Federmeccanica e Sindacati concordano completamente:
– sulla ESIGIBILITA’ DEGLI ACCORDI da parte delle aziende, che significa DIVIETO ALLE RSU di indire scioperi contro accordi firmati, e SENZA MAI PREVEDERE modalità certe per l’approvazione degli accordi da parte dei lavoratori. Previste anche “clausole di raffreddamento”, che obbligano a non indire scioperi durante le trattative.
– sulla flessibilità in funzione della produttività e dell’abbassamento dei costi per le aziende
– sull’utilizzo dello straordinario individuale come banca ore per riduzioni di orario negli ultimi anni prima della pensione (un bel modo per spremere i lavoratori nel pieno delle loro forze senza pagare straordinari!)
– sullo sviluppo della sanità integrativa aziendale, rinunciando alla difesa della sanità pubblica
I Sindacati si stanno anche mostrando disponibili a trattare su diverse altre richieste del padronato, molto pericolose:
– abolizione degli scatti di anzianità, sostituiti da una valutazione di “professionalità” a discrezione delle aziende
– abolizione delle voci fisse e continuative della retribuzione (superminimi individuali e collettivi, aumenti periodici di anzianità, premi di produzione orari e mensili, importi retributivi fissi, ecc.), da inglobare una volta per tutte nei minimi nazionali; saranno bloccate le retribuzioni individuali attualmente superiori ai minimi che verranno fissati. Saranno possibili aumenti salariali solo a livello aziendale sotto forma di premi di risultato, di presenza o altri premi incentivanti
– i minimi nazionali saranno adeguati solo a luglio dell’anno successivo e solo con l’inflazione diminuita degli aumenti energetici (in realtà i soli previsti per i prossimi tre anni)
E’ perciò chiaro che i contenuti della trattativa in corso sul Contratto Nazionale riproducono gli obiettivi che il padronato persegue da anni: riduzione degli spazi di rivendicazione e di conflitto, blocco dei salari, diminuzione del costo del lavoro, strumenti alle aziende per la divisione dei lavoratori, rinuncia a rivendicare l’abbassamento dell’età pensionistica e a difendere la sanità pubblica.
Chi intende firmare un Contratto Nazionale con questi contenuti, e chi verrà a presentarlo nelle fabbriche con la scusa della crisi e della competitività, deve incontrare un chiaro rifiuto dei lavoratori.
Deve essere chiaro che questo e` anche il risultato di una scelta della dirigenza nazionale della FIOM. Come era evidente dalla sua Piattaforma rinunciataria, la direzione FIOM non ha saputo ne’ voluto combattere fino in fondo la battaglia contro il Contratto FIAT, i Contratti nazionali separati, gli accordi sulla limitazione dei diritti sindacali e ha scelto di ritornare, in cambio del riconoscimento da parte del padronato, alla politica dell’unità sindacale, disastrosa e fallimentare per gli interessi dei lavoratori.
Questa scelta contraddice apertamente le rivendicazioni e le lotte sostenute dai delegati FIOM in tante fabbriche, fino al punto che alla FIAT di Melfi e di Termoli i delegati che hanno indetto gli scioperi contro i turni e gli straordinari imposti dalla FIAT sono stati sconfessati dai Segretari Provinciali FIOM e minacciati di espulsione dalla CGIL.
Come a Melfi e in tante altre fabbriche, dobbiamo praticare, contro questa politica di cedimenti, una azione sindacale completamente diversa, che rifiuti i vincoli alle lotte e al diritto di sciopero e respinga punto per punto l’attacco e le pretese del padronato, a cominciare dallo scontro quotidiano sulle condizioni di lavoro.
Delegati e Dirigenti Fiom Piaggio e Continental dell’area “Il Sindacato é un’altra cosa”
- Cappellini, A. Tecce, G. Corrado, M. Ruffa, M. Malventi, G. Romboli, S. Cini, A. Bellagamba, G. Guezze, G. Bedini, G. Garzella, E. Natali, S. Bonchio
proletari comunisti - autunno 2015
I padroni, forti del
governo Renzi, il governo più padronale del dopoguerra, si sentono
sufficientemente forti per un'ulteriore offensiva antioperaia,
antisindacale.
Per questo i toni del
presidente della Confindustria, Squinzi, negli ultimi tempi sono
sempre più simili a quelli di Marchionne.
In materia di rinnovi dei
contratti si vuole dare un colpo finale al contratto nazionale. Da un
lato dietro l'affermazione di rito “il contratto collettivo
nazionale di lavoro mantiene la sua centralità e la sua funzione”,
si procede invece con una sua sostanziale cancellazione, rimandando
le materie della trattativa su salario, condizioni di lavoro,
mansioni alla cosiddetta “contrattazione aziendale” che è stata
da sempre la fregatura per imporre, azienda per azienda e poi in
generale, taglio dei salari, più sfruttamento, con allungamento
orario di lavoro, ecc.
Sugli aumenti salariali si vuole sostanzialmente cancellare ogni riferimento all'inflazione programmata e lasciare in campo solo il legame tra salario e produttività, dove però la stessa produttività è ormai intesa come mercato.
Sugli aumenti salariali si vuole sostanzialmente cancellare ogni riferimento all'inflazione programmata e lasciare in campo solo il legame tra salario e produttività, dove però la stessa produttività è ormai intesa come mercato.
