L'attacco di Daech
La
stampa ha raccontato così la cosa. Il 7 marzo all’alba il Daech ha
sferrato un attacco alla città frontaliera di Ben Guardane in
Tunisia entrando dal confine libico e attaccando simultaneamente tre
caserme (una dell’esercito, una della guardia nazionale e una della
polizia).Un attacco “a sorpresa” ( respinto dalle forze armate e
di polizia tunisine.La settimana precedente un piccolo gruppo di
miliziani del Daech a bordo di 3 pick-up era penetrato a Ben Guardane
e subito intercettato e sterminato dalle forze di sicurezza tunisine.
Il
primo giorno la battaglia si è conclusa con circa 30 morti tra i
jihadisti, 13 tra le forze di sicurezza tunisine (militari, membri
della guardia nazionale, poliziotti e agenti della dogana) e dieci
civili.
I
giorni successivi (le forze di sicurezza tunisine hanno incominciato
a rastrellare tutto il governatorato di Madenine (dove si trova la
provincia di Ben Guardane), quello limitrofo di Tataouine, hanno
chiuso l’accesso all’isola di Djerba e quello alla città di
Medenine oltre la quale si prosegue verso Gabès a nord. Tutt’ora
vi è il coprifuoco a Ben Guardane dalle 19:00 all’alba. In questi
giorni altri 20 jihadisti sono stati uccisi in ricoveri di fortuna
rappresentati spesso da case di campagna, circa 8 arrestati
Ma
perchè parlare di infiltrati in Tunisia, quando tutti i 22 jihadisti
caduti identificati ad oggi sono di nazionalità tunisina, compresi
gli arrestati ed è bene ricordare che il Daech in Libia è formato
principalmente da tunisini?
Quando
i guerriglieri sono entrati in città si sono fatti annunciare da un
megafono lanciando un messaggio a chi si stava recando nelle moschee
per la prima preghiera del mattino: “Non temete, siamo dello Stato
Islamico, aiutateci!”, e hanno anche tentato di distribuire armi
alla popolazione che avesse voluto aiutarli.
IS
ha una base di massa proprio a Ben Guardane grazie ad alcune
condizioni specifiche della regione e della città.Dal primo bilancio
di morti e di arresti nelle fila jihadiste si può stimare che
l’attacco è stato sferrato da non meno di 100 uomini.
L’apparato
armato dello stato ha retto l’urto e respinto l’attacco per il
momento, ciò ha determinato alcune dichiarazioni trionfali da parte
del governo, in particolare il primo ministro Essid ha detto che
l’obiettivo del Daech era quello di instaurare un emirato islamico
a Ben Guardane ma ha fallito e fallirà se riproverà in futuro.
Il
regime tunisino ha cercato dopo la battaglia di creare un clima da
unità nazionale
con l’obiettivo di “sostenere lo sforzo delle
nostre forze armate”, su internet girano decine di immagini
propagandistiche della polizia e dell’esercito inneggiando
all’unità del popolo con esse. In tutte le scuole e università si
sono tenute commemorazioni per i “martiri” caduti in battaglia a
seguito di una direttiva calata dall’alto dei ministeri
dell’insegnamento e dell’insegnamento superiore. Questa 'unità
nnazionale' serve al regime tunisino per colpire ogni opposizione che
non ne faccia parte.
A
Sfax un insegnante che si è rifiutato di partecipare alla
commemorazione e di onorare la bandiera nazionale, perché a suo dire
è contro l’Islam, è stato arrestato.
In
questo clima alcuni militari si siano scattati dei selfies accanto ai
cadaveri di alcuni jihadisti uccisi. Il ministro dell’istruzione ha
difeso a spada tratta il macabro gesto.
Opportunisti: falsi amici del popolo arruolati dallo stato reazionario
Il
sindacato UGTT invece di essere coerente nel difendere gli interessi
dei lavoratori e delle masse contro i loro veri nemioci e affamatori,
ha ritirato alcuni scioperi per onorare questo clima di unità
nazionale ed è arrivata all'ignomina di lanciare la proposta di
devolvere la paga di un giorno lavorativo alle forze armate e di
polizia (sic!), Gannouchi il segretario dell’ormai primo partito di
governo (l’islamista Ennahdha) ha indetto ipocritamente una “marcia
contro il terrorismo” ed è stato criticato da destra da un
parlamentare del Fronte Popolare in quanto “in questo momento
bisogna sostenere le nostre forze armate non distoglierle per mettere
in sicurezza questa marcia”(sic!)
Tornando
a Ben Guardane, la cittadina di circa 60.000 abitanti si è sempre
trovata ai margini del paese, tutti i governi succedutisi finora a
partire dall’indipendenza non hanno mai avuto molta popolarità a
Ben Guardane per questo motivo.
La
principale attività economica è rappresentata dal commercio
transfrontaliero e ultimamente sempre più dal contrabbando.
Il
governo nella sua retorica securitaria identifica spesso i
contrabbandieri con i “terroristi”, giusto qualche settimana fa
un contrabbandiere è stato ucciso nella sua auto mentre attraversava
il confine con della mercanzia (abiti di produzione cinese che i
commercianti comprano a bassissimo prezzo in Libia e rivendono in
Tunisia), era un padre di famiglia. Questa scollatura tra masse e
stato a Ben Guardane spiega anche la presenza e l'azione di Daech.
Lo Stato tunisino facendo vivere nella miseria la popolazione di Ben
Guardane e criminalizzandola
crea
le condizioni per una giusta opposizione e ribellione, che in assenza
di una forza rivoluzionaria proletaria e popolare che la organizzi e
guidi, viene indirizzata dal Daech
Allargando
il raggio geografico la maggior parte della popolazione del sud della
Tunisia è sempre stata antigovernativa per costituzione, sin dai
tempi del colonialismo francese.
