non essermi piegato alle richieste del capo di stato maggiore”. De Giorgi è uno che d’altra parte fa valere i suoi poteri e la sua parola è seguita senza obiezioni dai sottoposti. Prendete il caso delle capre, raccontato tempo fa da ilfattoquotidiano.it. “Se non bastano i soldi per falciare i prati, potete comprare delle caprette” disse una volta. E i subalterni lo fecero davvero, con conseguenti disastri di gestione perché gli animali vanno gestiti, curati, sfamati, munti e protetti. “Bisognerebbe chiedersi – continua l’anonimo – come mai a tanti ufficiali dallo specchiato passato nelle commissioni di avanzamento e di vertice è stato precluso improvvisamente e senza spiegazioni ogni futuro sviluppo di carriera”. E sono elencati i nomi di coloro ai quali, secondo lui, non sono stati riconosciuti i giusti titoli.
Gli incursori trasferiti per gli schizzi a De Giorgi
Tra i vari casi ce n’è uno noto, perché finì in interrogazioni parlamentari finite come sempre nel nulla. Quello degli incursori del Comsubin che furono trasferiti dalla sede storica e attrezzata di Varignano, in provincia della Spezia, a Brindisi, dall’altra parte d’Italia. Il motivo? Durante le prove del defilamento della festa del 2 Giugno avevano partecipato ai consueti scherzi con gavettoni d’acqua (una tradizione tra i militari in quella giornata) e avevano schizzato De Giorgi. Come lo chiama il militare autore del dossier, “Sua Maestà De Giorgi”. La Marina smentì: “Il trasferimento del personale incursore presso la sede di Brindisi si inserisce nella recente azione di potenziamento della componente anfibia della forza armata, finalizzata ad incrementare le capacità operative della stessa”.
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