Un movimento davvero
significativo, emerso in Egitto, in occasione della morte di Giulio
Regeni, è stato senz'altro quello dei medici, dei 4 mila medici che
hanno scioperato e denunciato la repressione poliziesca, nei giorni
successivi al ritrovamento del martoriato corpo di Giulio.
In una manifestazione,
considerata la più grande di sempre dei medici, è stato denunciato che, come nelle peggiori ditttaure sudamericane, in Egitto oggi si viene
torturati nelle carceri, in luoghi e case adibite, perfino negli
ospedali, e che queste pratiche sono efferate e quotidiane e i loro
autori restano ignoti, impuniti e quasi sempre gratificati per i
servizi resi.
Tutti sappiamo come in
queste dittature il ruolo dei medici è fondamentale.
Il loro
silenzio contribuisce che non si aprano fessure nella denuncia,
conoscenza, opposizione a questo sistema.
Sappiamo bene in Italia
quello che è avvenuto nel periodo fascista; però non dobbiamo
andare molto lontano per capirne la logica, se pensiamo a quello che è
avvenuto nella “macelleria messicana” del G8 di Genova. Sappiamo
come qui, in particolare a Bolzaneto, dove dei medici, degli infermieri,
hanno partecipato alle torture o contribuito a nasconderle.
Per questo possiamo capire
il valore di questa manifestazione al Cairo. Ma anche il disvalore
del silenzio dei medici nel nostro paese, delle loro associazioni,
che avrebbero dovuto far sentire anche la loro voce, la loro
solidarietà e avrebbero dovuto pretendere di far parte della
inchiesta sulla vicenda.
Ma, in questo paese la
coscienza civile se non è morta, è addormentata e si alzano lamenti
contro il governo nella maggior parte dei casi solo quando si è
toccato nei micragnosi interessi personali e professionali.
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