Intanto
la propaganda sull’unità nazionale prosegue… in una delle
innumerevoli commemorazioni delle vittime del 7 marzo, in
un’università del sud gli interventi principali sono stati
alquanto scontati (da copione ministeriale) e di basso livello: il
preside della facoltà ha esortato gli studenti a sostenere le
“nostre” forze armate e di polizia in questo momento difficile
(nessuna parola per i caduti civili), identico leitmotiv nei due
successivi interventi da parte di un docente e di una rappresentante
degli studenti. Infine ha parlato uno studente proprio originario di
Ben Guardane, ha ricordato alcuni suoi amici morti due giorni prima
ma ha lanciato un messaggio di speranza: “non dobbiamo arrenderci e
continuare a lottare contro chi vorrebbe far cadere il nostro paese
nell’oscurità: viva il popolo tunisino!”. A margine di esso vi è
stato un interessante dibattito con alcune studentesse, alcune molto
scosse e in lacrime durante il minuto di silenzio e il canto
dell’inno nazionale, vi sono state diverse opinioni ma tutte hanno
detto nei loro interventi che il governo (tutti i governi fino a
quello attuale) hanno una grossa responsabilità perché non
sostengono la popolazione del sud del paese. Quasi tutte sono
contrarie ad un intervento straniero in Tunisia perché “le potenze
straniere vogliono sempre qualcosa in cambio e ogni volta che sono
intervenute in altri paesi come in Iraq e Libia la situazione è
peggiorata,
Si
cerca di raccogliere un consenso unanime intorno alle forze armate,
chi obietta che la polizia è la stessa che ha attaccato il popolo
durante le rivolte si vuole imporre l'affermazione “in questa
situazione la polizia insieme all’esercito sta combattendo i
terroristi, è diverso da quanto successo a Kasserine”, nello
stesso tempo è evidente che
si vuole innanzitutto impedire che le
masse prendano in proprio le armi per rivolgerle verso i loro reali
nemici.
Sostengono che “molte persone nel sud hanno delle armi
nascoste nelle campagne, adesso è facile procurarsele dalla Libia a
poco prezzo, hanno paura di un eventuale ritorno dei francesi o nel
caso di una presenza del Daech, ma ora non si possono usare, bisogna
collaborare con le forze armate, la polizia potrebbe scambiare la
popolazione armata per terroristi, se ci sarà bisogno in futuro le
prenderanno ma bisogna essere organizzati…”. qualcuno fa notare
che sempre rimanendo in ambito di lotta contro il Daech, l’esercito
siriano pur essendo più forte di quello tunisino non ha potuto
niente contro di esso, i kurdi invece armatisi e senza un fine
economico(il salario) ma principalmente per difendere la propria
terra hanno fatto arretrare gli uomini del califfato quando li hanno
attaccati. Molte non sopportano che l’Isis si definisca “islamico”,
ai loro occhi sono un gruppo di blasfemi che infanga l’Islam.
Qualcuno
chiede alle ragazze perché questa commemorazione non si è fatta
spontaneamente il giorno dopo l’attentato ma si è dovuti aspettare
che calasse dall’alto dal ministero? E perché in queste
commemorazioni si tende a ricordare solo i caduti in uniforme?
Perchè si tacciono le responsabilità è dello stato a Kasserine e a
Sidi Bouzid dove è la polizia che sparava sui giovani! La stessa
polizia con cui adesso si chiede di fraternizzare…
Così
come successo in Francia dopo gli attentati di Parigi dello scorso
autunno, si fa appello all’unità nazionale. Una manna dal cielo
per il governo tunisino in piena crisi interna dopo la scissione
dell’ex partito di maggioranza di governo e la dialettica con
l’alleato/eterno rivale Ennahdha. Un governo messo continuamente in
crisi dalle rivolte e da continui scioperi adesso coglie la palla al
balzo per avanzare nell’opera di restaurazione colpendo la libertà
di parola, di sciopero e di dissenso, inasprendo le misure
securitarie, contemporaneamente all’operazione di rastrellamento
verso gli ultimi miliziani datisi alla fuga negli ultimi 4 giorni
sono stati eseguiti circa 500 arresti di persone ricercate o accusate
dei casi più disparati (non solo per questioni di estremismo
religioso) e ciò viene annunciato in pompa magna alla stregua
dell’ultimo terrorista arrestato o del “cinquantesimo terrorista
abbattuto”.
Così
come in Francia, i rivoluzionari devono affermare che bisogna
attaccare e rompere questa retorica dell’unità nazionale che si
vuole servire del popolo per renderlo mansueto, farlo restare chiuso
nelle case impaurito per non disturbare le operazioni militari e al
massimo accettarne la passiva collaborazione. Lo stesso popolo che è
continuamente vessato da uno stato corrotto a al servizio
dell’imperialismo.
Se
è vero quanto affermato circa un processo embrionale di armamento
spontaneo delle masse ciò potrebbe rappresentare un contesto
oggettivamente positivo per l’azione dei rivoluzionari che si
collocano sulla via della guerra popolare di lunga durata. Ma perché
questo processo si consolidi e abbia uno sbocco concreto
è
necessario che i partiti e le organizzazioni maoiste tunisine
intraprendano un processo di lotta tra le due linee al fine di
raggiungere l’unità necessaria per fondare il partito maoista in
Tunisia e dar vita ad una guerra di popolo che spazi via i reazionari
islamisti così come la borghesia compradora ed il suo Stato
asservito all’imperialismo.
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