Ma questo sarebbe ancora
nell'ordine delle cose, queste richieste padronali non sono nuove e
sono una costante negli ultimi decenni, prima della crisi, durante la
crisi, con il sostegno di tutti i governi che si sono succeduti.
Il salto di qualità della
richieste della Confindustria è contenuto nella prima regola delle
linee guida che la Confindustria ha appena diffuso alle categorie
impegnate nella prossima tornata contrattuale: “Non si deve
assolutamente rinunciare ad applicare le novità del jobs act”.
Questo pone la
Confindustria tutta sulle linee contenute sostenute da Marchionne per
il gruppo Fiat, oggi Fca che era stato uno dei motivi dell'uscita
della Fiat dalla Confindustria.
.... il legame
ferreo tra padroni e governo Renzi si pone a diktat nel rinnovo
dei contratti nazionali e inserisce i nuovi contratti nella cornice
dell'assetto neocorporativo di stampo moderno fascista.
Mettere a premessa dei
contratti il jobs act, vuol dire mettere a premessa la libertà di
licenziamento, la flessibilità e precarietà selvaggia e
l'azzeramento dei diritti dei lavoratori nel loro complesso, sia pure
sotto la veste “valido per i nuovi assunti”.
Se non si comprende questo
è evidente che non si coglie il nodo politico che è al centro del
rinnovo contrattuale, che non è tanto le piattaforme, su cui si
assiste al solito gioco delle parti.
Gioco delle parti, tanto
per cominciare, che non esiste nella maggiorparte delle categorie che
rinnovano i contratti. I chimici, ad esempio, hanno presentato
pressocchè sempre piattaforme unitarie e hanno firmato accordi
spesso senza scioperi, sempre non rispondenti alle esigenze dei
lavoratori e peggiorativi nelle normative sulle condizioni di lavoro,
secondo una linea collaborazionista neocorporativa che è storica di
questi sindacati di categoria dal finire degli anni '70 in poi.
Quindi prendiamo in
considerazione i metalmeccanici che sono il cuore, come sempre, del
rinnovo dei contratti nazionali. Qui il gioco delle parti vede Fim e
Uilm che hanno già presentato la loro piattaforma, i cui dettagli
analizzeremo in seguito, e la Fiom che ne presenta un'altra tutta di
bandiera, ben sapendo che non conterà nulla ai tavoli della
trattativa reale e serve solo al gruppo dirigente per animare il
falso movimento che non ha portato alcun risultato agli operai,
almeno nelle ultime tre tornate contrattuali.
.... il punto vero su cui
occorre battersi perchè ci sia comprensione tra gli operai, è che
le piattaforme non contano davvero nulla. Lo scontro sui contratti è
uno scontro sindacale nella forma, tutto politico nella sostanza. La classe operaia e i lavoratori hanno necessità di contestare la gabbia neocorporativa padroni e governo, trasformando la vicenda contrattuale in guerra di classe,, il che significa agire dentro le fabbriche e le assemblee operaie fuori e contro tutte le direzioni
sindacali, imponendo rivendicazioni salariali, tutele del lavoro e
delle condizioni di lavoro sulla base di nuove forme di lotta che non
riconoscano nessuna legittimità alle normative vigenti e alla
ritualità che sono solo una camicia di forza per imporre la
cancellazione del contratto nazionale e non la sua ripresa, le norme
della subordinazione assoluta agli interessi dei padroni e la
riduzione della classe operaia a senza diritti e in regime di
schiavismo.
L'opposizione interna alla
Fiom, il “Sindacato è un'altra cosa”, dice in generale cose
molto giuste nella critica all'orientamento maggioritario della Cgil
e alle conciliazioni di Landini; ma la sua presenza in fabbrica resta
vincolata a un modo di fare la lotta e costruire l'organizzazione
sindacale di classe che oggi è inadeguato a contrastare il
sindacalismo collaborativo e ad offrire un'alternativa di percorso.
Il sindacalismo di base
nella sua espressione maggioritaria USB ecc. ha un peso in singole aziende ma
non può averlo nella dimensione della battaglia nazionale, dove
rimangono le vecchie logiche burocratiche, autoreferenziale, buona
per qualche tessera ma inadeguata nell'animare l'effettivo conflitto
di classe.
Lo Slai cobas di
Pomigliano - Granillo - riduce tutta la sua attività ormai a vertenze
legali che certamente non possono far rinascere la forza
dei cobas in seno alle fabbriche attuali.
Gruppi di operai attivi come il Comitato dei
cassintegrati , sono pieni di lodevoli
intenzioni ma hanno scelto principalmente la via o dell'azione
“eclatante”, utile in alcune circostanze, ma francamente inutile
e anche controproducente per una riorganizzazione effettiva nelle
fabbriche e posti di lavoro, improponibile per la massa degli operai.
In questo panorama non ci
sono oggi vie facili o scorciatoie se non quella di usare la anche la battaglia contrattuale per tradurre nei fatti, generalizzando focolai
ed esperienze avanzate secondo la linea indispensabile della guerra
di classe.
Questo è difficilema bisogna dimostrare nei fatti che è
possibile, necessario e vincente!
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